Dagli operai siderurgici una lettera aperta ai ministri Speranza, Catalfo, Patuanelli

al Ministro della Salute Roberto Speranza,

al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo,

al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli

Lettera aperta

Scriviamo per segnalare alla vostra attenzione gravi problemi sui quali occorrono interventi seri e urgenti da parte del Governo e dei Ministeri da voi presieduti.

1. Igiene e sicurezza sul posto di lavoro. Con DPCM e ordinanze il Governo e il Ministero della Salute hanno legiferato parecchio in materia di misure anti-contagio, ma all’oggi nelle aziende siderurgiche tali misure (DPI, sanificazioni, misurazioni della temperatura, informazione, ecc.) o non sono applicate o sono applicate a singhiozzo e parzialmente. Nel migliore dei casi sono applicate senza i connessi adeguamenti di tempi e organizzazione del lavoro e quindi in maniera vessatoria per i dipendenti. È evidente a chiunque che l’uso delle mascherine chirurgiche, ammesso e non concesso che vengano distribuite in quantità e di qualità adeguate, richiede un maggior numero di pause e non che l’azienda sguinzagli dei “vigilantes” per comminare multe a quei dipendenti che provvedono da sé a prendersi una pausa togliendosela. È altrettanto evidente che la misurazione della temperatura serve a poco se in parallelo non vengono fatti tamponi e prelievi sierologici e che chiedere ai dipendenti una autodichiarazione di non contagiosità è solo un modo per scaricare su di essi le inadempienze dell’azienda e la mancanza di un adeguato sistema di screening.

Se gli impegni del Governo e del Ministero della Salute a proposito delle misure anti-contagio non sono solo chiacchiere

– l’applicazione di tali misure deve essere sotto lo stretto controllo di RSU-RSA, RLS, ASL e di comitati di dipendenti designati dalle assemblee di azienda con l’ausilio di organismi di loro fiducia quali Medicina Democratica ed Emergency. Non può fare capo in maniera incontrollata ad amministratori delegati e dirigenti che già prima dell’epidemia da Coronavirus Covid-19 hanno protratto situazioni di disattenzione e disinteresse verso la sicurezza dei lavoratori, come denunciato più volte dalle organizzazioni sindacali non compiacenti , in particolare nelle aziende interessate da processi di chiusura e ridimensionamento: oggi alla ex Ilva di Taranto e alla ex Lucchini di Piombino sono state segnalate condizioni critiche di sicurezza che potrebbero nuovamente sfociare in infortuni gravi o anche mortali;

– la sanificazione dei posti di lavoro, delle aree aziendali (mense, spogliatoi, ecc.) siano una attività ordinaria e non un evento straordinario per casi di emergenza;

– il Governo deve abolire con procedura d’urgenza la cd “legge sulla fedeltà aziendale” (art. 2105 del codice civile) che espone a sanzioni, ricatti, licenziamenti e altre forme di ritorsione in nome della “lesione dell’immagine dell’azienda” quei dipendenti che denunciano pubblicamente la mancata applicazione delle misure anti-contagio, la violazione di normative a tutela della sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente e della salute di consumatori ed utenti (ma anche episodi di clientelismo e malaffare, ecc.). Nella situazione attuale, tale legge danneggia non solo la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma la salute pubblica: quindi va abolita!

2. Diritti sindacali. Mentre l’applicazione delle misure anti-contagio versa nello stato di cui sopra, la “necessità di prevenire o contenere i contagi da Coronavirus Covid-19” viene surrettiziamente utilizzata dalle aziende per limitare ulteriormente o eliminare del tutto diritti e agibilità sindacali (assemblea, sciopero, libertà di espressione, uso salette e bacheche sindacali, mense, ecc.) sanciti dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970) e dai CCNL. È giocoforza constatare che tutto questo è in linea con il sistema introdotto nelle aziende del gruppo Agnelli-Elkann (a partire dal 2010 con Pomigliano d’Arco-NA) dall’allora amministratore delegato Sergio Marchionne con il ricatto “o così o si chiude”, poi estese ad altre aziende (con buona pace di quanti all’epoca, dal PD ai sindacati compiacenti) e ora propugnato dal neo presidente di Confindustria Carlo Bonomi, le cui esternazioni sulla “riduzione del CCNL a cornice esile” non lasciano dubbi in merito.

A tali esternazioni si aggiungono episodi vergognosi e inaccettabili come quelli occorsi il 6 maggio e poi ancora il 10 giugno alla TNT di Peschiera Borromeo (MI), dove il 6 maggio gli operai in sciopero sono stati buttati fuori dall’azienda dalle forze dell’ordine. I decreti del governo affermano che in questo periodo di emergenza non si può licenziare: perché allora TNT lo ha fatto e la polizia è accorsa a difendere una grande azienda di proprietà della statunitense Us Mail? Eppure non ci risulta che le forze dell’ordine siano intervenute con altrettanta solerzia ad esempio all’ex Ilva, dove l’Unione Sindacale di Base il 19 giugno ha denunciato alla Procura della Repubblica, ai Carabinieri del Nil, allo Spesal e all’Arpa l’inosservanza delle norme mirate alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Se aziende nel nostro paese non godono di una sorta di extra territorialità ma sono soggette alle leggi dello Stato, cosa aspettano il Governo e il Ministro del Lavoro a far valere la Costituzione del 1948 ancora in vigore?

3. Aziende siderurgiche e posti di lavoro a rischio. Durante la fase del cosiddetto lockdown gran parte delle aziende siderurgiche sono rimaste aperte perché rientranti tra quelle considerate “essenziali” e “strategiche”. Allora logica vuole che, se sono essenziali e strategiche, le aziende siderurgiche non devono essere chiuse, ridimensionate o delocalizzate. Eppure è quello che sta avvenendo per l’ex Ilva e la Sanac (che lavora per l’ex Ilva), per l’ex Lucchini, per l’AST di Terni, per le Ferriere di Servola-Trieste: sono tutte appese a un filo, Arcelor-Mittal, Jindal e altre multinazionali stanno cercando di fare il bello e il cattivo tempo sulla nostra pelle e sul tessuto produttivo del nostro paese. Non è più il tempo delle chiacchiere né dei “piani industriali” messi in piedi in quattro e quattr’otto solo per attingere alla “gallina dalle uova d’oro” degli aiuti statali ed europei né di giochetti “del gatto con il topo” che tirano per le lunghe sulla pelle dei lavoratori e neanche di riconversioni che funzionano come vacche da mungere per capitalisti indagati per truffe e raggiri, come Goldstein e i Di Bari, ai danni degli operai dell’ex Embraco di Riva di Chieri-TO.La soluzione è semplice: nazionalizzare la produzione siderurgica. Non finte nazionalizzazioni, buone solo a scaricare sulle spalle della collettività (cioè di lavoratori e pensionati) le perdite dei capitalisti che lasciano e a trovare una nuova cordata di capitalisti da far subentrare e tutto continua come e peggio di prima. Bisogna nazionalizzare per far funzionare le aziende, per produrre i beni e servizi che già fornivano o per convertirle ad altre produzioni utili. Di acciaio c’è bisogno: cosa aspetta il Governo a nazionalizzare e a gestire secondo un piano d’insieme la produzione siderurgica? “L’epidemia da Coronavirus Codiv-19 è come una guerra” hanno ripetuto in molti nei mesi scorsi: ebbene già in passato l’apparato produttivo pubblico (IRI, ENI, ecc.) è stato un ingrediente della ripresa postbellica e del “miracolo economico. Cosa aspetta il Ministero dello Sviluppo Economico? Di diventare il Ministero dello Smantellamento Economico?

Ci fermiamo qui e ribadiamo che occorrono interventi seri e urgenti da parte del Governo e dei Ministeri da voi presieduti. Si tratta di interventi coerenti con intenti e impegni da voi dichiarati nei mesi scorsi. Coerenti con quella che è o dovrebbe essere la ragion d’essere di un governo di cui è componente di maggioranza una forza come il M5S, che, se non l’ha persa per strada, dovrebbe avere come bandiera il cambiamento e la discontinuità dalle politiche dei precedenti governi di Centro-Destra o di Centro-Sinistra. Coerenti con l’indipendenza e la sovranità nazionale del paese. Coerenti con la Costituzione del 1948 ancora in vigore. Se il Governo e i Ministeri da voi presieduti non interverranno in tempi rapidi, ne trarremo le dovute conclusioni e agiremo di conseguenza.

Alcuni operai e delegati

– ex Lucchini – Piombino

– ex Ilva di Genova e Taranto

– Alfa Acciai e Fonderie di Torbole – Brescia

– Dalmine Tenaris – Bergamo

– Ferriere di Servola -Trieste

– AST – Terni

– Marcegaglia – Ravenna

– Sanac di Massa Carrara e Vado Ligure – SV

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