Il 22 giugno la nostra Agenzia Stampa ha pubblicato su www.carc.it un articolo di analisi rispetto al dibattito in corso nel Partito comunista di Marco Rizzo (PC) e alla rottura fra il PC e il Fronte della Gioventù Comunista (FGC). Riprendiamo stralci di quel comunicato aggiungendo un’introduzione e una conclusione a cura della Redazione di Resistenza.
A introduzione un chiarimento per quanti, commentando l’articolo pubblicato sul sito, ci hanno chiesto (in modo più o meno polemico) il motivo per cui ci interessiamo a quello che succede “in casa d’altri”. La questione è che nessun partito comunista, se è un partito comunista, è “cosa privata” degli iscritti e tanto meno del gruppo dirigente. I problemi, le contraddizioni, i passi avanti, le scoperte di ogni partito comunista (e anche di ogni organizzazione, gruppo, collettivo e singolo) sono una questione collettiva, di tutti i comunisti. Questo perché – posto che l’obiettivo è il socialismo – le risposte valide che trova uno valgono per tutti e i problemi e le contraddizioni di uno sono scuola per tutti.
A proposito del dibattito in corso nel Partito Comunista di Marco Rizzo
“A più riprese abbiamo cercato di stabilire rapporti fraterni con i compagni del PC Rizzo e del FGC, tesi all’unità d’azione e alla solidarietà reciproca, ma anche al dibattito franco e aperto e alla lotta ideologica. In particolare credevamo e crediamo che l’impianto ideologico e politico di queste due organizzazioni è impregnato di importanti errori nel bilancio dell’esperienza del vecchio movimento comunista italiano e internazionale. Crediamo che tali errori, lungi dall’essere soltanto tema di dispute storiografiche, indirizzano gli sforzi di questi compagni su un viatico inconcludente ai fini della ricostruzione di un partito comunista rivoluzionario capace di oltrepassare i limiti su cui si è arrestato il primo Partito Comunista italiano.
Il principale di questi errori consiste nel circoscrivere le cause del declino del vecchio movimento comunista al tradimento operato da capi opportunisti e succubi della corrente del revisionismo moderno che dopo il 1953 dilagò nel movimento comunista internazionale (nel nostro paese i Togliatti, i Longo e poi Berlinguer). Già il (nuovo)PCI ha argomentato (invitiamo a leggere “Pietro Secchia e due importanti lezioni” pubblicato su La Voce n. 26) come furono proprio i limiti della sinistra del vecchio movimento comunista, dunque della sua parte migliore e più devota al comunismo, nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe, a consentire l’ascesa del revisionismo moderno in capo al movimento comunista italiano e internazionale. L’individuazione dei limiti della sinistra del vecchio movimento comunista è dunque il presupposto per condurre un serio e scientifico bilancio dell’esperienza passata dei comunisti e non attestarsi ad una valutazione del passato rabberciata e foriera della ripetizione di vecchi errori.
È così che, posto erroneamente il problema delle basi teoriche su cui fondare la rinascita del movimento comunista in Italia, il gruppo dirigente di PC e FGC ha articolato negli anni una linea di ricostruzione del partito incentrata sulla proclamata fedeltà ai principi del marxismo-leninismo e sulla continuità con la condotta del vecchio PCI. Quindi, propaganda del socialismo in chiave attendista, partecipazione alle elezioni con liste PC, visibilità mediatica e raduni alla presenza dei dirigenti nazionali, promozione di lotte rivendicative in campo studentesco tramite il FGC, intervento sindacale per promuovere la costituzione di un sindacato apparentato al Partito. Un tentativo su piccola scala di riesumare il vecchio PCI senza fare i conti con il fatto che nessun partito comunista e operaio attivo nei paesi imperialisti nel corso della prima ondata (non solo il partito italiano), seguendo tale linea, ha portato a compimento la rivoluzione socialista. Senza fare i conti con il fatto che l’attestarsi su un simile terreno, nel secolo scorso, da parte dei partiti comunisti e operai europei, è stato decisivo del loro liquefarsi davanti all’ascesa del fascismo e poi, una volta sconfitto il fascismo, della loro integrazione nei sistemi politici borghesi e della loro successiva trasformazione in partiti della sinistra borghese.
Diventare una componente, sia pur di sinistra ed identitaria, del teatrino della politica borghese è anche lo sbocco pratico della linea di ricostruzione del partito praticata da PC Rizzo e FGC.
Da qui la natura ibrida di questa aggregazione dove confluiscono indistintamente sia coloro che aspirano a ritagliarsi un posto nel teatrino della politica borghese (per ripercorrere, fuori tempo massimo, le gesta del PRC di una volta, anche se più di sinistra e identitario), sia compagni che aspirano alla costruzione di un partito comunista rivoluzionario, che vogliono lottare per costruire la rivoluzione socialista e non solo declamarla, che aspirano a militare in un vero partito comunista e che non vogliono ridursi a fare l’ala di sinistra del teatrino politico borghese.
Queste sono le due linee che agitano le acque nel PC di Rizzo e nel FGC, trasversalmente all’una o all’altra organizzazione. Queste sono le due visioni strategiche che si contendono il terreno, non solo nel PC Rizzo e nel FGC ma nell’insieme del movimento comunista del nostro paese: organizzare riedizioni delle esperienze della sinistra borghese (siano esse nella variante riformista elettoralista o economicista) o ricostruire un movimento comunista cosciente e organizzato dotato di una strategia per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. È questo il reale oggetto del contendere dello scontro in atto nell’area del PC di Rizzo e del FGC benché i promotori delle due frange contendenti (Rizzo e Mustillo), nel dibattito pubblico, si scontrino su questioni secondarie, su regole congressuali e commissariamenti di federazioni, su alleanze elettorali e analisi della situazione internazionale. Non solo, entrambe le frange dimostrano di non differire quanto al loro allineamento strategico che resta nell’alveo dei tatticismi propri della sinistra borghese, Rizzo calcando con l’elettoralismo (vedere, da ultimo, la sua proposta di referendum per l’uscita dall’UE) e Mustillo puntando invece su una linea di tipo economicista-movimentista (di cui è impregnato l’appello per il Fronte Unico di Classe). Non è per caso che nello scontro in atto restano inevase le questione decisive relative al bilancio dell’esperienza, a quale Partito Comunista costruire, alla strategia e alla tattica con cui operare.
Ma è proprio dalla risposta a queste domande (non dalla massa di voti e partecipanti a cortei che una frangia o l’altra si dimostreranno capaci di radunare) che dipenderà l’esito positivo, ai fini della rinascita del movimento comunista, della battaglia apertasi nel PC di Rizzo e nel FGC.
Diversi sono i compagni di questa area politica che stanno reagendo al dibattito in corso tirando i remi in barca e che sono amareggiati e arrabbiati per la piega presa dal dibattito. A questi compagni diciamo di non tirare i remi in barca, di trasformare l’amarezza e la rabbia in attivismo e in lotta perché il dibattito in corso nella loro organizzazione assuma un’altra piega. Diciamo loro di dare battaglia nel proprio circolo o istanza per l’elevazione del dibattito nella propria organizzazione, affinché esso si incentri sulle questioni decisive per la rinascita del movimento comunista senza essere soppiantato dal chiasso delle opposte tifoserie pro-Rizzo e pro-Mustillo. Che l’attuale crisi del PC Rizzo e del FGC si trasformi in un’opportunità di sviluppo del dibattito sul bilancio del vecchio movimento comunista, su quale Partito Comunista costruire, sulla strategia e la tattica da adottare per avanzare nella lotta per il socialismo nel nostro paese”.
Aggiungiamo una conclusione al ragionamento.
A fronte dei problemi e delle contraddizioni, vecchie e nuove, con cui il percorso di costruzione dell’unità dei comunisti deve fare i conti, bisogna combinare due movimenti: promuovere il dibattito franco e aperto sugli insegnamenti che si ricavano dalla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e, contemporaneamente, porsi l’obiettivo di alimentare, sostenere e orientare il movimento spontaneo delle masse popolari che si oppongono alla crisi. Se è vero che “senza teoria rivoluzionaria non c’è movimento rivoluzionario”, è vero anche che nella pratica si verifica la teoria rivoluzionaria. Nel campo della pratica, i comunisti hanno oggi il compito di:
– dare prospettiva alle proteste e alle rivendicazioni operaie e popolari, sostenere il CONTRO, ma soprattutto dare forza al PER legando gli obiettivi contingenti con quelli di prospettiva;
– favorire il coordinamento degli organismi operai e popolari in modo che l’azione di uno rafforzi quella degli altri attraverso lo scambio delle esperienze e la creazione di un ampio fronte di mobilitazione in cui ogni organismo operaio e popolare, ogni organizzazione politica e sindacale possa contribuire alla mobilitazione comune a seconda delle proprie caratteristiche e specificità;
– promuovere la nascita di nuove organizzazioni operaie e popolari e coordinarle con le altre perché se è vero che le masse popolari sono la maggioranza della popolazione, solo se sono organizzate possono far valere la forza del loro numero.