In piena emergenza sanitaria mondiale, che negli USA sta producendo una catastrofe sociale e umanitaria, oltre che economica, l’Amministrazione Trump ha cercato di approfittare della situazione per aggravare l’attacco contro “gli Stati canaglia”, in particolare Cuba (vedi Resistenza n. 5/2020) e Venezuela. è in Venezuela che a inizio maggio ha organizzato un’aggressione militare finita con l’arresto dei mercenari e, soprattutto, dei funzionari della CIA che li capeggiavano e li avevano addestrati.
La politica aggressiva verso la Repubblica Popolare Cinese e la Russia, le restrizioni all’embargo contro Cuba e le manovre militari in Venezuela fanno da contraltare, sul piano interno, all’aumento del controllo e della repressione nei confronti delle masse popolari USA. Il 25 maggio la polizia ha ucciso nelle strade di Minneapolis George Floyd, un afroamericano, e la risposta rabbiosa delle masse popolari non si è fatta attendere: giorni e notti di rivolte, scontri, saccheggi hanno incarnato la ribellione di centinaia di migliaia di persone a fronte di questo ennesimo omicidio poliziesco a sfondo razziale per tutto ciò che esso rappresenta in una società dove essere poveri è un reato ed essere “negri” è un’aggravante.
Le rivolte di Minneapolis parlano di oppressione, di resistenza e di ribellione, alle masse popolari di tutti i paesi imperialisti e portano sul piano concreto ogni ragionamento sulla forza della classe dominante. La classe dominante è debole. I gruppi imperialisti sono deboli. I loro caporioni sono deboli. Ogni dimostrazione di forza e di violenza con cui ribadiscono il loro ruolo è in verità dimostrazione della loro debolezza e precarietà.
C’è un nesso, un filo rosso, che lega la resistenza dei paesi aggrediti dalla Comunità degli imperialisti UE, USA e sionisti, con la ribellione delle masse popolari dei paesi aggressori: la necessità e la volontà di liberarsi dalla stessa classe dominante che opprime gli uni e le altre.
Il mondo dei padroni è in fiamme. Non servono pompieri che spengano l’incendio, così come non bastano i “tifosi della rivolta” che si accontentano di contemplarlo. Bisogna promuovere la riscossa per costruire una civiltà nuova sulle macerie del vecchio mondo che sta bruciando.