La crisi da Covid-19 in questi mesi ha investito tutti i settori della vita delle masse popolari e dei giovani di queste aggravando problematiche già esistenti nella società capitalista. Da metà marzo scuole ed università sono rimaste chiuse sostituendo alla didattica tradizionale quella a distanza che ha impedito l’accesso all’istruzione a migliaia di studenti di ogni età per la mancanza di connessione internet e dispositivi elettronici. Un altro passo in avanti verso lo smantellamento della scuola pubblica e che ha contribuito, per via del lockdown, ad isolare i giovani e a richiuderli dento un mondo immaginario dove rifugiarsi anziché cambiare il mondo reale. Lo stesso i giovani operai e lavoratori, elementi delle masse popolari che con la pandemia hanno perso il lavoro, non hanno ottenuto la cassa integrazione o le indennità per i mille criteri di esclusione studiati dal governo, disoccupati e precari sono in aumento.
Per un giovane delle masse popolari dunque la reazione al corso delle cose può essere duplice: a) la rassegnazione (che sempre più vuol dire depressione, sfiducia e in qualche caso più disperato anche ricorrere a gesti estremi); b) Chiedersi cosa fare per farla finita con questa vita di precarietà, oppressione e sfruttamento generata dalla crisi economica aggravata oggi dal Covid-19.
Noi comunisti, a chi propende per la prima ipotesi diciamo di darsi una svegliata, alzare la testa e combattere per la propria vita! Ai secondi, invece, diciamo che la crisi non è altro che espressione di una fase di decadenza di un sistema economico e che per uscirne devono organizzarsi e coordinarsi per imporre un nuovo sistema economico, politico e sociale. A entrambi in definitiva indichiamo un’alternativa, l’unica per uscire dalla crisi: la rivoluzione socialista.
La storia dell’umanità ha dimostrato che tutte le trasformazioni sociali hanno avuto una fase di conquiste e allargamento di diritti a più individui. A tali conquiste, di solito, è seguita una fase smantellamento delle stesse che ha aperto a una nuova fase in cui raggiungere un livello ancora più alto. Per i borghesi (i padroni), ad esempio, la conquista è stata quella di non dover lavorare per dare da mangiare a una classe di parassiti come i nobili dell’aristocrazia di fine settecento, pur essendo loro una classe che ha avuto bisogno di creare una nuova classe da sfruttare per produrre, quella operaia.
Tutte queste trasformazioni fino ad oggi sono state prima realizzate e poi pensate dagli uomini. Questo perché l’umanità era ed è ancora nella sua fase immatura, ne è è il fatto che le classi dominanti ancora mettono al centro l’interesse individuale prima di quello collettivo. La borghesia ci insegna che il valore principale è la concorrenza, arrivare prima degli altri, lottare con gli altri perché solo uno su mille ce la fa. La Chiesa ci insegna che dobbiamo essere buoni, porgere l’altra guancia perché se a questo mondo siamo poveri e sfruttati avremo dopo la morte la nostra ricompensa ecc.
La verità è che l’umanità diventerà matura quando, dopo averlo pensato, applicherà un sistema economico diverso e più giusto, senza oppressione, sfruttamento e distruzione. Quel sistema è stato già pensato dagli uomini e si chiama comunismo. Il comunismo, però, non è mai stato applicato. Il comunismo è la fase matura della storia dell’uomo e richiede una fase di passaggio chiamata Socialismo: una fase in cui gli oppressi, la classe operaia in testa, prendono il potere per mezzo di una rivoluzione ed eliminano definitivamente dalla società tutte le concezioni e le idee arretrate, vecchie e ingiuste che l’umanità si è portata dietro nel corso dei millenni. Questa fase di passaggio è la fase di crescita dell’uomo, in cui si prepara ad essere per porre fine all’ignoranza, alla guerra; il Socialismo è la fase che prepara l’umanità al comunismo, una società senza classi, padroni, stato e sfruttamento dell’uomo sull’uomo: la società degli uguali.
Il Socialismo, a differenza del comunismo, è stato già applicato nel novecento. L’umanità in questo secolo ha fatto i primi tentativi in questa direzione. Questi tentativi sono stati quelli dei primi paesi socialisti. Le rivoluzioni che hanno portato alla costruzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche e alla Repubblica Popolare Cinese sono le più importanti ma tanti sono stati i paesi in cui la rivoluzione socialista ha vinto: Cuba, Vietnam, Corea, Jugoslavia, Albania, Germania dell’est, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e tanti altri ancora. Erano questi solo i primi tentativi, grazie ai quali la classe operaia a livello mondiale è riuscita ad ottenere grandi conquiste anche nei paesi capitalisti, come il diritto alle otto ore di lavoro, alla maternità, alla scuola pubblica, alla sanità pubblica e tanto altro ancora. Questi primi tentativi sono falliti a causa dell’inesperienza della classe operaia e a causa del fatto che la rivoluzione non avesse vinto in nessuno dei principali paesi imperialisti.
Dal bilancio di quella esperienza però noi comunisti traiamo insegnamenti e metodi per avanzare nella costruzione della rivoluzione socialista nel nostro paese. In tutte queste rivoluzioni i giovani hanno avuto, da sempre, un ruolo determinante. I più grandi protagonisti della storia del movimento comunista hanno mosso i primi passi e assunto grandi responsabilità quando erano giovanissimi. I giovani delle masse popolari oggi hanno davanti due scelte: combattere o farsi schiacciare.
In entrambi i casi deve valere la consapevolezza che il comunismo è inevitabile, è un percorso che fa parte della storia dell’umanità ma che per essere applicato una volta per tutte richiede lo sforzo, la forza e il contributo di tutti.
C’è tanto da fare e tutti possono fare qualcosa. Non bisogna che “tutti facciano tutto”, ma che ognuno faccia quello che può e che si sente in grado di fare, che sia di spinta e di esempio perché altri si attivino.
I giovani sono il futuro dell’umanità e il futuro dell’umanità è il comunismo.
Basta con l’oppressione, basta con lo sfruttamento, costruiamo il mondo nuovo partendo dalle misure concrete che possiamo adottare subito:
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organizzare nei propri quartieri squadre locali insieme ai lavoratori delle aziende chiuse e ai disoccupati per dare informazioni, distribuire materiali di protezione individuale, consegnare cibo e medicine di base a chi non è autosufficiente, rilevare dati e segnalare urgenze, aiutare il personale sanitario;
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sostenere quanti già si mobilitano per evitare che “l’emergenza” diventi il pretesto con cui eliminare diritti e tutele (licenziamento di massa, ferie forzate, ecc.), per rafforzare la sanità pubblica (requisire la sanità privata, per stabilizzare i precari e assumere disoccupati, per tutelare le partite IVA e gli altri lavoratori formalmente autonomi (reddito di quarantena).