Lettere e contributi

Pubblichiamo gli stralci di due lettere che, nella loro diversità, sono utili a sviluppare il ragionamento e il dibattito.

Da Napoli.

Cari compagni e care compagne,

(…) Mi chiamo AO, ho 35 anni e sono, come molti di voi, un ingranaggio produttivo nella grande catena di montaggio chiamata società moderna. Ho avuto la fortuna, quindici anni fa, di entrare in una grande azienda per la quale sono sempre stato un operaio modello. Inizialmente mi ero convinto che i tempi fossero cambiati e che fossi considerato più di un semplice numero di serie sul badge di marcatura. Purtroppo, col trascorrere degli anni , è cresciuta in me la consapevolezza di quanto non fossero stati i tempi a cambiare, bensì noi stessi e le nostre priorità, e con esse, irrimediabilmente, la capacità degli operai tutti di riconoscersi, unirsi e difendersi in una classe unita e compatta.

Vedevo me e i miei colleghi affliggerci in maniera costante e crescente la quotidianità a causa di catene invisibili forgiate dalle nostre stesse mani. Prestiti e mutui servivano a compensare una paga base e contingente sempre più bassa rispetto ai costi della vita e per pagare quei vizi divenuti necessari per sopportare turni e mansioni sempre più stancati e alienanti, con l’illusoria e pubblicitaria convinzione che: “per pagare c’è sempre tempo”! Intanto i padroni ci concedevano, come benefattori, l’occasione di fare straordinari, e noi davamo sempre più vita per ricevere in cambio altre catene.

I sindacati, vi starete chiedendo, cosa hanno fatto per difenderci dalla nostra cieca cupidigia e ignoranza? Come hanno tutelato i nostri stipendi e il costo del lavoro dalla globalizzazione e dalla ignobile delocalizzazione ? In nessun modo! Basti ricordare la cancellazione dell’articolo 18, per cui dobbiamo incolpare in gran parte solo noi stessi e i sindacati tutti. Abbiamo permesso che i mercati e i padroni ci disgregassero e ci ottundessero difronte alle luci abbaglianti di abiti alla moda, di cellulari sfavillanti e di social ipnotici che hanno messo in vetrina, in maniera crescente, un nuovo modello di vita che sarebbe ritenuto criminale in una società assennata e che di contro è ammirato e desiderato soprattutto dai più giovani nella nostra : quello degli influencer.

Questi neo-imprenditori non fanno altro che vendere fumo dietro cui si mal cela un consumismo frenetico e spietato.

Cosa voglia dirvi in chiusura a tale lettera? Aiutiamoci a liberarci da queste catene tanto pesanti quanto IMPERCETTIBILI! L’OMS ha dichiarato nei giorni scorsi la PANDEMIA , e noi, alla stregua di SOLDATI in GUERRA, non possiamo abbandonare la missione di produrre beni non essenziali alle masse come se si trattasse in ogni caso di medicine o alimenti, per non danneggiare le quotazioni di mercato. Dobbiamo così mettere a rischio la salute nostra e quella dei nostri cari per il Dio DANARO e suo figlio l’indice NASDAQ. Aiutiamoci a riprenderci la consapevolezza di essere NOI i mercati e pertanto di essere NOI, a dover decidere il nostro futuro e il nostro benessere. Grazie per il tempo che mi avete concesso e scusatemi nel caso in cui ve ne abbia rubato troppo. Il mio è stato solo un tentativo, mi auguro non vano, di sensibilizzarci a riprendercelo tutto il tempo, per plasmarlo e renderlo più a misura di esigenze UMANE e REALI!

Da Brescia.

Il Coronavirus inizia la sua diffusione nell’area più produttiva della Cina. Un paese che negli ultimi 30-40 anni si è aperto in parte all’economia di mercato ma è ancora diretto da un partito comunista e conserva quindi una impostazione socialista. (…) Nonostante tutto un paese socialista, riesce in poco tempo a

1. isolare una regione di 60 milioni di abitanti, impedendo la circolazione agli individui;

2. chiudere qualsiasi attività industriale non necessaria;

3. distribuire capillarmente anche fra la popolazione i Dispositivi di Protezione Individuale;

4. costruire vari ospedali da migliaia id posti letto nel giro di 10 giorni.

Queste azioni (…) sono un risultato STRAORDINARIO che solo un paese socialista può mettere in campo. Solo un paese che antepone agli interessi individuali (della classe capitalista) gli interessi di salute della collettività. (…) In Italia si è riusciti a impedire la circolazione degli individui, ma non a fermare le aziende. Confindustria non vuole (…). Questa posizione dei padroni si impone a livello governativo e scatena il malcontento tra la classe operaia che ha manifestato con scioperi per la serrata delle aziende. Scatena quindi lotta di classe! E’ come se il virus avesse portato chiaramente, agli occhi delle masse popolari, la semplicità della realtà dei rapporti di forza e della lotta di classe che per tanti anni la democrazia borghese ha camuffato agli occhi dei meno attenti, dei meno politicizzati, quindi della maggior parte della “nostra gente”.

(…) Penso che inizialmente tutti noi siamo stati scettici sulla potenza di questo virus. Si criticava, giustamente, l’allarmismo dei media, si dubitava della reale incidenza mortale della malattia. Il problema è sorto quando ci si è resi conto che le strutture ospedaliere avevano già i reparti di terapia intensiva al collasso, in una regione come la Lombardia, indicata come il faro della sanità italiana. (…) Ecco, da questo momento è cambiata anche in me la percezione del problema. Infatti, se potevo mettere in discussione il lavoro dei media che facevano a gara a chi montava di più la paura, non potevo essere indifferente al lavoro del personale sanitario interessato che sempre più gridava all’emergenza. Cosa fare? Pur essendo partito dallo scetticismo, io uomo sano di 40 anni potevo agire in maniera da evitare di essere un vettore dell’infezione.

(…). Questo pensiero a mio avviso e’ stato fatto dalla gran parte della popolazione. Per questo sono state accolte le richieste del governo di circolare il meno possibile e di evitare assembramenti da gran parte della popolazione. Abbiamo secondo me assistito al meccanismo per cui tanti hanno cominciato ad anteporre l’esigenza collettiva alla libertà individuale! Questo è stato un altro risultato di questa epidemia: la dinamica che si è innescata tra molti è stato il pensare al bene collettivo rispetto alla libertà individuale. Questo e’ un altro aspetto straordinario, non automatico per chi è cresciuto e si è formato in una società capitalista e quindi estremamente individualista come la nostra!

Per questo motivo non condivido l’atteggiamento complottista di alcuni compagni che denunciano questa situazione di emergenza come la testa di ariete per ottenere la restrizione delle libertà individuali. Al momento non è a mio avviso assolutamente condivisibile. Questa coscienza collettiva che sacrifica l’individualità è invece un altro risultato straordinario che dovremmo imparare a valorizzare. (…)
AP

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