[Intervista] Una commissione popolare per la sanità lombarda. Commissariare la Regione Lombardia

Intervista a Claudia Marcolini, Segretaria della Federazione Lombardia del P.CARC

Attilio Fontana è ancora al suo posto, papa Bergoglio lo riceve in Vaticano, Mattarella lo accompagna a “rendere omaggio ai morti” al cimitero di Bergamo mentre proseguono le sceneggiate sulla commissione di inchiesta regionale (ormai arenata) e le indagini “dovute” sulla mancata istituzione della zona rossa in Valseriana, sulle forniture ospedaliere affidate all’azienda della moglie e del cognato, sui fondi per l’inutile ospedale alla Fiera di Milano e sull’ordinanza che mandava nelle RSA gli anziani dimessi, ma positivi al Covid. Maroni è entrato nel Consiglio di Amministrazione del gruppo San Donato (cupola della sanità privata in Lombardia) e, “cambiare qualcosa per non toccare niente”, Cajazzo è stato sostituito da Marco Trivelli (di Comunione e Liberazione) nella carica di direttore generale della sanità lombarda. Il ministro Speranza e il governo Conte tacciono e il PD continua la sua finta opposizione. Confindustria comanda. Serve altro per dimostrare il grado di complicità delle istituzioni, dei partiti borghesi, delle “autorità costituite” nella strage che solo in Lombardia ha causato più di 20 mila morti?

Da dove nasce l’idea del commissariamento popolare della Regione?
Anzitutto, il commissariamento è una necessità per le masse popolari lombarde. Da anni si susseguono le denunce rispetto alla gestione criminale della sanità lombarda. Essa è stata presentata come un’eccellenza in termini di efficienza, qualità, metodologie e funzionamento, ma dietro la propaganda, da almeno 25 anni, ha governato la logica dei tagli e della speculazione; l’eccellenza si è rivelata una truffa e un grande affare per i pescicani di ogni colore. Ma alla prova dei fatti la verità è venuta a galla. La sanità è la principale fonte di movimento di denaro e di capitali per le Regioni e in Lombardia è stata presa in mano prima da Forza Italia-Comunione e Liberazione e poi dalla Lega che l’hanno trasformata in una grossa macchina speculativa a danno dell’intera collettività. L’emergenza Covid-19 è stato l’imprevisto che ha fatto emergere con estrema chiarezza la natura criminale e marcia di un sistema che tutti hanno contribuito a costruire, da Formigoni a Fontana, passando per Maroni, al PD e ai vari Pisapia e Sala di turno. Per comprendere bene il contesto lombardo, c’è da chiarire infatti anche il ruolo del PD in questa situazione. Benché esso non governi da molti anni la Regione, ha delle precise responsabilità: a livello nazionale è infatti uno dei pilastri delle Larghe Intese e ha contribuito attivamente allo smantellamento della sanità pubblica in favore di quella privata non solo quando è stato al Governo, ma anche quando ne era fuori, nelle Regioni che ha amministrato. Nel caso della Lombardia, il PD si è limitato sempre e solo a un’opposizione di facciata per partecipare dietro le quinte alla spartizione della torta.
Fin dalle prime misure adottate per fronteggiare l’epidemia era evidente che una combinazione di incapacità, impreparazione e sete di profitto rischiavano di causare una strage, come di fatto è stato. Questo ha indotto un aggregato della sinistra istituzionale, Milano 2030, a promuovere un appello per il commissariamento della Regione che in pochi giorni ha raggiunto 80mila firme. Che le responsabilità della strage in Lombardia siano chiare lo dimostrano le molte mobilitazioni che si stanno susseguendo in queste settimane contro la Giunta Regionale.
In questo contesto abbiamo ragionato sul fatto che mobilitarsi per il commissariamento della sanità lombarda è giusto, ma bisogna specificare meglio l’obiettivo da raggiungere: occorre infatti che si arrivi a un commissariamento popolare per evitare così di cadere dalla padella nella brace.

Chiariamo una cosa: commissariamento della Regione Lombardia o della sanità lombarda?
Lavoriamo per il commissariamento popolare della sanità lombarda, questo è l’obiettivo immediato. Per due motivi.
Il primo motivo riguarda una questione oggettiva: come ho già detto per ogni Regione la sanità è uno dei settori dove girano più soldi, molti soldi. Quindi è il principale ambito di speculazione, malaffare e criminalità. Una gestione della sanità che sia quindi trasparente, popolare e conforme agli interessi delle masse popolari è la sola soluzione al disastro causato dalla sete di profitto della classe dominante. Ricordo che parliamo di sanità ovvero del diritto alla salute, del diritto alle cure, di un settore quindi che influisce direttamente sulla vita e sulla qualità della vita delle persone come anche sul loro diritto a morire dignitosamente. È un settore in cui occorre prendere misure di emergenza da subito, altrimenti l’ecatombe continuerà. Mettere la sanità sotto la tutela e il controllo delle organizzazioni operaie e popolari (e delle organizzazioni veramente democratiche che si occupano di sanità che godono della loro fiducia) significa iniziare a strappare concretamente alla classe dominante la direzione economica e finanziaria della Regione.
Il secondo motivo riguarda una questione soggettiva: esistono già numerosi organismi, associazioni, reti, ecc. che hanno le capacità per dirigere la sanità in modo conforme agli interessi delle masse popolari. L’emergenza Covid-19 lo ha dimostrato, ne ha fatto anzi sorgere di nuovi e ha spinto per il loro coordinamento. Alcuni esempi: Emergency ha le capacità per gestire e far funzionare gli ospedali come pure Medici Senza Frontiere; Medicina Democratica ha una grande tradizione ed esperienza nella medicina di base… ricordo, per inciso, che le vecchie Unità Sanitarie Locali che oggi sono diventate Aziende Sanitarie Locali (il nome indica il contenuto del cambiamento) furono istituite come base del Sistema Sanitario Nazionale proprio assumendo il modello elaborato da Medicina Democratica. Ci sono poi le associazioni di infermieri, ci sono le reti per la difesa della sanità pubblica (vedi il coordinamento per la sanità pubblica della zona di Milano Sud), le brigate volontarie per l’emergenza, i sindacati di base che come l’ADL Cobas per primi hanno denunciato la mancanza di DPI e si sono occupati di denunciare la mancata apertura delle strutture dismesse come l’ospedale di Legnano. Ci sono esponenti politici sensibili e che pure si sono già mobilitati, come il consigliere regionale del M5S Piccirillo. Ci sono poi anche molti individui che, per non essersi piegati al sistema di potere lombardo, sono stati emarginati, ostracizzati, isolati, ma che hanno capacità ed esperienza. Mi fermo con gli esempi, ma il concetto credo sia chiaro: queste risorse possono coordinarsi per individuare le criticità e per risolverle. Hanno prestigio, raccolgono già il sostegno e la fiducia delle masse popolari e possono agire per fare della sanità un servizio pubblico primario…

E qual è il primo passo che indicate per andare in questa direzione?
Non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che “sarebbe bello, sarebbe giusto, ma non è possibile” … mettiamo un passo avanti a un altro e lasciamo emergere le potenzialità che già ci sono. Il primo passo che abbiamo individuato è costituire una “commissione popolare” che inizia a coordinare parte degli organismi e dei singoli che ho elencato e che opera per 1. raccogliere denunce e informazioni sui vari problemi e sulle criticità della sanità lombarda e renderle pubbliche attraverso un bollettino periodico (questo permette di capire a fondo la situazione e, contemporaneamente, di chiarire subito che i referenti di questa commissione non sono enti, task force, comitati di saggi, ma la popolazione); 2. mobilitare, a partire dall’esito dell’inchiesta, altri organismi, altre forze, i lavoratori e le masse popolari nell’individuare soluzioni adeguate, sulla base di un orientamento che la commissione popolare si preoccuperà di portare; 3. promuovere la mobilitazione per iniziare a fare fronte ai problemi e alle criticità emersi con quegli strumenti e risorse che la commissione ha già a disposizione e rivendicandone di nuovi alle istituzioni locali e nazionali; 4. controllare l’uso delle risorse pubbliche.
Faccio un esempio. C’è impellente bisogno di assunzioni nella sanità. La commissione popolare non potrà, almeno all’inizio, disporre le assunzioni, ma può – prendendo spunto dal famoso ospedale di Legnano che non è stato riattivato in favore della costruzione dell’ospedale in Fiera – predisporre un piano per la riapertura graduale, promuovere uno sciopero al contrario per rendere agibili singole parti di quell’ospedale, farlo funzionare con gli strumenti che già ha a disposizione e, nel frattempo, elaborare quanto serve dal punto di vista tecnico, scientifico e finanziario per riattivarlo tutto. I posti di lavoro saranno assegnati con lo sblocco delle liste degli infermieri in attesa di assunzione. Quindi, è vero che la commissione non può assumere infermieri, ma può innescare il movimento pratico che impone le assunzioni ai fini del miglioramento del servizio mobilitando a tal fine infermieri e utenti. Occorrono cambiamenti reali, concreti, per le masse popolari, non per le statistiche sull’eccellenza che coprono le rapine a danno del SSN e il suo smantellamento.
A ogni modo, questo è solo un esempio, la commissione popolare discuterà e si darà i mezzi per la sua politica, che poi è la cosa fondamentale per non rimanere nel campo della denuncia, della protesta e della testimonianza…

A che punto è il lavoro? Che difficoltà state incontrando?
Stiamo discutendo la proposta con alcuni degli organismi che ho indicato e, come è ovvio, riscontriamo interesse e, contemporaneamente, perplessità. Riguardo alle perplessità, esse sorgono grossomodo per tre motivi:

1. la sfiducia nelle proprie forze, cioè nella capacità di mettere davvero in moto il processo dal basso.
Accanto alla sfiducia, ritengo ci sia anche un’altra questione: la via del commissariamento popolare comporta il fatto di dover cambiare natura e ruolo, di dover passare dalla denuncia all’assunzione di responsabilità. Dire cosa c’è che non va è un conto, indicare soluzioni e attuarle è un altro. Per molti organismi si tratta di ripensare il proprio ruolo e questo non è un passaggio immediato, né privo di contraddizioni;

2. il permanere di una residua speranza e fiducia nelle prassi della politica borghese. C’è, a mio avviso, chi è frenato perché vede più realistico passare dalle elezioni per “battere la Giunta Fontana nelle urne”. Beh, su questo punto l’esperienza di decenni dimostra che le elezioni non sono una soluzione, non sono una strada, che le elezioni non favoriscono la partecipazione popolare ai processi decisionali, ma sono per eccellenza il trionfo della delega in bianco;

3. l’essere persuasi che “non ce lo lasceranno fare”. Su questo, credo sia utile ricordare sempre che, se si aspetta il riconoscimento e il permesso di quelle autorità e istituzioni che tollerano ancora Attilio Fontana, Gallera e il loro sistema di potere ai vertici della Lombardia, non combineremo mai niente. Credo che la discesa in campo di Mattarella a sostegno di Fontana il 2 giugno a Codogno e il 28 giugno a Bergamo sia una dimostrazione che vale più di mille discorsi…

Quindi, il commissariamento popolare è per il momento ancora solo una parola d’ordine. Bisogna dargli le gambe perché diventi una prospettiva concreta.

Come lo state facendo?
Con la discussione e il confronto, come ho detto, e cercando di sostenere tutte le mobilitazioni popolari contro la Giunta, cercando di mettere in ognuna il PER. Le mobilitazioni sono davvero tante, di diversa natura, si fa persino fatica a seguirle e conoscerle tutte e questo dimostra anche che ciò di cui c’è bisogno non sono “altre proteste”, ma un centro autorevole che le coordini e che apra alla prospettiva.

Un’ultima domanda: quanto incidono le altre province lombarde in questa mobilitazione? È principalmente una questione milanese?
Milano è il centro economico e finanziario e quello che succede a Milano, in termini di lotta di classe, influisce direttamente su tutta la regione e in tutto il paese. Ci sono però alcune cose da considerare prima di arrivare alla risposta ovvia che la mobilitazione riguarda tutte le città e le province lombarde. Esse sono state negli ultimi 25 anni, un feudo elettorale di Forza Italia e della Lega. Tuttavia il disastro provocato dalla gestione criminale della pandemia ha colpito duramente tutta la regione, in particolare le province di Bergamo e Brescia. Si tratta di zone con un’altissima concentrazione operaia e una delle ragioni della strage è stata proprio la sottomissione della Giunta Regionale a Confindustria che si è opposta all’istituzione della zona rossa in Valseriana. Questa premessa per chiarire che la battaglia per il commissariamento non si esaurisce a una questione di consenso elettorale, ma ha le radici piantate nella mobilitazione della classe lavoratrice lombarda e, in particolare, della classe operaia. Quindi province come Bergamo e Brescia, che hanno un’altissima concentrazione operaia, sono fondamentali. Ma più in generale è la Lombardia operaia e popolare che deve mobilitarsi, organizzarsi e prendere nelle proprie mani l’iniziativa. In questo senso noi del P.CARC vediamo distintamente il legame fra la battaglia per il commissariamento e la rinascita del movimento comunista nel nostro paese.

Quindi concludo con un appello a tutti coloro che vogliono contribuire alla cacciata di Fontana e Gallera e costruire un percorso di lotta per il commissariamento popolare della sanità lombarda: contattateci e unitevi a noi!

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