La pandemia di Coronavirus è la cartina al tornasole del grado di crisi, fragilità e instabilità in cui la dominazione della borghesia ha portato il nostro paese e il resto del mondo!
“L’emergenza è dettata dal fatto che è un virus sconosciuto” viene spiegato a destra e a manca per giustificare l’isteria di istituzioni e autorità, ma la giustificazione porta inevitabilmente a paragonare le manovre eccezionali contro il Coronavirus all’inerzia di fronte a “emergenze” ben note e per niente occasionali: nel nostro paese i morti sul lavoro sono più di 1300 all’anno (già 155 dall’inizio del 2020), quelli per inquinamento sono stati 84.400 nel 2012 (fonte Agenzia Europea dell’ambiente: “Morti premature attribuibili all’esposizione a particolato sottile (PM2,5), ozono (O3) e biossido di azoto (NO2) nel 2012). Emergenza sono i licenziamenti, le “vite di merda” imposte dal consumismo che fa ammalare, la disgregazione sociale, il senso di insicurezza, l’uso e l’abuso di farmaci, droghe e cibo, l’individualismo e la concorrenza sfrenata, la precarietà, le malattie mentali, ecc. Il mondo è malato. Il nostro paese è malato. La società è malata. Non di Coronavirus, ma di capitalismo. È la legge del profitto (valorizzazione del capitale) che ha trasformato la vita delle masse popolari in un inferno, che le porta sempre più a cercare modi per evadere almeno temporaneamente dalla realtà. La borghesia ha inventato e messo a punto mille strumenti di diversione e di intossicazione delle coscienze: tutto ciò che è utile a distogliere le masse popolari dalla comprensione della realtà serve allo scopo… anche il Coronavirus.
Premessa: tre criteri generali per decidere il “che fare” di fronte all’emergenza sanitaria
In una società basata sul profitto dei capitalisti, sulla competizione tra paesi e gruppi industriali e finanziari per conquistare un ruolo di primo piano negli affari mondiali e nella spartizione dei profitti estorti ai lavoratori e ai popoli oppressi, sullo sfruttamento economico, l’oppressione politica e l’arretratezza culturale della massa della popolazione, qualsiasi questione, anche la salute pubblica, diventa ambito, pretesto, strumento di speculazione economica, di scontro, manovre e regolamento di conti tra Stati e gruppi di potere, di intossicazione dell’opinione pubblica e di diversione dalla lotta di classe. “L’umanità non ha mai disposto di conoscenze e di mezzi potenti come oggi per affrontare tutti i problemi individuali e sociali. Se non li impiega è a causa del sistema capitalista di gestione dell’attività economica dal quale non ci siamo ancora liberati e delle ripercussioni di questo sul resto della vita sociale e individuale. Mobilitare il proletariato e le altre classi delle masse popolari a liberarsene è il compito di noi comunisti. Solo il proletariato e le masse popolari organizzate sono in grado di mettere fine alla borghesia e al corso catastrofico delle cose che essa impone al mondo” – Dal comunicato CC 07/2020.
Anche nel pieno di un’emergenza bisogna tenere ben presente che “non siamo sulla stessa barca”, che gli interessi delle classi dominanti non coincidono con gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari. In una società divisa in classi di sfruttati e sfruttatori, di chi vive nel lusso senza lavorare o che, se lavora, non lo fa per vivere ma per accrescere la sua ricchezza e di chi non campa se non riesce a lavorare e anche lavorando fatica sempre più ad arrivare a fine mese, invocare il “bene comune” è un imbroglio (o nel migliore dei casi un’arretratezza). Che il Coronavirus sia una bolla di sapone o un pericolo concreto, è necessario respingere gli appelli e le manovre per l’“unità nazionale” e mettere al centro tutte le iniziative, le misure, le mobilitazioni per la tutela della salute, del lavoro, della sicurezza dei lavoratori e delle loro famiglie. Quando la borghesia schiera l’esercito nelle strade non si limita a “dare la caccia al virus dell’influenza”, ma ne approfitta per portare più a fondo la sua guerra (sia quella “per bande” che ogni gruppo imperialista e ogni comitato di affari conduce contro gli altri sia, soprattutto, quella che conduce contro le masse popolari), per scaricare sulle spalle delle masse popolari i costi sociali dell’emergenza, per ostacolare la loro organizzazione e mobilitazione in senso rivoluzionario.
Non sottostare alle operazioni di intossicazione e di terrorismo imbastite sull’epidemia di Coronavirus, ma denunciarle e combatterle apertamente
Chi prova a cercare un senso logico alle manovre del governo e delle regioni rischia la schizofrenia: fino al 21 febbraio l’Italia era un paese sicuro, dal 22 febbraio è diventato un colabrodo. In tre giorni sono stati fatti tamponi a tappeto per rilevare il virus, ma in due giorni i tamponi sono finiti e nel pieno dell’emergenza hanno deciso di sospendere gli esami per chi non ha sintomi conclamati. Chiudono i bar alle 18, ma lasciano aperti i supermercati e i centri commerciali. Chiudono le scuole anche fuori dalle zone “focolaio”, ma lasciano aperte le aziende e gli uffici. Si appellano al buon senso della popolazione che dovrebbe mettersi in auto-quarantena, ma militarizzano i territori impedendo ingressi e uscite dai paesi “focolaio”, senza allestire la distribuzione di generi di prima necessità. Il tutto in una situazione in cui, evidentemente, il virus circolava già da settimane, forse da mesi, ma passava del tutto inosservato perché nessuno lo cercava e perché solo in casi specifici determina complicazioni gravi. La schizofrenia della classe dominante italiana è la schizofrenia di chi a parole sostiene di voler tutelare la salute pubblica, ma nei fatti deve garantire il funzionamento delle aziende e con esso il profitto dei padroni.
Seguire l’esempio di Non Una Di Meno che a Napoli e Firenze hanno confermato le manifestazioni per l’8 Marzo, della RSU FIOM dell’Electrolux di Forlì e dello Slai Cobas per il sindacato di classe che hanno proclamato sciopero per il 9 marzo, in occasione dello sciopero femminista transnazionale, nonostante il “fermo invito” a non scioperare per tutto il mese di marzo della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Il perché lo spiega bene un delegato e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di una fabbrica di Vicenza: “Risultano chiare a tutti le contraddizioni e le ‘stranezze’ che stiamo vivendo in questi giorni, a seguito delle ordinanze ministeriali per contenere la diffusione del Corona Virus: le scuole restano chiuse ma le fabbriche no; non è possibile fare assemblee sindacali, ma in linea di montaggio ci si può stare; vengono sospese iniziative pubbliche ma i centri commerciali e i supermercati restano aperti. Risulta quindi palese che la salute pubblica conti, ma prima devono essere garantiti i profitti dei padroni. Tutto è subordinato ai loro profitti! Io sono un RSU e RLS di una fabbrica vicentina di media grandezza. Ho avuto e sto avendo difficoltà nel capire come affrontare la questione del ‘decreto ministeriale’ e la sua applicazione. Mi spiego meglio: sul posto di lavoro, di fatto, abbiamo spinto per attuare le disposizioni del ministero in termini di sicurezza; i sindacati (sia confederali che di base) hanno chiesto di rivedere Documento di Valutazione dei Rischi e norme aziendali e, in linea generale, hanno spinto per garantire la salute dei lavoratori. Ci sono stati abusi da parte di alcune aziende (sospensione mense aziendali, rilevazione coatta temperatura corporea, allontanamento di alcuni lavoratori sospetti di avere il virus, etc.), e su queste cose ci siamo spesi per eliminare gli abusi e garantire il rispetto del decreto del ministero. La linea più oltranzista che è emersa, da alcune RSU, che sarebbe la più giusta e coerente, è quella di chiudere tutte le attività produttive, come è stato fatto per le scuole. Comunque, in linea generale, sui posti di lavoro si è cercato di garantire la salute collettiva, spingendo in questa direzione e quindi garantendo la piena applicazione del decreto ministeriale e, in alcune situazioni, il suo superamento, ponendo la questione di chiudere tutte le fabbriche. E fin qua ci sta!
Poi, però, quando usciamo dalla fabbrica partecipiamo a iniziative politiche (assemblee, dibattiti, iniziative in generale) e qui c’è stata una forte discussione se confermare o meno le iniziative stesse. Il problema è sorto per quanto detto sopra, e cioè che i centri della produzione del profitto hanno tenuto aperto, mentre il resto è rimasto chiuso. Quindi, in sostanza, molti compagni hanno deciso di confermare le iniziative, mentre altri hanno sospeso tutto. E penso che sia stato giusto confermare le iniziative.
La contraddizione è proprio questa! Durante il giorno si pretende il rispetto del decreto ministeriale nelle aziende al fine di garantire l’incolumità dei lavoratori rispetto al virus e dove possibile si spinge per bloccare l’attività produttiva (quindi sempre seguendo una linea di precauzione e prudenza al fine di evitare il contagio); e poi quando esco dalla fabbrica rivendico l’agibilità politica contestando il decreto ministeriale perché ingiusto!” (dalla pagina facebook Il Picchetto).
È sbagliato annullare o rinviare iniziative che promuovono l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari! Significa cedere all’opera di terrorismo e di intossicazione delle autorità borghesi e dei media di regime, lasciare le masse popolari alla mercé del sistema di diversione della borghesia, favorire la loro sottomissione al sistema e alle manovre delle Larghe Intese (“state a casa, non incontrate gente, state lontani dagli altri ci pensiamo noi a informarvi e dire cosa dovete pensare o fare”).
È necessario adottare le misure di tutela e di prevenzione igienico-sanitarie, ma non sottostare alle trappole e ai recinti imposti dalla borghesia: scioperare è giusto e sacrosanto, fare presidi, manifestazioni, comizi, assemblee e altre iniziative pubbliche è possibile, si tratta di adottare misure di tutela, evitare spazi angusti e sovraffollamento eccessivo.
Fare di ogni divieto a scioperare, manifestare, fare assemblee altrettante occasioni per denunciare le responsabilità e l’incuria delle autorità, per organizzare e mobilitare i lavoratori e le masse popolari coinvolti
I vertici della Repubblica Pontificia (il Vaticano, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, le Organizzazioni Criminali, le agenzie dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti operanti nel nostro paese) stanno cercando di usare l’emergenza Coronavirus per ripetere, in una situazione diversa, l’operazione condotta con la “lotta al terrorismo” contro le Brigate Rosse dei primi anni ’80 del secolo scorso, con la “lotta al terrorismo islamico” e la partecipazione alle “guerre umanitarie” dal 2001 in poi, con l’“emergenza terremoto” di Berlusconi & C. un’operazione che ha come obiettivo principale contenere il dissenso e la mobilitazione popolare, fare accettare sacrifici e peggiori condizioni di vita e di lavoro per le masse popolari e continuare ad arricchire lorsignori e la loro corte di giullari e parassiti.
“Da settimane la sezione di Pistoia del Partito CARC sta lavorando all’organizzazione di un’assemblea sulla vicenda dell’amianto che da decenni colpisce la classe operaia e le masse popolari del nostro territorio. L’iniziativa è confermata per il 7 marzo alle 17.00 ma, a causa delle misure introdotte dal governo per l’emergenza del Coronavirus, ci siamo visti costretti a spostarla dai locali del circolo ARCI di Pontelungo ai giardini di fronte al circolo. Abbiamo quindi deciso di mantenere l’iniziativa impegnandoci a garantire le misure che sono state disposte in caso di assembramenti di più persone (distanza di almeno un metro, evitare contatti fisici, ecc.). Specifichiamo che è giusto adottare le misure di tutela e di prevenzione igienico e sanitarie: non è nostra intenzione far ammalare le masse popolari, né tanto meno porci come quelli “contro a prescindere” ma non intendiamo cedere ai recinti imposti dalla classe dominante e perdere l’opportunità di continuare a discutere dei problemi e delle emergenze reali del paese anche dell’emergenza Coronavirus che va affrontata, più che con i coprifuoco, predisponendo un piano nazionale di finanziamento del SSN e mettendo in campo misure d’emergenza come requisire la sanità privata. A fronte della nostra decisione la Questura di Pistoia ci ha chiamato per tentare di dissuaderci, dicendoci che nel caso in cui ribadissimo la nostra volontà di svolgere l’assemblea saranno costretti a convocare un comitato per la sicurezza a cui anche noi dovremo partecipare per illustrare le misure che intendiamo adottare per garantire la sicurezza dei partecipanti all’incontro. Abbiamo deciso che non solo manterremo l’iniziativa ma anche che parteciperemo al comitato per la sicurezza perché sarà una buona occasione non solo per capire meglio come fronteggiare l’emergenza sanitaria ma anche per discutere con le autorità come intendono affrontare le tante altre emergenze del territorio:
– cosa intendono fare rispetto al problema, annoso, dell’amianto
– come intendono affrontare l’emergenza legata allo smantellamento della sanità e alla mancanza di posti letto a Pistoia?
– quali misure adotteranno per far fronte alle problematiche che le famiglie si trovano a vivere a causa della chiusura delle scuole? Quelle stesse scuole che, anche a Pistoia, cadono a pezzi a causa dei continui tagli all’edilizia scolastica;
– quali rimedi porre alla contraddizione tra ambiente e lavoro dovuta alla presenza di attività vivaistiche i cui impatti sulla salute delle masse popolari sono da anni comprovati?
Questi sono alcuni dei problemi di cui le autorità devono occuparsi e non mancheremo di porli sul piatto della discussione di domani. Invitiamo tutti i cittadini, le associazioni, partiti e sindacati a prendere parte a questa discussione e a cogliere l’opportunità di ragionare collettivamente su come realizzare la vera sicurezza che serve al territorio” (dal comunicato stampa della sezione di Pistoia del P.CARC).
Trasformare il terrorismo mediatico in lotta per la sanità pubblica e universale!
Il pericolo vero non viene dal Coronavirus o da qualche altro agente virale più o meno aggressivo, ma dallo scempio che è stato fatto della sanità pubblica. L’Italia ha due centri nazionali di riferimento per le malattie infettive, l’ospedale Sacco di Milano e l’ospedale Spallanzani di Roma che, sicuramente, pur avendo competenze e fondi maggiori, non sono sufficienti a far fronte a una reale emergenza sanitaria di tipo nazionale. Gli ospedali pubblici si arrangiano come possono grazie al lavoro di medici, infermieri e OSA precari, sottopagati, sotto organico. Decenni di tagli alla sanità hanno minato alla base il Sistema Sanitario Nazionale, la sanità pubblica, una delle più grandi conquiste ottenute dalle masse popolari del nostro paese. La direzione della salute pubblica è oggi in mano alla speculazione e spesso a gente di malaffare. Nonostante questo, ciò che è rimasto del Sistema Sanitario Nazionale pubblico è l’unico vero baluardo del diritto alla salute per le masse popolari. Va difeso, va rafforzato e va sviluppato.
Il Comitato Ambiente e Salute di Quarto (Napoli) ha effettuato un’azione di controllo popolare all’interno dell’ASL territoriale per denunciare che quella struttura è una scatola vuota, svuotata da anni di tagli e clientele. L’attivista che ha realizzato il video ha mostrato bene come non ci sia personale e che quel poco di servizio che rimane è dovuto all’opera di alcuni volontari. Mentre in TV si grida all’emergenza Coronavirus i presidi sanitari territoriali sono vuoti e non forniscono alcun servizio.
Il Comitato NO alla chiusura dell’Ospedale San Gennaro di Napoli ha organizzato uno sportello popolare all’interno dell’ospedale per denunciare la mancanza di cartellonistica nella struttura, la carenza di personale e la necessità di assumere i disoccupati del quartiere per i servizi di cura all’ammalato e sostegno all’interno della prestazione sanitaria (accompagnamento da un reparto all’altro, evitare ore di fila in piedi, sostegno nel tornare alla propria abitazione, ecc.). Rimettere in piedi la sanità nel nostro paese significa assumere medici, infermieri, Operatori Socio-Sanitari (OSS), significa lavorare alla ristrutturazione e messa in sicurezza delle strutture ospedaliere, significa formare e assumere uomini e donne che accompagnano l’ammalato nel processo di cura.
I lavoratori della sanità denunciano le carenze in cui versano le strutture sanitarie italiane sia in termini di strutturali, di fornitura materiali che in termini di carenze di personale. È il caso dei lavoratori degli ospedali San Giovanni Bosco e Ospedale del Mare che hanno mostrato come tutti gli eccessi di zelo e le comunicazioni televisive circa le disposizioni anti-contagio siano una balla. Altrettanto importante è stata la presa di posizione di un’infermiera di un ospedale di Milano che ha denunciato come l’emergenza Coronavirus è diventata un ulteriore modo per spolpare i lavoratori degli ospedali a tempo indeterminato e i lavoratori precari (senza tutele e senza diritti) mentre altri lavoratori chiamati apposta per “fare fronte all’epidemia” vengono pagati il triplo.
In queste settimane ci sono state importanti prese di posizione di medici come quella di Vittorio Agnoletto, medico e docente di Globalizzazione e politiche della salute all’Università Statale di Milano, che afferma che il sistema sanitario nazionale pubblico aveva il suo punto di forza nella partecipazione dal basso e che se l’effetto più evidente dello smantellamento sono i tagli dei fondi, l’aspetto principale è proprio la mancanza di partecipazione. È proprio quello che bisogna ricostruire a partire dalle esperienze popolari e dal basso di gestione e controllo popolare della sanità, a partire dagli utenti e dai lavoratori.
Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris in una presa di posizione video ha affermato di non voler cedere alla propaganda tesa a nascondere le politiche di tagli degli ultimi anni nella sanità ma che questa emergenza deve essere il terreno in cui incalzare il governo e il Ministro alla Salute Speranza ad assumere nuovo personale in tutta Italia, a riattivare i posti letto che sono stati tagliati e dare alla salute dei cittadini la priorità che essa deve avere. De Magistris ora ha l’opportunità di spingere altri sindaci a prendere posizione su questi temi e, soprattutto, di agire di conseguenza.
Promuovere e sostenere le iniziative di ogni gruppo delle masse popolari per rivendicare dal governo Conte 2 misure che tutelano la salute dei lavoratori delle aziende e della popolazione, i redditi dei lavoratori dipendenti e autonomi, i posti di lavoro nelle aziende capitaliste e pubbliche
Per quanto riguarda l’emergenza sanitaria, c’è solo l’imbarazzo della scelta: dall’uso delle strutture sanitarie private lombarde, venete e di altre regioni (le eccellenze di cui cianciano Fontana e Zaia costruite con i soldi pubblici e con la corruzioni di politici e funzionari pubblici) all’attivazione della task force sanitaria che serve da subito, visto che nella zona rossa di Codogno i pochi medici presenti stanno facendo fronte alla situazione con turni e ritmi di lavoro massacranti (dopo 20 giorni iniziano a discutere se mandare medici dell’esercito, prenderli di altre zone o assumerne dei nuovi!), dalla requisizione e distribuzione di materiali di prevenzione (guanti, maschere, disinfettanti, ecc.) al controllo statale sulla produzione e distribuzione di questi prodotti.
Gino Strada in questi giorni: “Se io diventassi ministro della Salute farei tre cose: basta convenzioni con il privato, quelle in atto a scadenza non le rinnoverei, rivisiterei quelle in essere e se non portano beneficio alle persone, si annullano. La medicina deve essere pubblica, di alta qualità e gratuita per tutti. In Italia non abbiamo più un sistema sanitario nazionale ma regionale, quindi 20 sistemi diversi, una idea geniale (…) Mi dispiace per i direttori generali, 19 su 20 si troverebbero disoccupati. Questo sistema, a mio modo di vedere, è stato oggetto di una specie di macelleria sociale perché quando ci si mette di mezzo la politica è inevitabile (…) È successo che si sono spalancate le porte al profitto e credo che se vogliamo essere società dobbiamo darci qualche regola perché ci sono aree che non possono essere sottoposte a profitto”. Clicca qui per vedere il video.
Sul fronte dell’emergenza economica, Landini denuncia “che in Italia non abbiamo una tutela universale, a prescindere dal contratto di lavoro. Anche per questo serve un nuovo statuto dei lavoratori che, come proposto dalla CGIL, superi le distinzioni fra lavoro subordinato e autonomo. Che la faccia finita con la guerra fra poveri. Nell’immediato serve estendere gli ammortizzatori sociali e la cassa integrazione a tutte le forme di lavoro e ricorrere alla cassa in deroga in tutte le regioni. È evidente a tutti, però, che non possiamo vivere di CIG. Bisogna quindi pensare fin da ora a come rilanciare il paese. Non possono esserci fasi diverse: l’emergenza e la prospettiva devono andare insieme” (intervista al il manifesto del 3 marzo 2020).
Da anni sentiamo prima la Camusso e adesso Landini (ma anche i segretari di CISL, UIL, UGL) ripetere le stesse litanie. Landini è il segretario della CGIL del più grande sindacato italiano: che usi la sua posizione per mobilitare lavoratori e pensionati a pretendere queste misure! A incalzare il governo perché vari misure a sostegno del reddito delle famiglie che devono accudire in queste settimane gli studenti costretti a stare a casa (congedi parentali), del reddito di milioni di precari e lavoratori autonomi della scuola, delle partite IVA, di bar, ristoranti e alberghi e operatori del turismo, che non riceveranno alcun reddito in queste settimane di non attività, di piccoli commercianti e artigiani che hanno visto diminuire le attività per l’emergenza sanitaria.
Le misure di emergenza in campo sanitario e in campo economico che rompono con le compatibilità e i vincoli (UE, patti di stabilità, finanza pubblica) avranno l’appoggio e il sostegno attivo di medici, personale sanitario, dei lavoratori e delle masse popolari. Queste sono le misure di emergenza che servono, il resto sono chiacchiere che servono per intossicare e deviare le masse popolari dai problemi reali.
Sono misure che ledono gli interessi dei capitalisti, che minano la proprietà privata e la libera iniziativa economica (dei capitalisti e dei ricchi)? Se è una situazione di emergenza bisogna adottare misure straordinarie!
Organizzare direttamente, ognuno in base alle proprie forze e al proprio raggio d’azione, iniziative di mobilitazione per prevenire e contenere il contagio e curare i malati, iniziative di informazione sulla situazione, iniziative di controllo popolare sull’operato delle autorità
Ogni organizzazione politica e sindacale, ogni organismo operaio e popolare, ogni circolo e associazione è in queste settimane posto di fronte a una scelta: sottostare ai diktat della borghesia, alle sue manovre e al suo sistema di potere, aspettare che la soluzione del problemi arrivi dal governo, dai partiti di governo o di opposizione oppure mettersi a organizzare l’informazione e la mobilitazione dei lavoratori e delle masse in autonomia dal circo mediatico e contro la sua intossicazione, promuovere e sostenere le mobilitazioni dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati vecchi e dei nuovi creati dall’emergenza sanitaria, per il lavoro e il reddito (sostegno al reddito delle famiglie, “reddito di quarantena”, servizi sanitari di prevenzione e di cura, diritti all’informazione, ecc.).
Far fronte all’emergenza sanitaria ed economica in modo da rafforzare l’organizzazione e la mobilitazione popolare! Lottare per costituire il governo delle masse popolari organizzate e avanzare così nella lotta per fare dell’Italia un paese socialista!
Direzione Nazionale del Partito dei CARC
8 marzo 2020