A inizio febbraio Donato Laviola, militante politico dello spazio popolare Pablo Neruda di Torino, arrestato per gli scontri relativi al G7 di Venaria del 2017 e sottoposto prima agli arresti domiciliari e poi all’obbligo di firma quotidiano, scrive una lettera aperta al giudice Francesca Firrao, competente per il suo caso. In questa lettera Donato dichiara che violerà le misure cautelari, anche a rischio del carcere, se per la terza volta gli verrà negato, in maniera del tutto ingiustificata, il permesso a trascorrere qualche giorno al sud con i suoi familiari.
(..)Mentre scrivo queste parole inizia il mese di Febbraio, così mi sento di dirle alla luce del sole, senza sporche manovre, senza nascondermi, che alla fine di questo mese io scenderò a trovare i miei, con o senza permesso, andando incontro ai rischi del caso. (..)Le darò il tempo di rifletterci, se vorrà farlo, e tra 2 settimane chiederò al mio avvocato di ripresentare istanza, ma a questo giro sarà diverso: in allegato troverà un biglietto di sola andata. Sia lei a compilarne il ritorno. (..)Se, al contrario, il mio sarà stato un vano tentativo… beh non accetterò di tornare agli arresti domiciliari. Penso d’aver dato e di aver scontato quanto richiesto nonostante accuse di reati che non sento miei. La mia casa non è quella nella quale ho trascorso i precedenti domiciliari, ma lo Spazio Popolare Neruda, uno spazio un tempo abbandonato, oggi occupato nel quale hanno trovato casa 150 persone dalle più svariate nazionalità (…) E’ per questo che se vorrà punirmi le chiedo di firmare direttamente per il carcere. Non potrei mai più vivere in nessun altro luogo che non sia casa mia.
Il testo è stata pubblicato per intero dalla nostra Agenzia Stampa su www.carc.it, motivo per cui alcuni compagni ci hanno scritto, criticandoci perché davamo spazio a una lettera a tratti “arretrata”, poiché in vari passaggi Donato guarda e si rivolge al giudice come a una persona con cui poter instaurare un dialogo “umano”. (“Voglio incontrarla, voglio capire le sue ragioni, voglio capire il suo lavoro, la sua vita, sia pure per soli 10 minuti, ma mi conceda udienza, perché se mai avesse un dubbio su cosa rispondermi, voglio che mi guardi negli occhi e che mi scruti a fondo, mi metta a nudo e soltanto lì capisca cos’è giusto fare”). Trattiamo qui, brevemente, la questione.
La lotta di classe ha come protagoniste le masse popolari (a cui apparteniamo anche noi che aspiriamo a essere comunisti), con tutte le loro contraddizioni, le loro diversità, ma anche con l’enorme forza che sono capaci di sprigionare.
Della lettera di Donato l’aspetto principale non sono le motivazioni e la concezione che lo spingono a violare le misure cautelari, ma la sua pratica, il suo esempio valido per le migliaia di proletari colpiti da misure similari, la decisione di violare le misure restrittive e annunciare pubblicamente il suo intento. La sua decisione, infatti, rafforza oggettivamente il campo delle masse popolari e contribuisce ad alimentare l’ingovernabilità dal basso; va nella direzione indicata già da Nicoletta Dosio e anche dalla nostra compagna Rosalba. è una ulteriore spinta a moltiplicare la disobbedienza aperta alle leggi ingiuste. E’ quindi compito di noi comunisti valorizzarlo, qualunque ne siano le motivazioni. La solidarietà a Donato è in questo senso l’arma che rafforza lui, ma anche la nostra lotta, e che per questo non deve assolutamente mancargli.
10, 100, 1000 violazioni delle misure restrittive e forme di disobbedienza!