[Intervista] Emergenza popolare la campagna nazionale del P.CARC

intervista a Marco Coppola, responsabile nazionale del settore Amministrazioni Locali di Emergenza

Di fronte a ogni problema, a ogni contraddizione provocata dalla crisi, di fronte a ogni manifestazione di degrado materiale e morale determinato dalle politiche della classe dominante, le masse popolari devono organizzarsi e imparare a imporre le loro soluzioni, quelle che rispondono ai loro interessi.

Il P.CARC ha lanciato la campagna Emergenza Popolare, di cosa si tratta?
Con la crisi del 2008 / 2009 è iniziata la fase acuta della crisi generale del capitalismo: il mondo per come lo avevamo conosciuto fino a quel momento è stato sconvolto, tutto è peggiorato. Anche nel nostro paese sono stati persi centinaia di migliaia di posti di lavoro, lo smantellamento delle tutele e dei diritti dei lavoratori ha subito un’accelerazione, come più velocemente è proseguito lo smantellamento della sanità pubblica, della scuola pubblica, ecc.
La pandemia da Covid-19 ha ulteriormente aggravato la crisi e in poche settimane ha creato una situazione di emergenza generale che ha posto le masse popolari di ogni paese imperialista – anche del nostro – di fronte alla necessità di cambiare tutto. “Emergenza Popolare” è una sintesi per indicare che di fronte a ogni problema, a ogni contraddizione provocata dalla crisi, di fronte a ogni manifestazione di degrado materiale e morale determinato dalle politiche della classe dominante, le masse popolari devono organizzarsi e imparare a imporre le loro soluzioni, quelle che rispondono ai loro interessi. In questo contesto le masse popolari si mobilitano già spontaneamente, in mille modi, per resistere agli effetti della crisi, ma per trasformare la resistenza spontanea in movimento cosciente che cambia le cose è necessaria l’opera dei comunisti. Quindi questa campagna, iniziata a marzo e che proseguirà fino a ottobre, ha l’obiettivo di far compiere al P.CARC un salto in avanti nell’intervento sugli organismi che promuovono la resistenza delle masse popolari, per integrarli nella costruzione del nuovo potere.
A questo proposito ci tengo a chiarire una cosa: il salto della mobilitazione delle masse popolari, il passare dalla difesa all’attacco, dalla rivendicazione all’assunzione di un ruolo dirigente nella società non dipende solo dalla combattività delle masse popolari, ma dalla capacità dei comunisti di dirigerle e orientarle.
Ecco perché una specifica campagna: definiti i criteri, i tempi e i modi, ciò che conta come elemento di bilancio è, da una parte, ciò che noi comunisti abbiamo imparato in merito all’intervento sulle organizzazioni operaie e popolari e, dall’altra, i passi concreti che queste ultime hanno fatto nell’agire da nuova autorità pubblica.

Quali sono gli obiettivi della campagna e quali i contenuti principali?
In termini generali, gli obiettivi della campagna si riassumono nell’individuare organismi operai e popolari che per loro caratteristiche, per il contesto in cui operano e per il ruolo che già hanno, possono, con l’intervento dei comunisti, assumere più compiutamente il ruolo di nuove autorità pubbliche che contendono alle autorità borghesi il riconoscimento delle masse popolari in un dato territorio e su un dato tema.
Porto come esempio la costruzione e il coordinamento di organismi operai nelle aziende capitaliste, attraverso la mobilitazione per la sicurezza e la salute sul posto di lavoro, per prevenire i tentativi di chiusura delle aziende da parte dei padroni, per sospendere e riconvertire le produzioni non di prima necessità garantendo continuità di salario per gli operai, per la nazionalizzazione sotto il controllo operaio delle produzioni strategiche.
Oppure la mobilitazione dei lavoratori della sanità e del resto delle masse popolari che si organizzano in comitati per la difesa del diritto alla salute, in particolare per la riapertura – o contro la chiusura – delle strutture sanitarie e ospedaliere; per le assunzioni di personale attraverso lo scorrimento delle graduatorie, la stabilizzazione dei precari e l’indizione di nuovi concorsi; per la manutenzione e il restauro delle strutture sanitarie; per la conquista dell’agibilità politica e della libertà d’opinione sui luoghi di lavoro attraverso la violazione e l’abolizione dell’obbligo di fedeltà aziendale.
Vogliamo fare in modo che questi organismi, che esistono o che puntiamo a costituire o rafforzare, diventino capaci di incalzare efficacemente, influenzare direttamente – fino a sostituirle – le amministrazioni locali, diventando promotori della costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza (ALE).

Soffermiamoci su questo punto: cosa sono le ALE?
Sono amministrazioni locali che rompono con l’asservimento al governo centrale e con il ruolo di esattori e aguzzini a cui sono relegate e iniziano ad agire su spinta di una rete diffusa di organizzazioni operaie e popolari che indicano loro, caso per caso, i provvedimenti da prendere e che si mobilitano per la loro attuazione. Senza la spinta e la pressione di questa diffusa rete di organismi di base, le amministrazioni locali, anche le più progressiste e “di rottura”, finiscono per restare asservite al capitale finanziario, al governo centrale e agli interessi dei gruppi imperialisti. Questo è il limbo in cui sono finite le esperienze delle amministrazioni “arancioni” (alla De Magistris), “grilline” (alla Raggi o Appendino) o della vecchia sinistra borghese (alla Mimmo Lucano).
A qualificare una ALE non sono le qualità morali o personali di un sindaco e dei membri della sua Giunta, ma la strutturazione e il rafforzamento del sistema di potere delle masse popolari che impone alle amministrazioni locali le misure da adottare e le attua direttamente in base alle forze che ha a disposizione.
So che tanti lettori possono pensare che “non ci sono le condizioni per farlo”, ma la realtà dice il contrario. Prendo come esempio Napoli e l’esperienza del Comitato Vele di Scampia e la sua lotta per il diritto a un’abitazione dignitosa: il Comitato ha condotto un “censimento popolare” degli abitanti delle Vele per avere il quadro preciso della situazione, ha fatto irruzioni nel consiglio di municipio e nel consiglio comunale, presidi, manifestazioni, ha imposto l’abbattimento delle Vele e attraverso gli scioperi al contrario ha conquistato l’impiego di forza lavoro locale nelle demolizioni… una battaglia lunga anni in cui il Comitato ha agito da autorità alternativa e ha spinto l’amministrazione De Magistris, anche violando normative nazionali, a fare un’azione da Amministrazione Locale d’Emergenza. Alle masse popolari del quartiere sono state assegnate nuove case, la Vela verde è stata abbattuta a inizio luglio, un risultato su cui nessuno avrebbe scommesso solo alcuni anni fa.

Chiaro! Qualcuno però potrebbe pensare che a Napoli è più semplice perché c’è De Magistris…
Beh, no! L’aspetto principale del discorso è il ruolo che ha assunto il Comitato Vele e l’azione che ha promosso.
La questione è che, man mano che avanza la crisi, ogni amministrazione locale, quale che sia “il colore” della Giunta, si trova per sua natura fra l’incudine e il martello: l’incudine del governo centrale che pretende di farne un ufficio di riscossione tasse e un tentacolo locale del potere nazionale e il martello delle masse popolari che invece si mobilitano contro il taglio ai servizi pubblici, contro il degrado materiale e morale che le politiche di austerità hanno imposto. Chi pensa che la responsabilità di un sindaco sia principalmente quella di pensare al verde pubblico o agli eventi culturali estivi si sbaglia, ogni sindaco è chiamato a prendere decisioni che incidono direttamente sulla vita delle masse popolari, senza avere fondi, risorse, sostegno dalle istituzioni nazionali. E nello stesso tempo, giustamente, le masse popolari premono sui sindaci affinché operino nell’interesse della comunità.
In questa contraddizione l’azione degli organismi operai e popolari è l’aspetto decisivo, il “colore” della Giunta è l’aspetto secondario… con la mobilitazione popolare è possibile imporre il programma alla Giunta: o lo rispetta oppure va cacciata, senza necessariamente dover aspettare le elezioni per cacciarla…
Prendiamo l’esempio della Lombardia, che è una Regione e non un Comune: è evidente che la Giunta non ha operato, non opera e non opererà negli interessi delle masse popolari e va cacciata. Ma non per far installare una Giunta del PD o di “tecnici”, perché il problema rimarrebbe… Da qui la nostra linea del Commissariamento popolare: occorre creare il fronte di organismi popolari che iniziano a gestire parti crescenti della sanità, partendo da quello che le masse popolari organizzate – penso ai medici, agli infermieri, ai lavoratori, alle brigate volontarie per l’emergenza – possono già fare grazie all’esperienza che hanno accumulato.
Costruire Amministrazioni Locali di Emergenza, dunque, è una necessità oggettiva e un processo che, per certi versi, è già in corso. Siamo noi comunisti che dobbiamo imparare a dirigerlo per renderlo cosciente e per dispiegarlo.

Che relazione c’è fra la lotta per l’ALE e la lotta per il Governo di Blocco Popolare (GBP)?
Il GBP è il governo nazionale di emergenza delle masse popolari organizzate. Non sarà costituito con un colpo di mano, ma attraverso la progressiva sostituzione delle vecchie autorità borghesi con le nuove autorità pubbliche: è un processo “a macchia di leopardo” che in certe zone sarà più avanti e in altre più indietro, ma che in definitiva conquisterà tutto il territorio nazionale. Le ALE vanno inquadrate in questo processo. Sono uno strumento per rendere ingovernabile il paese alla classe dominante: avere 10, 100, 1000 ALE significa sottrarre al governo centrale porzioni di territorio e avanzare nella costruzione della nuova governabilità dal basso del paese.
Va detto che nessuna ALE può illudersi di rimanere una nicchia, una specie di “zona liberata” a sé stante: anche solo per continuare a esistere deve per forza coordinarsi con altre e legarsi alla lotta politica in corso nel paese.
Quindi ogni ALE dovrà prodigarsi per coordinarsi con altre amministrazioni, fare da esempio e fornire strumenti perché anche altri si mettano su quella stessa strada e concorrere nella battaglia per fare un governo che faccia su grande scala quanto sperimentato a livello territoriale. Il GBP, in questo senso, è obiettivo di ogni ALE. L’esempio che abbiamo fatto della lotta del Comitato Vele deve diventare la politica abitativa e occupazionale per dieci, cento e mille amministrazioni locali e per il governo dell’intero paese!
Sintetizzando, il legame tra la lotta per le ALE e il GBP consiste nella scuola di governo dei territori che in questo percorso le masse popolari organizzate fanno, nel lavoro di coordinamento e tessitura del sistema politico delle masse popolari che diventa via via più capace di contendere e scalzare quello della borghesia imperialista e nella selezione e messa alla prova da parte delle masse popolari di quegli esponenti del mondo politico, culturale e sindacale che dovranno comporre il Governo di Blocco Popolare.

A settembre si svolgeranno le elezioni regionali e amministrative, che relazione c’è fra elezioni e ALE?
Anzitutto, anche se credo si sia capito, la costruzione delle ALE non passa attraverso le elezioni. È vero però che le elezioni, e in particolare quelle amministrative e regionali, sono occasione in cui l’attenzione delle masse popolari verso la vita politica dei propri territori si alza. Quindi è vero che la campagna elettorale è un momento da usare tanto per entrare nelle contraddizioni del teatrino della politica borghese, quanto per alimentare la costruzione di organismi operai e popolari sul territorio, rafforzare l’azione e l’orientamento di quelli esistenti e il loro coordinamento.
Da qui la linea che adottiamo da alcuni anni: non ci candidiamo con nostre liste e in genere non candidiamo nostri compagni in nessuna lista, non sosteniamo “a prescindere” nessuna lista e nessun candidato, ma promuoviamo la mobilitazione affinché i candidati che si dichiarano “amici delle masse popolari” facciano fin da subito ciò che promettono di fare una volta eletti e spingiamo gli organismi operai e popolari esistenti a promuovere un’azione autonoma per attuare le misure a cui la nuova amministrazione dovrebbe dare organicità e continuità con la propria azione di governo del territorio. In questo senso il legame fra le elezioni borghesi e la lotta per le ALE è forte e diretto, ma l’aspetto principale su cui soffermarsi è l’attività continuativa, ordinaria e capillare degli organismi operai e popolari. Quindi per quanto riguarda il voto, diamo indicazione per i candidati (le persone, non i partiti o le liste) che con la loro esperienza hanno dimostrato di spendersi realmente al servizio della mobilitazione e dell’organizzazione delle masse popolari.

Rispondi

Iscriviti alla newsletter

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

I più letti

Articoli simili
Correlati

Il 29 novembre è sciopero generale! Partecipiamo compatti e costruiamolo insieme

Scarica il Pdf Dopo che Cgil e UIL hanno proclamato...

Sull’esito delle elezioni in Liguria, Emilia Romagna e Umbria

Il Pd festeggia per la “vittoria” in Emilia Romagna...

4 novembre in piazza: appello del Calp di Genova

Unire le lotte e le mobilitazioni contro la guerra...