GLI AGNELLI-ELKANN E LA SETE DI PROFITTO DEI CAPITALISTI INDUSTRIALI D’ITALIA
Con la copertura del virologo Burioni, FCA ha concluso un accordo coi sindacati, firmato anche dalla FIOM, per riaprire i cancelli degli stabilimenti.
Una cosa è certa, gli operai di FCA non possono dormire sonni tranquilli dopo questo accordo e dopo le rassicuranti parole del direttore operativo della regione EMEA di Fiat-Chrysler, Pietro Gorlier, un fido scudiero degli Agnelli-Elkann, che afferma: “La salute e la sicurezza dei lavoratori sono le priorità principali di FCA”. Vada Gorlier a raccontare questa frottola alle migliaia di operai che soltanto a Torino da anni oramai fanno i conti con la cassa-integrazione, con il regime da caserma interno quando si ha la fortuna di lavorare, con la decadenza degli impianti produttivi. Vada a raccontarlo alle famiglie dei 4 operai morti nelle linee di produzione di FCA a cavallo tra 2019 e 2020 o a quelle dei 16 operai morti negli stabilimenti FCA negli Stati Uniti perché hanno contratto il virus. Vada a raccontarlo agli operai che a Torino, tra fine aprile e maggio saranno richiamati ad assembrarsi per produrre senza potersi avvalere, perché l’accordo FCA -sindacati non lo prevede, di tamponi e test sierologici che certifichino le condizioni di salute proprie e dei propri compagni di lavoro.
Gli Agnelli-Elkann con l’accordo per la riapertura di FCA hanno tirato la volata a tutti i fautori della riapertura indiscriminata delle attività produttive, dai governatori delle regioni del nord Italia (da Luca Zaia,Veneto, a Attilio Fontana, Lombardia, a Alberto Cirio,Piemonte) al sindaco di Milano Giuseppe Sala fino ai criminali ai vertici di Confindustria. Un comunicato che l’azienda ha pubblicato il passato 22 Aprile annuncia la riapertura degli stabilimenti per le lavorazioni sulla “500 BEV” e chiede a 300 operai di tornare a lavorare oltre a quelli già presenti in azienda, a dimostrazione del fatto che della tanto sbandierata “salute degli operai” agli Agnelli-Elkann non importa niente, preferiscono piuttosto avere il portafogli pieno.
Edi lazzi, della FIOM CGIL di Torino, sindacato firmatario dell’accordo, ha dichiarato “Ad un certo punto bisognerà ripartire, questa è una decisione che spetta al Governo che, dal mio punto di vista dovrà prendere senza fretta, rigettando al mittente le pressioni che si stanno esercitando sapendo che non possiamo permetterci errori rischiando un nuovo aumento dei contagi, meglio procedere con la dovuta cautela”. Cominci la dirigenza FIOM con il rigettare al mittente le pressioni dato che ha sottoscritto un accordo in cui non c’è traccia di ciò che è essenziale per la riapertura: tamponi ed esami sierologici per tutti gli operai che verranno richiamati in produzione! Perché, come è noto e risaputo, si può contrarre il corona virus da asintomatici e non sottoporre gli operai a questi esami prima che ritornino a concentrarsi nei capannoni, è semplicemente criminale.
A marzo la pressione esercitata dagli operai FCA, compresi quelli torinesi (con scioperi, astensioni dal lavoro e messa in malattia in massa), è stata determinante nel trascinare tutta la classe operaia e imporre al governo Conte di applicare delle restrizioni alle produzioni non essenziali (che a marzo, lo ricordiamo, i padroni, compresi gli Agnelli – Elkann, cercavano di tenere aperte ad ogni costo).
Oggi gli Agnelli – Elkann e il resto del padronato tornano all’attacco per promuovere una riapertura generalizzata, con il governo Conte a prestargli il fianco. Allora significa che l’organizzazione e la mobilitazione messa in campo dagli operai FCA a marzo per fermare la produzione (che avrebbe dovuto procedere a scapito della loro salute e a beneficio dei profitti del padrone) debba tornare ad occupare la scena:
– per vigilare sulla rigida applicazione delle norme di sicurezza prescritte nell’accordo FCA -sindacati ed impedire che diventino uno specchietto per le allodole, di quelli che gli Agnelli-Elkann, i loro capi e sindacalisti complici sono abituati a diffondere,
– per imporre l’applicazione delle norme di sicurezza che l’accordo FCA – sindacati, nel suo portato criminale, non prevede: tamponi e test sierologici per tutti,
– per far saltare ogni attacco al salario e ai diritti sindacali (già duramente menomati in FCA) con la scusante dell’emergenza virus.
La classe operaia torinese vuol tornare a produrre ed ha ragione a volerlo. Tenere le fabbriche aperte e in produzione è la migliore garanzia contro delocalizzazioni e chiusure che il padronato, senza scrupolo alcuno, realizzerebbe anche in una situazione come questa. Anzi, l’emergenza è un’occasione per tutti i grandi capitalisti industriali per lanciarsi in nuove operazioni di pirateria.
La classe operaia, da Torino ad ogni città d’Italia, non deve andare in terapia intensiva! E’ facendo leva sul fatto, oggi più che mai conclamato, di appartenere alla classe su cui si sorregge il paese, che gli operai devono e possono far valere tutta la loro forza. Per tornare a produrre si, ma alle condizioni della loro dignità, sicurezza e benessere. Non a quelle dettate da capitalisti industriali, politici lacchè e sindacati unti dai primi e dai secondi.
Che Torino operaia, all’altezza della sua storia, dia anche oggi l’esempio al resto della classe operaia del paese.