Riaprire le attività produttive non essenziali è un delitto!
Organizzarsi e mobilitarsi per impedirlo!
I
padroni di Confindustria e i loro lacchè nel teatrino della politica
borghese si affannano a comandare la riapertura nei tempi più rapidi
delle attività produttive anche di beni e servizi non essenziali.
Già il decreto del 23 marzo lasciava ampissima libertà di manovra
ai padroni, riconoscendo
il carattere essenziale a una sfilza di attività produttive e ai
relativi codici ATECO e assegnando ai padroni che non rientravano nei
parametri di poter derogare ai divieti governativi autocertificando
il carattere essenziale della loro attività produttiva. Sono 71000
le aziende che con il silenzio-assenso dei Prefetti (e quindi del
governo centrale) si sono autocertificate come “essenziali” per
poter continuare a produrre e di queste il 67% è dislocato tra
Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le regioni più
colpite dall’emergenza sanitaria.
Il
governo Conte, con il nuovo DPCM in via di approvazione, peggiora
ulteriormente il quadro, andando incontro alle pretese di
Confindustria di una ripartenza generalizzata delle attività
produttive non essenziali e a quelle delle Larghe Intese che, dove
hanno potuto, hanno di fatto sabotato anche le poche restrizioni alle
attività produttive fissate dal governo. Addirittura Zaia ha messo
il governo di fronte al fatto compiuto che nella sua regione, il
Veneto, al 9 aprile il lockdown non esisteva più e il 60% delle
aziende ha riaperto. C’è da stare certi quindi che condizioni e
restrizioni indicate nel nuovo decreto, saranno all’atto pratico
un’altra foglia di fico a copertura delle libertà padronali e una
ulteriore vessazione per lavoratori e masse popolari. I padroni
saranno ancora più liberi di continuare a valorizzare i propri
capitali e generare pericolosi assembramenti, gli operai e le masse
popolari continueranno ad essere vessati, multati e costretti a
mettere a rischio la propria salute per gli interessi dei
capitalisti.
E’
oramai conclamato che la sete di profitto dei capitalisti
industriali, insieme allo sfacelo del servizio sanitario nazionale, è
la causa principe dell’enormità della diffusione del contagio da
Coronavirus nel nostro paese. Basta confrontare la mappa delle
principali concentrazioni industriali del paese con quella della
diffusione del contagio per rendersene conto.

Le
regioni a più alta concentrazione industriale sono anche le regioni
in cui, in assenza di qualsiasi dispositivo di prevenzione e
sicurezza, nei luoghi della produzione si sono protratti per alcuni
mesi assembramenti (quelli degli operai costretti in produzione per
valorizzare i capitali dei padroni) che hanno fatto dilagare il
contagio. Mentre ciò accadeva, Confindustria diffondeva messaggi
rassicuranti ai suoi soci iscritti, ai clienti e agli investitori
internazionali e dettava legge a governo e amministrazioni locali per
impedire l’adozione di misure che ne rallentassero gli affari. Fino
al punto di generare l’insubordinazione dei propri stessi
sottomessi, come il sindaco PD di Brescia, Del Bono, che ha sbottato
contro i padroni addebitando il disastro sanitario alla “colpa dei
padroni delle industrie” (intervista a Il Fatto Quotidiano
del 17 marzo).
Eppure,
nonostante l’evidenza della situazione, i capitalisti industriali
pretendono imperterriti la riapertura delle aziende fino a sfociare
nella più bieca intossicazione.
Esemplare il caso del presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, che a proposito dell’emergenza sanitaria nella sua regione, è arrivato al ridicolo di addebitare la concentrazione dei contagi alla presenza massiccia di allevamenti animali che avrebbe favorito il contagio. Certo, come no! Bonometti dimentica solo di specificare il nome della razza animale che ha fatto esplodere il contagio in Lombardia, quella cui anche lui appartiene, quella dei capitalisti!

All’avanguardia
del capitalismo industriale nostrano ovviamente non potevano mancare
le gesta degli Agnelli – Elkann, padroni del gruppo FCA e dei
relativi satelliti, il più grande gruppo industriale del paese. Dai
tempi del piano Marchionne (2010) con cui hanno ridotto all’osso la
produzione automobilistica in Italia e attaccato duramente le
condizioni di lavoro, gli interessi e i traffici degli Agnelli –
Elkann godono in Italia dell’extra-territorialità che lo Stato
riconosce alle potenze estere occupanti (Vaticano e USA in testa).
Un’extra-territorialità che vale anche nel pieno dell’emergenza
sanitaria, definendo in anticipo rispetto alle disposizioni dello
stesso governo Conte, tempi e modi della riapertura degli
stabilimenti italiani nonchè i salassi da applicare ai propri
dipendenti, come l’imposizione della riduzione del 20% dello
stipendio dei dipendenti FCA per almeno tre mesi a partire dal 1
aprile.
Ma
l’attacco al salario e ai diritti dei lavoratori non è prerogativa
dei soli Agnelli-Alkann. Da un capo all’altro del paese, denuncia
giustamente il sindacato Confederazione Unitaria di Base (CUB), i
padroni adottano misure arbitrarie, illegittime e illegali a danno
del salario e dei diritti dei lavoratori. In alcuni casi licenziando
di fatto i dipendenti “invitandoli” a non recarsi al lavoro, in
altri casi costringendoli ad attingere dalle ferie e permessi
maturati e non ancora usufruiti. In entrambe le situazioni scaricando
sul lavoratore l’impossibilità dello svolgimento della prestazione
lavorativa a causa della pandemia in corso.

Operai, lavoratori, compagni!
I capitalisti stanno ovunque facendo carte false per far ripartire la produzione senza scrupolo per la catena di morte che hanno generato fino a questo momento e che non potrà che protrarsi a fronte di una riapertura generalizzata delle attività produttive. Il governo Conte II, al guinzaglio del PD, del sistema delle Larghe Intese e dei padroni di Confindustria, al di là delle chiacchiere e delle lacrime di coccodrillo, glielo sta consentendo e si prepara a spianare ulteriormente la strada ai Bonometti e agli altri criminali della sua razza.
Bisogna guardare in faccia alla realtà: se una parte delle attività produttive non essenziali sono realmente state interrotte e se in alcune attività produttive essenziali sono stati adottati i necessari dispositivi anti-contagio, ciò è potuto avvenire soltanto grazie alla mobilitazione e all’organizzazione che avete messo in campo.
Mobilitazione: con gli scioperi, le astensioni dal lavoro e la messa in malattia in massa che nel mese di marzo, in ogni grande concentrazione industriale, hanno piegato il padronato che vi voleva ancora a produrre beni e servizi non essenziali, mentre nel paese il contagio si diffondeva a ritmo vorticoso.
Organizzazione: con le mille iniziative di denuncia, informazione e vigilanza sull’applicazione nelle aziende dei dispositivi di sicurezza e igiene contro il contagio.
Oggi
il padronato unito torna all’attacco, Confindustria e i suoi
lacché pretendono la riapertura delle attività produttive su larga
scala. Si, se l’emergenza sanitaria è finita e il rischio contagio
è esaurito. Fosse così, non solo dovrebbero riaprire le fabbriche
ma andrebbero eliminate anche le misure da stato di polizia in atto
contro lavoratori e masse popolari.
Tuttavia
l’emergenza sanitaria non è affatto finita e neppure il rischio
contagio, quindi bisogna sbarrare la strada al tentativo padronale di
riaprire le attività produttive non essenziali.
Operai, lavoratori, compagni! Nel mese di marzo non ci ha pensato il governo Conte a fermare gli assembramenti nelle attività produttive non essenziali. Il governo è stato costretto ad assumere ciò che voi gli avete imposto, con la vostra organizzazione e mobilitazione. Conte ha soltanto ratificato (per poi rimangiarsi tutto un pezzo alla volta) ciò che la classe che fa funzionare realmente il paese, la classe operaia, gli ha imposto! Oggi che il padronato torna all’attacco per far ripartire le produzioni non essenziali ancora nel pieno dell’emergenza sanitaria è di nuovo necessaria la vostra mobilitazione e organizzazione!
10, 100, 1000 iniziative per organizzare astensione dal lavoro, messa in malattia e scioperi diffusi e di massa:
- per chiudere le aziende che producono beni e servizi non essenziali !
- per chiudere le aziende che continuano a produrre beni e servizi non essenziali senza condizioni di sicurezza per la salute degli operai!
- per organizzare la vigilanza operaia sulle aziende avviate a morte lenta prima della pandemia e che oggi i padroni, approfittando dell’emergenza sanitaria, vogliono chiudere definitivamente: nessun macchinario deve uscire e la riapertura deve essere fatta in condizioni di sicurezza!
- per la nazionalizzazione di tutte le attività produttive in cui i padroni fanno fagotto, nei casi in cui ciò avviene per delocalizzare e continuare a fare profitti all’estero e nei casi in cui ciò avviene perchè sono effettivamente messe in crisi (perdita committenti, mercato, ecc.)!