Libertà per Julian Assange!

Il 24 febbraio è iniziato a Londra il processo contro Julian Assange. Presidi per la sua liberazione si sono tenuti nei giorni precedenti in tutta Europa e anche in Italia, nelle città di Milano, Roma e Cagliari. Le manifestazioni sono state promosse dal Comitato italiano per la Liberazione di Julian Assange e hanno coinvolto centinaia di persone.

 

Assange è uno dei fondatori di WikiLeaks, l’agenzia che ha contribuito in modo decisivo a rompere la cappa di segreto e omertà che circonda le attività illegali dell’apparato politico-militare-industriale degli imperialisti USA e la corruzione dei suoi esponenti di destra e di “sinistra”. WikiLeaks ha diffuso materiale segreto o “confidenziale” sui crimini di guerra in Iraq, sul trattamento dei prigionieri a Guantánamo e le torture degli aguzzini USA, sui piani per uccidere Gheddafi e per preparare la distruzione e l’invasione della Siria e su molti altri argomenti in ogni campo, aprendo contraddizioni nel sistema militare, di controllo e di schedatura di massa condotto dagli imperialisti USA e suscitando la ribellione di agenti ben pagati al loro servizio (famosi i casi di Edward Snowden, agente della National Security Agency, e Chelsea Manning, analista dell’intelligence dell’esercito, i “whistleblowers”).

 

Il processo del 24 febbraio è l’ultima tappa di una persecuzione iniziata più di dieci anni fa, portata avanti dal governo USA con la collaborazione dei governi e delle autorità di vari paesi del mondo. Accusato strumentalmente di molestie sessuali in Svezia, nel 2010 Assange si consegna a Londra alle autorità e viene prima arrestato in seguito a un mandato di cattura europeo e poi rilasciato su cauzione. Quando a Londra cominciano a discutere se estradarlo in Svezia (passaggio preliminare per la successiva estradizione negli USA, dove rischia un processo per spionaggio e quindi la pena di morte), Assange si rifugia nella sede londinese dell’Ambasciata dell’Ecuador che, sotto il governo di Rafael Correa, lo accoglie come rifugiato politico. Per quasi sette anni (dal 2012 al 2019) rimarrà chiuso nell’ambasciata finché, con il cambio di governo l’Ecuador di Lenin Moreno non gli revocherà lo status di rifugiato politico permettendone l’arresto da parte della polizia britannica e il processo per violazione dei termini della libertà su cauzione, cui potrebbe seguire appunto l’estradizione negli Stati Uniti.

Tanto la persecuzione contro Assange quanto il contenuto delle “rivelazioni” di Wikileaks sono una conferma del ruolo degli imperialisti USA come caporioni mondiali dell’imperialismo (Assange non è cittadino statunitense, ma australiano e WikiLeaks non ha sede negli USA), della tendenza eversiva della borghesia imperialista (che per arrestarlo e spiarlo non si è risparmiata manovre sporche, violazione di leggi e diritti “universali”, ecc.) e mostrano la vera natura dell’imperialismo, dove pochi Stati (con alla testa gli USA) “comandano il mondo” e sono disposti a tutto per mantenerne il dominio (dalla schedatura di massa, alle torture fino allo sterminio di civili). WikiLeaks ha scoperchiato il vaso di Pandora, ma è arrivato solo a grattare la polvere in superficie. Assange ha la sola “colpa” di aver certificato con la pubblicazione di documenti ufficiali quello che le masse popolari in fondo, fino a un certo grado già sanno: in Italia, per esempio, si è sempre saputo che la bomba di piazza Fontana l’hanno messa i fascisti su commissione dello Stato e non gli anarchici.

La battaglia per la liberazione di Assange è un terreno su cui è giusto e possibile pretendere il più ampio schieramento della società civile e degli esponenti della sinistra borghese del nostro paese; è un terreno per denunciare – ma anche rompere – la sottomissione del nostro paese agli imperialisti USA e alla NATO, il servilismo delle autorità e delle istituzioni italiane a cui non bisogna permettere di fare gli struzzi: o si schierano attivamente e contribuiscono alla liberazione di Assange o si rendono complici di un crimine che viola gli stessi principi democratici che esse pretendono di incarnare e rappresentare.

In questo senso i presidi e le manifestazioni sono passi solo apparentemente piccoli e isolati, ma invece molto importanti: nessun politicante di nessun partito, nessuna istituzione e nessuna autorità borghese prenderà spontaneamente posizione sulla questione se non è incalzata dalla mobilitazione delle masse popolari. Questa mobilitazione deve essere l’obiettivo comune dei tanti partiti comunisti, organismi che si rifanno al comunismo, partiti di sinistra, movimenti e reti indipendentemente dalle reciproche differenze.

Le elezioni regionali in Toscana, Campania, Liguria, Veneto e Puglia, il referendum sul taglio dei parlamentari per il 29 marzo e il clima di campagna elettorale permanente sono tutte occasioni per far vivere la campagna per la liberazione di Assange.

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