Comunicati e prese di posizione pubbliche
Firenze, 16 aprile. Comunicato sindacale della RSU GKN: Non saremo foglie di fico della cosiddetta “fase due”.
O per capirci meglio: ma di che diamine di accordi stiamo parlando?
C’è una forza sociale in campo, pienamente schierata verso la fase due. è Confindustria. La stessa che negli anni ha dettato lo smantellamento del sistema sanitario pubblico e che ha fatto di tutto per impedire un reale lockdown. Dovrebbero essere rintanati a temere commissioni di inchiesta e rabbia popolare. Sono invece pienamente in sella a chiedere, pretendere, disegnare la “fase due”.
(…) Oggi più che mai “sicurezza” vuol dire la garanzia di uno stato sociale esteso, complessivo, globale.
Per questo è tanto più sbagliato rigettare sui singoli delegati sindacali o RLS, ma anche solo sul singolo territorio o sulle singole categorie l’obiettivo di firmare “protocolli” e “accordi” che magari pretendano di certificare o garantire “la sicurezza dei lavoratori”. Ed è sbagliato per diversi motivi.
Punto primo: perché a una forza sociale complessiva va contrapposta una forza sociale complessiva. Obiettivi generali necessitano di una mobilitazione generale. è necessario un’azione unificata e generale delle organizzazioni dei lavoratori ai fini di dettare sostanza, modi e tempi della “nuova normalità”. Non si può quindi tornare alla situazione precedente al lockdown dove in ordine sparso le singole aziende hanno iniziato a scioperare per imporre la chiusura delle produzioni non essenziali.
Punto secondo: non si può far finta che nulla sia successo. Non si può tornare al tavolo con le aziende facendo finta che in Lombardia e Veneto non sia avvenuto un vero e proprio crimine confindustriale. Non si può ricominciare senza un piano di lotta reale per rivoltare come un guanto tutto il sistema sanitario e di assistenza alla persona. Nel comparto sanitario in particolare, i nostri colleghi sono stati infettati, mandati al macello senza protezioni adeguate. Di questo stiamo parlando. Né si può tollerare che continui quel sistema di appalti e subappalti che più colpisce i lavoratori delle pulizie, altri grandi esposti di questa pandemia.
Punto terzo: la sicurezza è spesso esigibile per legge. Il datore di lavoro non deve mettere in campo le misure di sicurezza “per accordo” con le organizzazioni sindacali. Lo deve fare per legge. In base al Testo Unico sulla Sicurezza e ai vari DPCM fin qua varati. Questo non vuol dire che sindacato e lavoratori non abbiano ruolo. Anzi. RSU, RLS e organizzazioni sindacali, ma anche singoli lavoratrici e lavoratori, possono e devono vigilare e pretendere insieme agli organismi competenti che tale misure di sicurezza siano effettive, efficaci, chiare e scritte. Si può mettere in campo un’azione per migliorare la normativa vigente. La garanzia e la responsabilità della sicurezza è invece tutta in capo al datore di lavoro.
Il Testo Unico e i diversi provvedimenti governativi, con i rimandi ai diversi testi delle autorità sanitarie, già determinano e stabiliscono:
– l’obbligo di aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)
– l’obbligo di abbattere il rischio ambientale (in questo caso prendendo tutte le misure necessarie al distanziamento sociale di oltre un metro) dopo aver tentato di abbattere il rischio ambientale, fornire i dispositivi di protezione individuale
– al momento della consegna dei dispositivi di protezione individuale, fornire adeguata formazione sul loro uso, fare prova di vestibilità e specificare ogni quanto deperiscono e vanno cambiati
– le aziende devono garantire pulizia e sanificazione periodica. La sanificazione va ripetuta nel tempo, con periodicità, e deve essere certificata. Piani di pulizia e sanificazione che non comprendano potenziamenti del personale di pulizia, attraverso nuove assunzioni e/o ditte dedicate, sono evidentemente fittizi
– le aziende devono garantire il “tempo tuta” all’interno dell’orario di lavoro. Non solo la consegna delle divise da lavoro, ma anche la loro pulizia e sanificazione dovrebbe essere a carico dell’azienda
– tutti i diritti contrattuali e di legge, dall’assemblea sindacale fino a spogliatoio e mensa, devono comunque essere garantiti attraverso una loro riorganizzazione.
Aggiungiamo che le misure di scansione termica all’entrata del luogo di lavoro non hanno nessuna reale efficacia nel contenere il contagio: la febbre è solo uno dei sintomi, spesso la si sviluppa dopo giorni in cui si è positivi ed esistono gli asintomatici. In compenso violano lo Statuto dei Lavoratori e costituiscono un grave precedente. Semmai, per fare il punto zero sul contagio e isolare i focolai sarebbe necessaria una chiara politica pubblica sui tamponi.
Tutto questo deve e doveva essere fatto da ogni azienda, su ogni territorio, in ogni categoria per legge. Vale per le grosse aziende e a maggior ragione per le piccole, appalti, diretti o indiretti. E le organizzazioni sindacali, gli RLS ed ogni singolo dipendente possono pretendere che tutte le misure prese siano messe per iscritto, vigilare sulla loro effettività, chiederne l’implementazione e riservarsi di valutarle insieme agli organismi competenti.
Lanciarsi invece a firmare “protocolli” e “accordi” sulla sicurezza, magari lanciandosi in rassicurazioni che così “si può lavorare in sicurezza”, non ha nessuna effettività su quanto già deve essere garantito dalle aziende per legge. Nella migliore delle ipotesi ratifichiamo quanto già ci è dovuto, spacciandolo per una conquista. Nella peggiore delle ipotesi servono solo a lanciare un messaggio psicologico: tutto bene, si può ripartire.
(…) Non siamo noi coloro che hanno diretto la società, portandola a questo punto. Noi siamo stati a guardare mentre gli studiati, i grandi manager, gli economisti, i grandi giornalisti, pontificavano, spiegavano, giustificavano. Adesso siamo stufi e incazzati. Adesso è l’ora di parlare, pretendere, agire. Che l’organizzazione sindacale si metta a disposizione di questo sentimento. Prima che sia troppo tardi. L’ora dei giochini, dei proclami e degli equilibrismi è finita.
Forlì, 20 aprile. Da Altritmi, il giornalino della RSU dell’Electrolux:
Diffida accordo del 17 aprile 2020.
Con la presente siamo a diffidare le spettabili Società e Organizzazioni in indirizzo ad applicare l’accordo denominato ‘Linee guida di sicurezza Electrolux per la gestione dell’emergenza Covid 19’ firmato il 17 aprile 2020, a nome e per conto dei lavoratori e loro Rappresentanti Sindacali Unitari, stante la totale assenza di confronto, costruzione, condivisione, mandato e sottoscrizione su qualsivoglia testo di intesa comunque denominato, che rifiutiamo integralmente.
Ogni eventuale effetto che dovesse manifestarsi sui lavoratori diretto o indiretto, collegato alle loro condizioni di lavoro, di salute o di ogni altra situazione di nocumento, compreso eventuali effetti traslati o collegati su altre persone dal lavoratore (famigliari, conviventi, amici ecc.), in qualsiasi modo ricollegabili anche indirettamente agli effetti di intese imputabili ai singoli soggetti in indirizzo e loro delegati, gli stessi saranno chiamati a rispondere, in ogni sede, direttamente e personalmente oltre che in solido con l’Organizzazioni e/o Società per cui agiscono, di ogni eventuale effetto o danno comunque manifestatosi.
Azioni, che nel caso fossero necessarie, gli scriventi e loro rappresentati si riservano di promuovere individualmente e/o collettivamente in ogni sede.
Distinti saluti.
Cinzia Colaprico, Loretta Sabattini
Padova, 20 aprile. RSU Solera- Thermoform:
Caro ministro Patuanelli,
Noi il nostro lavoro lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo: prima abbiamo dovuto scioperare per avere DPCM, Cassa e Protocollo, poi abbiamo fatto accordi con linee guida per ridurre il rischio dentro le aziende. Più che lanciare date e dare aut aut bisogna che Lei ci dica cosa ha fatto per permettere le riaperture… rimangono sul tavolo alcuni grandi problemi non affrontati, la cui responsabilità è del governo e non può essere scaricata sui lavoratori e i cittadini come rischio sulla salute. Serve:
1) una decisione del governo di progressiva apertura sulla base delle indicazioni del comitato scientifico e non delle pressioni delle lobby.
2) un piano di sicurezza dei trasporti nei luoghi di lavoro.
3) un piano sanitario di salute pubblica nei luoghi di lavoro usando i migliori accordi e competenze scientifiche.
4) un piano di verifiche attraverso ispezioni preventive e di monitoraggio, investendo nell’assunzione di personale qualificato.
5) un confronto sui settori per un nuovo piano per le produzioni necessarie e l’innovazione eco e tecno.
6) un nuovo ammortizzatore sociale per realizzare le riduzioni di orario non penalizzando occupazione e salario.
7) un accordo che impedisca i licenziamenti e garantisca i precari attraverso una clausola semplice: chi non garantisce l’occupazione non accede ai finanziamenti pubblici.
8) lo stop alle cedole e ai dividendi finanziari per le imprese che accedono a finanziamenti pubblici.
9) favorire il rinnovo CCNL per generare domanda interna.
Pochi punti su cui sarebbe importante confrontarsi perché noi non vogliamo tornare al passato ma andare nel futuro.
Termoli, 22 aprile. Sindacato Operai Autorganizzati (SOA) in FCA:
Comunicato stampa. SOA e FLMu contro l’anticipo di riapertura. Non è un servizio essenziale: missiva indirizzata al prefetto di Campobasso, alla regione Molise, al sindaco di Termoli, al Presidente del Consiglio dei Ministri.
(…) Il Decreto Ministeriale anti Covid-19 ha prorogato i termini di chiusura per i servizi non essenziali fino al 3 Maggio 2020 salvo eventuali proroghe, ma la FCA chiede la riapertura dello stabilimento addirittura una settimana prima dell’indicazione data. È evidente che l’azienda multinazionale ha fretta di ripartire, ma (…) noi ci chiediamo nuovamente se produrre auto oggi, con una pandemia mondiale, sia una necessità. La FCA ha dipendenti che risiedono nei vari 37 comuni colpiti dal virus, nonché un numero alto di pendolari che per recarsi al lavoro richiedono spostamenti continui con conseguenti assembramenti, esterni ed interni ai luoghi di lavoro. Davvero la prefettura di Campobasso in primis si prende questa responsabilità? La regione Molise, come al solito impegnata nei balzelli politici di palazzo, non proferisce parola, così come il sindaco di Termoli che continua a guardare alla finestra. La nostra richiesta è chiara: che non siano autorizzate frettolose riprese delle attività lavorative non essenziali nella nostra regione.
Per SOA, Andrea Di Paolo
Per la FLMu CUB, Alfredo Tamburini