Donato Laviola, compagno No Tav e attivista nei movimenti di lotta per la casa a Torino, ha annunciato qualche settimana fa di voler violare le misure restrittive imposte dal tribunale di Torino che non gli permettevano di poter andare a trovare la sua famiglia in Puglia. La sua battaglia resa pubblica sui social, ha raccolto tantissima solidarietà: a tal punto che il tribunale è stato costretto a cedere e addirittura è stato costretto a ridurgli le misure restrittive (dall’obbligo di firma giornaliero a due giorni a settimana).
Bene! Riteniamo l’esempio di Donato Laviola positivo e da emulare. Il suo esempio dimostra la repressione si può rivoltare contro il nemico se si rende la lotta contro la repressione un problema di ordine pubblico. Donato Laviola è e deve essere un esempio per tanti, ma ancor di più deve dare fiducia a chi è colpito dalla repressione nella possibilità di costruire un movimento più ampio e dispiegato che promuova la lotta per la violazione dei decreti sicurezza di Salvini e delle misure restrittive imposte dalle autorità a chi si mobilita per un lavoro dignitoso, per la sanità pubblica ed efficiente, per l’istruzione, per la casa, per l’ambiente.
Trasmettiamo di seguito l’annuncio su facebook fatto proprio dal compagno: infonde fiducia e coraggio, stimola alla lotta e alla disobbedienza!
10, 100, 1000 Donato Laviola!
10, 100, 1000 iniziative di lotta contro la repressione, per violare le misure restrittive ed abolirle!
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03.03.2020
Solo se
sarai disposto a rinunciare al tuo ultimo briciolo di libertà potrai vincere
ogni battaglia!
HO VINTO LA MIA BATTAGLIA: SCENDO A BARI !
Questa mattina ho ricevuto risposta alla mia istanza post-lettera in cui
annunciavo la disobbedienza alle mie misure. Avevo fatto tutto come promesso:
oltre la lettera un solo allegato, quel biglietto di sola andata prenotato per
questo giovedì 5 Marzo. Un aereo che avrei preso a qualsiasi costo, anche della
galera.
Ho vinto la mia battaglia perché, alla fine di questo calvario, ho ottenuto
quel permesso che mi serviva.
Purtroppo non si è espressa la stessa giudice alla quale ho scritto (si è
dichiarata assente), così come il suo sostituto, e di rimpallo in rimpallo si è
dovuta esprimere una commissione di giudici altra.
Non solo ho ottenuto il permesso per scendere per un periodo a mio piacimento,
ma mi hanno anche revocato l’obbligo di firma quotidiano sostituendolo con 2
firme settimanali.
Che dire? Adesso posso anche farmi i weekend fuori torino!
Non è la libertà totale, che è ciò a cui dobbiamo ambire sempre, ma è un passo
in quella direzione…
Cazzate a parte vorrei dire alcune cose…
Innanzitutto e doverosamente devo ringraziare le centinaia di persone che mi
hanno scritto e sostenuto, in particolar modo i miei amici e compagni/e più
stretti. In pochi ci credevano, ma nessuno ha esitato dal sostenermi. E
credetemi l’ho apprezzato.
Poi, voglio volare basso… non so se questa battaglia l’ho vinta grazie alla
lettera, al clamore mediatico sollevato o semplicemente perché l’istanza è
passata ad un altro giudice che semplicemente la pensava diversamente. Ma di
una cosa sono certo, e cioè che se non avessi fatto tutto questo a quest’ora
sarei ancora qui, a serbare rancore, fermo nell’impotenza di una situazione più
grande di me, sconfitto da una firma, un foglio, dell’inchiostro di penna.
La mia lotta, forse fraintesa, non è stata sulla ricerca dell’umanità tra le
file dei nemici che affrontiamo (sebbene, anche i nemici, non siano tutti
uguali), ma un invito a credere sempre in se stessi, nel mettersi in gioco e
mettere in gioco anche le ultime briciole di libertà rimaste perché solo così
potremo vincere le sfide più grandi. Nonostante i miei 31 anni sono pieno di
procedimenti, già 3 volte sono stato in galera e con buona probabilità diversi
di questi procedimenti finiranno con condanne che mi obbligheranno a un bel
futuro di merda e finire ristretto per mesi, se non anni.
Prima di allora non avevo mai pensato seriamente di violare delle misure
cautelari e quando ho deciso di farlo l’idea d’avere davanti a me l’orizzonte
di un inasprimento della misura non mi faceva sorridere, anzi… Ma una sfida
così grande sapevo che solo in un modo avrei potuto vincerla, ovvero
affrontando quella stessa paura lanciandomi contro, rischiando tutto per tutto.
Perché più è grande la sfida, più sarà alto il prezzo che devi essere disposto
a pagare.
Questa esperienza di una cosa mi ha reso certo, e cioè che solo mettendo in
gioco l’ultimo pezzo di libertà rimasta, l’ultima boccata d’ossigeno, l’ultimo
sentimento celato nel cuore che ci crede ancora, solo così possiamo cambiare il
mondo.
E’ solo affrontando la paura che possiamo sconfiggerla. Non è tanto il non
indietreggiare difronte le minacce del nemico, ma avanzare col vento contro.
Ed è per questo che anche se duramente colpiti, anche se con misure che ci
limitano completamente la libertà, ci sarà sempre spazio per lottare ancora,
rilanciarsi e fieramente continuare a fare la cosa più giusta.
Troppe volte giustizia non fa rima con legge. Ma la consapevolezza che, per
quanto colpiti, potremo sempre rialzare la testa, andare avanti e conquistare
nuove possibilità, questo è ciò che darà sempre ossigeno a noi stessi e alle
nostre lotte.
Della galera hai paura fino a che non ci entri. Dopo, tutto quel che potrà
farti, sarà solo farti perdere tempo…
Io ho vinto questa mia piccola ma significativa battaglia e oltre ad essermi
guadagnato la possibilità di scendere ho anche perso la paura, chiunque però
può fare altrettanto. Ci siamo scelti questa vita che non è la più facile di
tutte, ma se vogliamo realmente cambiare il mondo non abbiamo che da mantenere
la coerenza con noi stessi, mantenere viva quella promessa e non arrenderci
mai, qualsiasi sia la nostra sorte, qualsiasi sia il costo da pagare.
C’è sempre una speranza e quella speranza solo noi stessi possiamo innescarla.
E allora un appello a tutti quei compagni e compagne ristrette, a chi viene
isolato in galera o ai domiciliari, a chi vive da anni con le firme, a chi è
stato allontanato dalla propria città o chi è minacciato di sorveglianza
speciale o avviso orale…
C’è sempre una speranza ma possiamo trovarla solo non arrendendoci mai!
Liberare tutti vuol dire lottare ancora, ma anche in catene tanto possiamo
farlo ancora.
A Nicoletta, a Luca, a Brescia, a Mattia, a Giorgio rinchiusi tra Vallette e
domiciliari: spero di rivedervi presto a lottare al nostro fianco! A voi non
devo certo spiegare niente, ma anche col vostro esempio di chi ha affrontato e
vinto quella stessa paura possiamo diventare più grandi di quanto abbiamo mai
immaginato.
ALLORA, A RIVEDERCI PRESTO!
NON C’È’ SCONFITTA NEL CUORE DI CHI LOTTA.
Chiudo questo capitolo della mia vita dedicandolo a quelle persone che amo.
Adesso è l’ora di andare a mangiare i panzerotti!