[Milano]Intervista ad una lavoratrice, delegata sindacale e rappresentante dei lavoratori della sicurezza dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

Il potenziamento del Servizio Sanitario pubblico è una misura urgente e indispensabile, è la misura principale e decisiva: rallentare la diffusione del contagio serve solo a far fronte alla mancanza di posti di terapia intensiva per i contagiati che sviluppano sintomi gravi, cioè a rimediare meglio possibile all’operato criminale dei governi delle Larghe Intese che hanno smantellato il Servizio Sanitario e privatizzato gran parte di quello che è rimasto.

L’intervista mette in luce chiaramente che le strutture private di fronte all’epidemia ancora lucrano sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari. Bisogna organizzarsi e coordinarsi in ogni territorio per pretendere con forza l’attuazione delle misure necessarie a rimettere in piedi il sistema sanitario nazionale del nostro paese.

Siamo in una situazione d’emergenza che richiede delle misure d’emergenza e solo la mobilitazione popolare potrà strapparle e imporle.

  • Assunzioni subito! Far scorrere subito tutte le graduatorie per l’assunzione di infermieri e Operatori Socio-Sanitari (OSS) e internalizzare, assumere e stabilizzare tutti i lavoratori precari della Sanità. Fare un grosso piano di assunzioni con bandi rapidi e agevolati.
  • Sicurezza per chi lavora! Pretendere la fornitura di mascherine, guanti e tute che impediscano il contagio degli operatori anche stabilendo accordi straordinari con paesi come la Cina (che ha già inviato spontaneamente e gratuitamente respiratori, mascherine, tute e guanti alla faccia della chiusura del confine che ci hanno regalato i paesi UE).
  • Requisire le cliniche private! Se c’è carenza di posti letto bisogna requisire le cliniche private e convenzionate: si tratta di strutture che abbiamo pagato profumatamente con le nostre tasse, non un solo reparto del servizio pubblico deve essere chiuso o spostato.
  • Un piano straordinario per la Sanità Pubblica! Avviare la mobilitazione per imporre un piano straordinario di costruzione e manutenzione delle strutture sanitarie pubbliche nazionali su indicazione di lavoratori e utenti.

Ti puoi presentare:

Sono collaboratrice tecnica nel servizio di Ingegneria Clinica dell’Ospedale San Raffaele di Milano, delegata sindacale e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

 – Puoi dirci se e come stanno coinvolgendo le strutture private, a partire quindi dalla struttura in cui lavori tu (il San Raffaele) nella gestione dell’emergenza Covid-19? (Ad esempio puoi darci dati: quanti posti letto o in terapia intensiva totali ci sono al San Raffaele e quanto ne stanno usando)

La situazione è in rapidissima evoluzione. Il San Raffaele, prima ancora che la Regione lo chiedesse, si è offerto di mandare medici negli ospedali del lodigiano e di trasferire pazienti dagli Ospedali di Bergamo nelle nostre terapie intensive. Non penso si tratti di filantropia o solidarietà di “classe medica”: probabilmente, capito che con l’espandersi dell’epidemia si sarebbero persi molti pazienti, interventi chirurgici, prestazioni ambulatoriali, insomma rimborsi della Regione, la proprietà ha pensato di sostituire il business “ordinario” con quello “straordinario” dell’emergenza sanitaria, per non perdere fatturato. Quindi, immediatamente sono stati attivati i primi quattro posti letto in terapia intensiva (dove il rimborso della prestazione è maggiore e con un miglior margine di profitto) e un nuovo reparto accreditato in tempi record, che difficilmente potrà essere chiuso a fine emergenza.Ora molti reparti sono stati convertiti per poter ospitare i pazienti Covid-19 e le sale operatorie vengono convertite in posti per la terapia intensiva. E’ rimasto anche attivo il settore più redditizio dell’ospedale, quello cardiochirurgico. A breve, saranno 250 i posti letto dedicati a pazienti positivi al coronavirus.Verranno anche triplicati i posti in terapia intensiva, grazie alle donazioni e all’allestimento record nella tensostruttura del campus universitario, accanto all’Ospedale.

– A tuo avviso le strutture sanitarie private ci stanno speculando su questa emergenza? Se si come? (Ad esempio sappiamo che non fanno più tamponi se non a casi gravi ma se si va a pagamento il tampone lo paghi 200 € e te lo fanno subito)

Il San Raffaele si è fatto accreditare anche il laboratorio per i test Covid: certamente i pochi laboratori lombardi non erano più in grado di dare risposte in tempi rapidi e la tempestività della risposta serve innanzitutto ai pazienti per poter stabilire la terapia. Poi il test è utile anche per isolare pazienti e lavoratori che potrebbero diventare a loro volta veicolo di contagio. Ma da giovedì scorso, la Regione Lombardia ha deciso che non si fanno più tamponi ai sanitari: troppi positivi e troppi in quarantena. Quindi il tampone viene effettuato solo a chi non ha sintomi da due giorni, per sapere se è diventato negativo e, quindi, se può rientrare al lavoro prima del quattordicesimo giorno di quarantena. 

Questo provvedimento ha creato grande allarme tra i sanitari, perché non potendo eseguire il test nemmeno dopo un contatto diretto, temono di contagiare anche i familiari. Insomma, una scelta che sembra andare nella direzione dell’immunità di gregge per il personale sanitario. Eppure, anche tra medici, infermieri, soccorritori, giovani e non, si registrano ricoveri in terapia intensiva e decessi. Probabilmente questo presunto pragmatismo non fa i conti con la realtà, anche perché tra i sanitari, esposti a cariche batteriche elevate, la percentuale di casi gravi sembra avere un’incidenza maggiore rispetto al resto della popolazione.

– Da lavoratrice della sanità, cosa dovrebbe fare il governo per mettere seriamente mano alla situazione? É giusto requisire le strutture private per affrontare l’emergenza, anziché (notizia di oggi) adibire due padiglioni del centro fiera di Milano per creare nuovi posti letto…dato che in tutta Milano e Lombardia ci sono molte strutture sanitarie (finanziate con soldi pubblici) o ospedali e reparti chiusi (a seguito di tagli) o quelli militari?

Nell’ultimo decreto del Governo, varato oggi, 16 marzo, si parla di requisizione di strumenti e immobili: ma non illudiamoci, non si tratta di esproprio né di statalizzazione. Ai proprietari viene dato un risarcimento pari al valore del bene. E se parliamo di sanità privata, quel bene l’abbiamo strapagato con le nostre tasse e ora dovremo pagarlo per la seconda volta. Riguardo alla costruzione di questa enorme terapia intensiva nei padiglioni della fiera, il dubbio maggiore è su dove reperiranno il personale per far funzionare una tale struttura. Per chi come me ha seguito l’allestimento di vari settori dell’ospedale, nuovi o ristrutturati, il dubbio è che si riesca a rispettare tutta la normativa di sicurezza, rispetto anche ai tempi ridotti. Certamente sarebbe più semplice e razionale convertire i posti letto esistenti, inseriti in contesti con organizzazioni collaudate. Ma soprattutto si eviterebbe uno spreco di risorse. A meno che non prevedano di saturare anche tutti i posti letto pubblici e privati.

– Puoi parlarci delle vostre condizioni di lavoro? Sappiamo che ci sono stati problemi sia per il rifornimento dei dispositivi di protezione individuale e, a causa del personale sempre risicati, anche per i carichi di lavoro…

Fin dall’inizio di questa emergenza è stata messa in evidenza la criticità nell’approvvigionamento delle mascherine e dei facciali filtranti, a cui sembra aggiungersi anche quella per i camici idrorepellenti. Tanto che è sorto il dubbio sul fatto che la mascherina chirurgica, marcata CE come dispositivo medico, cioè a protezione del paziente e non dell’operatore, venisse indicata come dispositivo di protezione individuale (DPI) al posto del facciale filtrante (FFP2 o FFP3), anch’esso marcato CE ma come DPI, solo per un problema di costi economici o difficoltà di reperimento.

Certamente anche le condizioni di lavoro in generale non sono semplici: turni da 12 ore, spesso senza neanche il tempo di fermarsi a mangiare. Organici ridotti anche per l’assenza dei colleghi contagiati o ricoverati. Trasferimenti dalla sera alla mattina, cercando volontari con le minacce. Non bisogna trascurare nemmeno il carico psicologico, legato alle condizioni dei pazienti e alla paura di contagiarsi e contagiare i propri cari.

– Inoltre sappiamo che avevate uno sciopero il 27 febbraio che aveva raccolto molte adesioni ma che il sindacato, data la situazione di emergenza sanitaria, ha deciso di sospendere. Puoi spiegarci di che si tratta?

Come lavoratrici e lavoratori del San Raffaele, veniamo da mesi di lotta per il salario e per i diritti: nel 2019 abbiamo organizzato due scioperi per chiedere incentivi, progressioni di carriera, stabilizzazione dei precari e nuove assunzioni e siamo rimasti a bocca asciutta. Nel frattempo, si è aggiunto il tema del contratto che scade alla fine di questo mese. La proprietà ha dichiarato di voler passare al contratto della sanità privata AIOP, mentre fino ad oggi è stato applicato il contratto della sanità pubblica, adattato alla natura privatistica dell’Ospedale. Per fermare questa ennesima sottrazione di diritti normativi ed economici, avevamo dichiarato uno sciopero per il 27 febbraio scorso: prima ancora che fosse emanato il decreto che sospendeva scioperi e manifestazioni, rendendoci conto di come l’emergenza sanitaria iniziava a coinvolgere il nostro territorio, abbiamo deciso, per forte senso di responsabilità, di sospendere lo sciopero. Successivamente abbiamo chiesto all’Amministrazione quanto meno di sospendere il passaggio ad AIOP. Ma ad oggi non c’è stata ancora nessuna risposta. Almeno Macron ha rinviato la riforma delle pensioni!

– Per concludere. Il professor Agnoletto in un’intervista a Radio Popolare diceva che uno dei punti critici dovuto allo smantellamento della sanità pubblica è la mancanza di partecipazione popolare alla sua gestione. Che ne pensi? Cosa pensi si debba fare per risalire la china e lottare per una sanità pubblica ed efficiente?

Questa pandemia metterà necessariamente a confronto la capacità di risposta all’emergenza da parte dei diversi modelli sanitarie e di società: abbiamo osservato la Cina, che essendo la prima aveva lo svantaggio di non potersi preparare e di dover prendere misure senza sapere quale sarebbe stata l’evoluzione. Qualcuno ha sottolineato come nello stato autoritario sia più semplice ottenere l’obbedienza dei cittadini. C’è però anche un’altra lettura: un paese in cui le strutture sanitarie sono pubbliche ha potuto razionalizzarne l’utilizzo e spostare rapidamente risorse economiche, uomini e mezzi per costruire ospedali e strutture per l’isolamento in tempi rapidi (a volte anche troppo). Si sono potuti anche permettere di fermare la produzione e di organizzare gli ordini della spesa on line, con consegna a domicilio. Mentre in Italia, ai padroni si sta permettendo di continuare a fare profitti; qualcuno di loro approfitta anche delle ferie forzate, della cassa integrazione e dei licenziamenti economici per fare una cosiddetta ristrutturazione, in modo che al momento della ripartenza, potrà contare solo su giovani neoassunti, possibilmente precari e ricattabili. Anche i diritti politici e sindacali hanno subito una forte riduzione, a partire dal diritto di sciopero. Mi auguro che in questo isolamento forzato, riflettiamo sul valore del collettivo, recuperiamo la voglia di occuparci dei beni comuni, per tornare, a fine emergenza, ma anche durante, ad una partecipazione popolare, ad un controllo dal basso, a rinunciare alla delega per riscoprire il protagonismo della classe lavoratrice.

Il 7 aprile è la giornata mondiale per la sanità pubblica e universale: mai come quest’anno dovremo manifestare la voglia di occuparci della nostra salute, a partire dalla prevenzione primaria, quella su cui hanno acceso i riflettori i giovani di Friday for Future, che ci invitano non solo al rispetto dell’ambiente ma anche a cambiare radicalmente il modello produttivo, che nella spasmodica ricerca del profitto per pochi, uccide il pianeta e ci nega il futuro. Iniziamo a preparare lo striscione da mettere alla finestra, il pensiero da postare nei social, ad attuare il cambiamento a partire da noi stessi e dalla lotta di massa, che deve rivoluzionare l’accesso alle risorse, cominciando da quelle che promuovono il nostro benessere.

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