[Internazionale] General Electric: la mobilitazione degli operai per convertire la produzione

 

Rilanciamo una traduzione di un articolo della rivista Vice USA. Vice è una rivista diffusa principalmente in Canada e Stati Uniti, parte del gruppo Vice media che include, oltre alla rivista (con una tiratura poco sotto il milione di copie nel mondo), un canale di notizie, una casa filmografica, studi di registrazione e una casa editrice. È una rivista degli ambienti della sinistra borghese nord americana che qui riporta un’inchiesta e alcune dichiarazioni fatte da sindacalisti americani dell’Industrial Division of the Communications Workers of America.

L’articolo tratta delle mobilitazioni degli operai della General Electric, un’azienda che solo negli USA impiega più di 70000 operai. L’azienda in questa fase di ascesa della pandemia in USA sta licenziando decine di migliaia di operai e tenendo gli stabilimenti fermi. Gli operai con scioperi, picchetti e presidi hanno chiesto, in sostanza, due cose molto semplici.

La prima: che la gigantesca somma di soldi pubblici messa a disposizione dal governo per le imprese (si parla di più di 800 miliardi di dollari) sia impegnata per far lavorare gli operai licenziati e gli impianti fermi per produrre ventilatori. Il Sistema sanitario privatizzato Usa sta mostrando in questo periodo il livello di barbarie cui può giungere il capitalismo, con miglia di morti sotterrati in fosse comuni nello stato di New York (chi non ha i soldi per l’assistenza o nemmeno per un funerale) o abbandonati in sacchi bianchi nelle stanze di ospedale. 

La seconda: sicurezza sul lavoro. I protocolli, la scienza, le competenze per rendere sicuri i lavori necessari esistono. Che vengano applicati. A quanto pare l’azienda si distingue per lasciare ammassare i lavoratori malgrado siano già emersi casi postivi nei sui vari stabilimenti, il tutto senza DPI. Del resto la GE, per intenderci, è la stessa che nel 1993 ha rilevato lo stabilimento della Nuovo Pignone a Massa, dove si è di recente messa in mostra per aver attentato alla vita degli operai con gli stessi identici metodi con cui gestisce i suoi stabilimenti in USA.

Questo articolo mostra bene come le misure che la Carovana del (n)PCI sta proponendo (vedi a questo proposito l’Avviso ai naviganti 100 diffuso dal (n)PCI), sono possibili e necessarie. Misure come la riconversione delle aziende per produrre cose che servono ai malati e alla popolazione (fino a ieri ci hanno detto che non ci sono posti in terapia intensiva mentre lasciavano che aziende come la Leonardo – che ventilatori potrebbe produrre – continuasse a produrre armi) sono possibili e necessarie. Misure come la sanificazione degli ospedali, dei luoghi di lavoro, sono demandate ai singoli padroni o dirigenti, che nella loro “giurisdizione” sono liberi di lasciar ammalare i lavoratori (o addirittura, come fanno con gli infermieri, di mandarli a lavoro malati pur di non assumerne altri).

Queste misure sono le misure che servono a far fronte alla crisi ma nessun governo che sia espressione degli interessi dei padroni e dei loro commensali può prendere queste misure.

Per questo, affinché si avveri quello che il compagno americano dice in questa intervista, affinché i lavoratori possano dirigere il processo della messa in atto delle misure necessaria a far fronte alla crisi, è necessario organizzarsi e coordinarsi su ogni territorio. Mettere in piedi coordinamenti operai in ogni azienda che indichino e vigilino sulle misure di sicurezza, si leghino ai sanitari, propongano soluzioni (come hanno fatto questi operai americani) e le impongano con la mobilitazione.  

La settimana rossa ci sta venendo incontro! 10, 100, 1000 iniziative per una nuova governabilità dal basso!

***

I lavoratori della General Electric in mobilitazione per produrre ventilatori su scala nazionale.

I lavoratori dicono che in quattro stabilimenti gli impianti possono essere riconvertirti per produrre ventilatori.

di Edward Ongweso Jr.

8 aprile 2020

 

Mercoledì i lavoratori della General Electric (GE) si sono mobilitati perché i loro stabilimenti, che oggi producono componenti per aeroplani, vengano riconvertiti per produrre i ventilatori necessari a combattere il coronavirus. La mobilitazione è partita la scorsa settimana dallo stabilimento di Lynn, in Massachusetts, sede di un polo aeronautico, e dalla sede centrale di Boston. Poi, a partire da mercoledì, la mobilitazione si è estesa con presidi davanti a quattro fabbriche: Schenectady nello stato di New York, Dallas in Texas, Salem in Virginia e nuovamente presso la struttura di Lynn.

Organizzate dalla Industrial Division of the Communications Workers of America (IUE-CWA) [Divisione industriale dei lavoratori americani delle comunicazioni – NdT], le mobilitazioni condividono metodi e obiettivi. Visti gli esuberi e la chiusura degli stabilimenti, i membri della IUE-CWA chiedono all’azienda di riconvertire la forza lavoro e gli impianti fermi per “accelerare la produzione di ventilatori salvavita” per i pazienti Covid-19. I lavoratori chiedono anche migliori protezioni nelle fabbriche che sono ancora in funzione.

A livello nazionale gli esuberi in GE ammontano al 10 percento della forza lavoro dell’azienda impiegata nel settore dell’aviazione – circa 2600 lavoratori – e al 50 percento degli addetti alla manutenzione. Questo per l’azienda si tradurrà in un risparmio che oscilla “dai 500 milioni di dollari al miliardo”. GE afferma di aver intenzione di rifiutare i fondi del pacchetto di salvataggio appena stanziati per la crisi del coronavirus. Questi fondi potrebbero includere 50 miliardi di dollari provenienti direttamente dal governo federale, 24 in prestiti e agevolazioni fiscali per l’industria aeronautica, nonché altri 17 miliardi stanziati per aziende “cruciali per la sicurezza nazionale”. Fondi con cui si potrebbero evitare i licenziamenti.

“Invece di lasciare i lavoratori a casa, si colga l’opportunità per costruire ventilatori”, ha detto a Motherboard [sezione tecnologia del sito di informazione Vice – NdT] Carl Kennebrew, presidente di IUE-CWA, che rappresenta i lavoratori di GE Aviation. “Abbiamo le conoscenze e le competenze per svolgere il lavoro. Penso che potremmo soddisfare l’intera domanda nazionale attualmente necessaria, semplicemente non ci è data la possibilità di farlo”. Tra l’altro, GE ha stretto vari accordi con Ford tali per cui gli impianti della casa automobilistica già oggi vengono usati per produrre ventilatori progettati e inizialmente creati dalla divisione Healthcare [salute – NdT] di GE.

Inoltre, il sindacato chiede che vengano rafforzate le misure di sicurezza e negli impianti GE che devono rimanere aperti, in una fase in cui la pandemia peggiora negli Stati Uniti. Tra le richieste del sindacato ci sono: 1) l’installazione di attrezzature adeguate per misurare la temperatura corporea di ogni persona che entra in una struttura GE; 2) il coinvolgimento di esperti di salute e sicurezza sul lavoro per progettare protocolli adeguati; 3) integrazioni salariali che tengano conto del rischio; 4) adeguata fornitura di DPI; 5) messa dei dipendenti a rischio (coloro che hanno patologie pregresse, che vivono con persone immunodepresse o con sintomatici, ecc.) in condizione di autoisolarsi attraverso il riconoscimento di un salario durante la permanenza a casa, ricorrendo alla mutua o l’indennità di disoccupazione garantita dalla legge CARES.

Walkter Bradford, presidente della sezione 86788 di Dallas, in Texas, ha affermato che GE non sta prendendo sul serio la minaccia che Covid-19 rappresenta per i lavoratori e le loro famiglie. “Non abbiamo disinfettante per le mani né salviette igienizzanti per le superfici. Stiamo pulendo le cose con la soluzione Clorox [candeggina in polvere – NdT], ma non penso sia il modo corretto di pulire” – ha aggiunto Bradford. “Non credo che abbiano capito cosa sia davvero questo virus”. Agli stabilimenti della GE, inclusa la struttura di Lynn, dove è in corso una protesta, sono già stati confermati casi di coronavirus. La preoccupazione è che tra i piani degli stabilimenti dove lo spazio è molto limitato possa svilupparsi un vero e proprio focolaio.

“Non hanno fatto tutto quello che era possibile fare in termini di misure preventive. Stanno facendo una cosa diversa in ogni stabilimento, e questo è uno dei punti per quanto ci riguarda. Non c’è coerenza sulla linea a cui attenersi per le misure di sicurezza”, ha detto Kennebrew. “È abbastanza evidente in tutti gli stabilimenti che per i lavoratori è impossibile mantenere la distanza di sicurezza di sei piedi [un metro e ottanta – NdT]. Come sapete, i lavoratori in fabbrica sono costretti a lavorare gomito a gomito e quindi in alcuni casi ci è stato impossibile mantenere le distanze. Ci sono situazioni in cui i lavoratori devono condividere strumenti e attrezzature. Ogni postazione è una storia a sé”.

Quando gli è stato chiesto se pensava che GE avrebbe risposto positivamente alle richieste dei lavoratori, Kennebrew si è mostrato fiducioso: “Sono i lavoratori a dirigere in questa fase, come è sempre successo in momenti come questo. Che fosse una guerra, una pandemia, una crisi, o qualunque cosa sia stata, la soluzione è sempre venuta dai lavoratori americani e così sarà anche questa volta” – ha detto. “I membri del nostro sindacato sono in prima linea là fuori: nelle fabbriche, negli ospedali, nell’ottica, nell’assistenza sociale, nella manutenzione, nella costruzione di aerei militari. Sono in prima linea. Continuano ad andare al lavoro tutti i giorni, come sempre, per permettere al Paese di continuare a funzionare e, mentre lo fanno, meritano tutta la sicurezza possibile e necessaria”.

GE non ha voluto rilasciarci dichiarazioni in merito a questo articolo ma, dopo le proteste della scorsa settimana, ha dichiarato a Motherboard che “lavora senza sosta per aumentare la produzione delle attrezzature mediche necessarie. GE Healthcare ha già raddoppiato la sua capacità produttiva di ventilatori, e ha in piano di raddoppiarla ancora entro giugno, oltre a collaborazione già avviata con Ford Motor Company”.

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