[Napoli nord] Intervista a Fabio Fioretto, studente dell’ITI Galileo Ferraris

In questa quarantena abbiamo assistito a mille forme di organizzazione delle masse popolari in tutto il territorio nazionale. Tra queste anche piccole forme di organizzazione possono via via crescere e inserirsi in un più ampio processo di resistenza alla crisi generale del sistema capitalista e nel fiume della costruzione di un’alternativa di potere della classe operaia e del resto delle masse popolari. Il presidio Napoli nord del Partito dei CARC ha quindi scelto di intervistare Fabio Fioretto, studente dell’ITI Galileo Ferraris di Scampia, per riprendere il punto delle lotte ambientali che gli studenti di quella scuola stanno portando avanti, per farsi raccontare dell’interessante progetto crownvirus19 messo in piedi durante l’emergenza Covid e delle prospettive di organizzazione e mobilitazione in questa scuola a partire dalla didattica a distanza e la riapertura delle scuole.

 

***

 

Ciao Fabio, durante questa emergenza Covid-19 avete messo in piedi, a partire da un’esercitazione in classe, una pagina Instagram di informazione sulla pandemia fatta dagli studenti per gli studenti. Questa pagina ha avuto ottimi riscontri per cui il progetto si è poi evoluto in un vero e proprio sito internet. Ci racconti questa esperienza?

Il progetto è partito dal fatto che la maggior parte di noi studenti con la didattica a distanza si è trovato a dedicare il doppio del tempo allo studio, alla preparazione delle lezioni, delle cose che servono per collegarsi e altro. Per cui nella classe virtuale ci siamo interrogati su come potevamo fare per uscire da questa clausura utilizzando le nostre competenze informatiche e dare un contributo in termini di informazioni agli studenti e al resto della popolazione. Da qui con una nostra docente abbiamo partorito l’idea della pagina Instagram di cui dicevi.

Il nostro messaggio principale è che i giovani devono guardare al futuro e non guardarlo più con gli occhi del mondo per com’era ieri. Bisogna riadattare la nostra vita alla nuova fase che si apre e cambiare la società e la realtà che ci circonda. In questi giorni sto ragionando molto su quanto sta accadendo negli USA e sulle mille forme di mobilitazione e di cambiamento di mentalità che abbiamo intorno. Gli appigli per poter irrompere in questa situazione sono tanti, l’altro giorno ho letto di un’azione fatta da Anonymous negli USA che ha manipolato la stazione radio della polizia. Sono tutti pezzi di una presa di coscienza collettiva che si fa strada e a cui tutti dobbiamo contribuire.

Oggi la pagina, che è diventata un sito, ha anche questo compito e per questo ho deciso, insieme anche alla docente, di tenerla e di adattarne i contenuti alla fase 2 e magari anche oltre.

 

Veniamo al contesto in cui questo progetto è nato la Didattica a Distanza (DaD). Che impatto ha avuto sulla vita di voi studenti? Com’è l’avete vissuta nella vostra scuola?

A differenza di altri plessi devo dire che la mia scuola è stata molto sensibile ed efficace nella gestione della DaD: hanno fornito sin da subito i dispositivi elettronici e pacchetti di connessione a docenti e studenti che ne erano sprovvisti. Hanno curato molto questi aspetti di dettaglio. Anche i docenti sono stati molto pazienti e disponibili soprattutto quando c’era da “entrare nel meccanismo”.

Rispetto allo strumento della DaD devo dire che l’apprendimento è molto complicato anche perché è continuamente messo in bilico da cali di connessione, problemi tecnici, ecc. Non siamo un paese evoluto tecnologicamente ma facciamo finta di esserlo. Come dicevo, rispetto al normale, con la DaD si lavora molto di più. Questo è causato, oltre che dallo strumento in sé anche dalla rincorsa alla chiusura dei programmi che alla difficoltà di approfondire questo o quel tema durante le lezioni richiedendo tanto più tempo per riprenderlo e studiarlo dopo. Questa ovviamente non è una responsabilità di docenti o della scuola in sé ma è più generale e con questa emergenza è venuto fuori più chiaramente.

Anzi i docenti sono stati molto comprensivi anche nel darci dei momenti di confronto tra studenti. Questa emergenza ci ha fatto apprezzare come non mai l’importanza di andare a scuola, vedere i propri compagni, far parte di un gruppo che si vede ogni giorno e in cui si cresce insieme. Con alcuni compagni ho ragionato molto durante questa emergenza dell’importanza e del ruolo sociale che ha la scuola. Standoci dentro come studenti finiamo quasi sempre per vedere la scuola come luogo di giudizio e produttività che è quello in cui i governi la stanno trasformando negli ultimi anni. C’è però l’aspetto sociale, educativo e formativo che va salvaguardato e difeso perché non è scontato, perché ce lo stanno togliendo. Bisogna quindi impegnarsi e organizzarsi per difendere il diritto allo studio. In questo senso la didattica frontale, quella classica, è insostituibile ed è la prima cosa da riprendersi.

 

Tra le maggiori critiche da parte di alcuni studenti c’è quella dell’aver deciso di prevedere le bocciature per gli studenti che risulteranno insufficienti. Stante le difficoltà che hai raccontato sulla DaD cosa pensi di questa misura? Hai avuto modo di parlarne con altri?

Hanno aggiunto recentemente la possibilità di essere promosso anche con svariate insufficienze a patto che l’anno dopo vengano recuperate. La cosa è impossibile perché non si possono recuperare a distanza delle materie mentre sempre a distanza devi seguirne delle altre, non c’è il tempo e la forza per poter fare una cosa del genere. Il limite principale di chi propone queste misure è che non guarda al futuro, cerca di mettere solo una pezza all’oggi e di ragionare alla giornata. Anche i miei compagni stanno ragionando su questa questione e mi risulta che lo stesso dibattito sia presente anche in altre scuole della zona nord (a Melito ad esempio).

 

Gli studenti del Ferraris poco prima della pandemia sono stati protagonisti di una battaglia di carattere ambientale, rispetto ai roghi tossici appiccati nel vicino campo rom che hanno causato malori e problemi durante le lezioni. Qual è la situazione al momento? Cosa avete in mente di fare?

Al momento a causa del Covid la lotta si è un po’ fermata. Nel corso delle settimane avevamo fatto presidi permanenti davanti alla scuola, imposto un incontro con la municipalità e preteso di parlare con il sindaco De Magistris e i suoi assessori per risolvere il problema. Noi cerchiamo una soluzione dignitosa per gli abitanti del campo rom e per gli studenti della scuola. Posso dirti con certezza che la lotta la porteremo avanti, perché non riguarda solo chi la scuola la frequenta adesso ma tutti quelli che la frequenteranno dopo di noi.

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