Piena solidarietà ai compagni Pietro, Diego, Fabiano del centro sociale Mezzocannone occupato e attivisti delle Brigate di Solidarietà, arrestati ieri 14 giugno, a seguito di un controllo documenti che la Polizia, sopraggiunta in forze con 9 pattuglie, ha trasformato in una vera e propria bagarre che ha seminato scompiglio e sgomento in Piazza Bellini, Napoli. Un’azione deliberata e mirata, una provocazione chiara, una storia di ordinaria repressione quella messa in atto da Forze dell’Ordine sdoganate dalla “carta bianca” che hanno avuto da Governo, Prefetture e Questure durante i mesi di lockdown, militarizzando territori e vita sociale.
Dopo gli avvisi orali, le citazioni in giudizio e le multe distribuite a pioggia nelle ultime settimane a decine di attivisti per aver applicato le agibilità politiche conquistate nel nostro Paese con la vittoria della Resistenza antifascista, la Questura di Napoli ha “puntato” organizzazioni politiche e finanche singoli compagni, mai non perdendo occasione per minacciarli, identificarli, provocarli.
Ieri sera il delirio di un controllo documenti trasformato in una “maxioperazione” di Polizia, conclusasi con i tre compagni arrestati e una piazza in rivolta. Compagni tradotti prima alla Caserma Raniero, poi nel carcere di Poggioreale, dove si trovano attualmente, essendogli stati contestati i reati di resistenza, lesione aggravata, offesa a pubblico ufficiale e altro. Le decine di video amatoriali in circolazione sulla rete in queste ore mostrano, invece, quanto è accaduto davvero: tre amici in piedi, giustamente distanziati e con tutti i dispositivi di sicurezza individuale prescritti per questa fase, a brindare alla memoria di un compagno nell’anniversario dei sei anni dalla sua scomparsa; poi l’arrivo della pattuglia, la richiesta documenti, l’esibizione degli stessi, con unica eccezione di uno, dimenticato a casa; la richiesta delle ragioni di quel controllo che già presagiva un fermo, le prime provocazioni delle “guardie” e la chiamata dei “rinforzi”; l’arrivo di altre pattuglie, poi le mani addosso ai compagni e le manette; la faccia di uno di loro sbattuta sulla capotte della volante nel tentativo di infilarcelo dentro; poi ancora altre pattuglie; la piazza in rivolta che chiede a gran voce le ragioni di quell’operazione, i capi di imputazione e le contestazioni. Palese a tutti la violazione non solo di ogni diritto individuale, ma finanche del più semplice buonsenso.
Non crediamo alle veline della Questura: quanto accaduto ieri sera è un’ulteriore mossa nel solco di quell’attacco che le autorità repressive dello Stato muove contro quanti, oggi, si mobilitano e si organizzano per far valere gli interessi delle masse popolari autonomamente da enti e autorità della classe dominante, camorra e padroni, i loro servi e le loro polizie che, invece, le vorrebbero docili e obbedienti.
Per queste ragioni, bisogna fare della lotta contro la repressione una questione politica, cioè una questione di ordine pubblico. Ciò significa farla finita con il sistema tutto “ordine e repressione” per chi lotta e “mano libera” per padrini e padroni. Promuovere organizzazione e coordinamento, mettendo al centro gli interessi collettivi di classe e la tutela di chi lotta e si organizza. Allargare il fronte di solidarietà verso chiunque sia colpito dalla repressione.
La risposta delle masse popolari della nostra città non si è fatta attendere ed è stata forte: in presidio immediato alle porte della Raniero e poi davanti al carcere già ieri notte, stamattina volantinaggio per le vie della città e stasera assemblea pubblica, ore 19.30, in piazza Bellini, Napoli, cui invitiamo tutti a partecipare. Come invitiamo a partecipare alla Giornata internazionale del rivoluzionario prigioniero, venerdì 19 giugno prossimo, ore 17.30 in Galleria Principe di Napoli (ingresso via Pessina, zona Museo).
Sviluppiamo, dunque, un ampio fronte di solidarietà popolare, per i compagni presi e tutti quanti oggi sono e sono stati oggetto di intimidazioni, multe, denunce, fermi, arresti, manganellate come quelle volate a Bagnoli e Quarto il 25 Aprile scorso. Mobilitiamoci e coordiniamoci per costruire prossime iniziative al fine di imporre la scarcerazione immediata dei compagni. Passiamo dalla difesa all’attacco: riprendiamoci le strade e le piazze, allarghiamo il fronte della disobbedienza sociale (non pagamento delle multe, violazione organizzata di norme e dispositivi laddove non conformi agli interessi generali delle masse popolari, ecc.), usiamo l’arma della solidarietà per avanzare nella lotta per la costruzione un’alternativa di governo e di potere.
La repressione è un’arma a doppio taglio, per la classe dominante: può spaventare, certo. Alimenta, però, d’altro canto, l’odio di classe, poiché mostra il vero volto della classe dominante e in questo modo unisce il fronte di chi lotta. Diventa, dunque, un’occasione per noi. Un ambito della lotta di classe, un campo fondamentale per il nostro presente e per il nostro futuro, dove la solidarietà proletaria è arma. Che usiamo.
Non un passo indietro!
Pietro, Diego e Fabiano liberi subito!
Basta abusi in divisa!
Codice identificativo sulle divise!