Celebriamo il 75° Anniversario della Liberazione dal nazifascismo riprendendo l’esperienza del Comitato di Liberazione Nazionale
Si susseguono denunce sulla gestione dell’emergenza da parte del governo, sulle responsabilità dei tagli alla sanità pubblica, sulle pericolose conseguenze della militarizzazione del territorio. Portavoce di movimenti, grandi associazioni nazionali, dirigenti di sinistra, sindacati di regime e di base stanno usando l’autorevolezza di cui godono fra ampi settori della classe operaia e delle masse popolari per mettere in chiaro tutto quello che non va. E fanno bene. Ma se vogliono avere un ruolo davvero positivo in questa situazione devono fare un passo in più: devono usare la loro influenza, le loro conoscenze, gli strumenti, le risorse e le relazioni derivanti dalla loro posizione per promuovere l’organizzazione e la mobilitazione della classe operaia e delle masse popolari.
Devono coordinarsi e costituire un nuovo CLN che abbia, riportato all’oggi, lo stesso ruolo che ebbe il CLN durante l’occupazione nazista. Oggi il paese non è occupato dai funzionari del capitale in uniforme nazista, ma da quelli in giacca e cravatta, a uccidere non sono le squadracce fasciste e le SS, ma è un virus, la distruzione non è provocata dai bombardamenti, ma dalla frantumazione del sistema economico e finanziario che strangola l’economia reale.
E’ il momento di passare dalla denuncia all’assunzione di responsabilità. Di usare e far valere l’organizzazione, i mezzi, i soldi e le risorse e la capillare presenza sul territorio di ARCI, ANPI, LIBERA, CGIL, FIOM, EMERGENCY, ecc. Devono mettersi in gioco i sindacati dei medici, degli infermieri, degli operatori della sanità, le Pubbliche Assistenze, i consorzi di produzione e distribuzione, gli eletti a tutti i livelli del M5S e le Amministrazioni locali.
Cosa deve fare il nuovo CLN? Deve iniziare ad attuare le misure necessarie, partendo da ciò che già oggi è possibile fare
1. Reperire in modo indipendente dalle autorità statali i Dispositivi di Protezione Individuale adeguati a tutelare il personale medico e sanitario. Questo implica anche iniziare a organizzarne direttamente la produzione. Distribuire capillarmente i DPI secondo criteri trasparenti e pubblici (evitare corse all’accaparramento).
2. Reperire beni di prima necessità e a lunga conservazione da distribuire in modo coordinato e organizzato alla popolazione delle zone più colpite secondo criteri trasparenti e pubblici e in modo da tutelare sia chi si occupa della distribuzione che chi ne usufruisce (fare in grande quello che già fanno a livello territoriale le Brigate di Solidarietà).
3. Garantire, con criteri trasparenti e pubblici e attraverso fondi speciali, di cui il CLN si fa garante, il “reddito di quarantena” per ogni adulto in stato di necessità (badanti, baby sitter, disoccupati, sottoccupati, lavoratori in nero) che oggi il ridicolo Decreto “Cura Italia” abbandona a se stesso.
4. Imporre con la politica del “fatto compiuto” la riapertura degli ospedali chiusi a seguito dei tagli alla sanità che ancora funzionano o potrebbero tornare a essere funzionanti attraverso minime opere di recupero (riaprirli senza aspettare le autorità e le istituzioni: in ogni regione e in ogni provincia la lista è lunga, iniziamo a individuarli, a “schedarli”). Allestire subito ambulatori attrezzati a gestire l’assistenza “ordinaria” che oggi viene trascurata o elusa (quante sono le persone chiuse in casa senza diagnosi e senza cure adeguate?).
5. Organizzare l’astensione di massa dal lavoro nelle aziende la cui produzione non è necessaria a fare fronte all’emergenza sanitaria e sociale e la mobilitazione degli operai e dei lavoratori non impiegati nelle attività necessarie.
L’esperienza del CLN nella Liberazione
Tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943, la classe dominante italiana travolta da una disfatta bellica ormai sicura, decide di sbarazzarsi di Mussolini e dell’alleanza con la Germania di Hitler. In tutta Italia cominciano a formarsi spontaneamente, nelle aziende, nei quartieri e nei caseggiati, comitati popolari che si pongon l’obiettivo di condurre fino alla vittoria la guerra di liberazione contro il nazifascismo. Il 9 settembre ’43, i sei principali partiti antifascisti (comunisti, socialisti, liberali, democristiani, azionisti, demo-laburisti) costituiscono il Comitato di Liberazione Nazionale, un organismo centrale che ha il compito di coordinare l’azione dei comitati già esistenti, promuovere la formazione di nuovi comitati, inserirli in un quadro nazionale. Il CLN agisce come governo alternativo del paese, in grado di contendere colpo su colpo il potere al governo ufficiale e alle sue istituzioni e dotato di proprie forze armate (le brigate partigiane). Nelle zone di occupazione tedesca, in particolare, esso non si limita alla lotta armata contro i nazifascisti, ma attraverso i CLN locali svolge la funzione di nuovo potere, organizzando scioperi, sabotaggi, riorganizzando la produzione, la requisizione e la distribuzione alla popolazione dei viveri in partenza per la Germania. Nell’estate del 1944, si costituiscono nel nord del paese 21 repubbliche partigiane, zone libere dall’occupazione tedesca dove si installano giunte di governo locale che prefigurano il futuro assetto dell’Italia liberata. In esse vive l’espressione più compiuta del nuovo potere delle masse popolari.
Da dove derivava il potere del CLN
Il Partito Comunista Italiano, che fu il principale promotore e animatore del CLN, grazie alla sua autorevolezza e alla sua influenza sulle masse popolari e sulla classe operaia, di cui era ormai divenuto Stato Maggiore, si fece portavoce dell’aspirazione diffusa a farla finita col fascismo. La sua azione spinse tutti gli altri partiti antifascisti a rompere gli indugi e a scendere sul terreno della mobilitazione e dell’organizzazione delle masse popolari. Il CLN, di conseguenza, non fu un semplice coordinamento di partiti antifascisti, ma un centro autorevole in grado di dare slancio all’iniziativa delle masse popolari. La sua forza era data dal legame con le masse popolari, che si concretizzava nella formazione di numerosi CLN di base e che lo rendeva capace di elaborare parole d’ordine che le masse seguivano perché le riconoscevano utili ai loro interessi. Da qui, in definitiva, derivò il potere del CLN, l’efficacia e il riconoscimento delle sue disposizioni e della sua organizzazione magistralmente descritta in quest’estratto del libro CLN il Comitato di Liberazione Nazionale della Lombardia al lavoro, nella cospirazione, nell’insurrezione, nella ricostruzione di Emilio Sereni, dirigente del PCI e presidente del CLN Lombardia, nel 1945: “Il CLN vi chiama alla lotta. Due duri inverni di guerra, ma centinaia di migliaia di lavoratori sospendevano il lavoro nelle officine di Milano, di Busto, di Varese (…) nelle scuole, negli uffici decine di migliaia di giovani, donne, fanciulli manifestavano in mille forme lo sdegno e l’odio del popolo contro l’oppressione nazi-fascista. Tutto un popolo in armi risponde all’appello, su per le valli e per le montagne, tiene duro contro il freddo e contro la fame, ingrossa i reparti dei gloriosi partigiani, del Corpo dei Volontari della Libertà, dei Gap invincibili, delle ardite Sap. CLN! Ordine del CLN! Queste iniziali ricorrono su tutte le labbra. Da mesi già, nelle officine, nei caseggiati popolari, negli uffici, nelle scuola, la sigla misteriosa è apparsa sui muri, nei fogli clandestini e nei reparti delle fabbriche la produzione di guerra che doveva andare a sostenere le ultime folli speranze di Hitler si rallentava. (…)
Centinaia di migliaia di patrioti lombardi hanno imparato a conoscere questa sigla misteriosa. Tutti hanno sentito parlare del Comitato di Liberazione Nazionale, hanno risposto a un suo appello o a un suo ordine. (…) Ma come, a chi si trasmettevano questi ordini del Comitato di Liberazione Alta Italia, del Comitato di Liberazione della Lombardia, degli organi dirigenti del movimento di liberazione nazionale? In ogni città, in ogni villaggio, in ogni azienda, in ogni ufficio, nelle amministrazioni comunali, da mesi e mesi dei patrioti di diversa fede politica, di diverse concezioni filosofiche o religiose, si erano stretti in un patto, avevano creato, dal basso, centinaia e centinaia di CLN di base”.
L’insurrezione e la ricostruzione
E’ nel momento dell’insurrezione che le masse popolari organizzate e dirette dal CLN dimostrano di poter gestire il paese meglio della borghesia e delle sue istituzioni.
La mattina del 25 aprile ’45, il CLN Alta Italia lancia a Milano la parola d’ordine dell’insurrezione generale e impartisce a tutte le brigate partigiane l’ordine di attaccare intimando ai nazisti di “arrendersi o perire”. L’operazione, pianificata nel dettaglio, riesce perfettamente e quando gli alleati entrano in città, tre giorni dopo, la trovano in piena attività grazie all’azione del CLN: i trasporti pubblici sono funzionanti, i vigili dirigono il traffico, le banche hanno riaperto gli sportelli, a Palazzo Marino il sindaco Greppi ha preso posto dietro la scrivania e la Giunta Comunale della liberazione è in piena attività, i CLN aziendali sono riuniti per affrontare e risolvere i problemi immediati della ripresa del lavoro e molte fabbriche hanno già ripreso la produzione.
Il ruolo della classe operaia è decisivo, come illustrato in questi estratti del libro Quando cessarono gli spari, scritto dal capo partigiano Giovanni Pesce, nel 1977, riguardanti la liberazione e la ricostruzione a Milano e Sesto San Giovanni: “A liberazione avvenuta quasi tutte le fabbriche di Milano riprenderanno la loro attività per iniziativa delle maestranze; i delegati degli operai si improvviseranno dirigenti e, valendosi della collaborazione dei tecnici non compromessi, dimostreranno di essere in grado di mandare avanti la produzione.
(…) Uno dei primi atti a Sesto S. Giovanni subito dopo la liberazione è quello di eleggere l’Amministrazione cittadina. A sindaco è designato Rodolofo Tamagni, un operaio della Breda. L’amministrazione si mette subito al lavoro. Non è un compito facile: c’è da sgomberare le macerie, da ricostruire, rimettere in moto la produzione e sanare le falle economiche; c’è da pensare all’approvvigionamento e a far riprendere le lezioni nelle scuole. Numerosi operai offrono gratuitamente al Comune ore di lavoro giornaliere dopo i turni in fabbrica; tra i primi gli operai della Breda. Questi volontari, suddivisi in squadre, sgomberano le macerie, riparano le case meno danneggiate per ospitarvi numerose famiglie senza tetto”.