Il 17 Febbraio il Collettivo Autonomo dei Lavoratori Portuali (CALP) di Genova ha organizzato un presidio al porto in vista dell’attracco della nave Bahri Yanbu lanciando la parola d’ordine “Basta traffici di armi nel porto di Genova”. La compagnia saudita Bahri è infatti in prima fila nel rifornimento bellico diretto verso quei paesi del Medio Oriente in cui la borghesia imperialista promuove guerre di distruzione per accrescere i propri interessi.
I lavoratori del porto hanno chiamato tutta la città a mobilitarsi e il presidio ha visto la partecipazione di varie organizzazioni, partiti, associazioni, e singoli. Il CALP ha esteso l’appello oltre i confini della città ricevendo sostegno da ogni parte del paese: sono moltissime le organizzazioni che hanno fatto fotografie con striscioni e cartelli in solidarietà ai portuali e contro la guerra.
Il CALP, a partire dalla mobilitazione in difesa dei diritti dei lavoratori, ha assunto progressivamente un ruolo di avanguardia non solo a Genova ma anche a livello nazionale. Esso vigila su quello che le navi caricano e scaricano, su quello che trasportano e dove, alimentando e promuovendo la collaborazione, il coordinamento e la solidarietà con altri lavoratori portuali, italiani, europei e non solo. Questo è operare come autorità del territorio: le navi merci come la Bahri Yanbu non devono attraccare nei porti italiani come in quelli di nessun altro paese! Questo è internazionalismo proletario!
Difendere i diritti e le conquiste degli operai significa anche lottare per un lavoro utile e dignitoso. Nell’ambito della produzione di armi e del loro commercio, dare un senso politico a questa lotta significa anche ragionare su come è possibile inceppare l’ingranaggio della guerra imperialista. Nell’articolo “Guerra alla guerra” (su Resistenza 2/20) abbiamo affrontato i motivi che hanno prodotto la smobilitazione della classe operaia su questo tema. La sinistra borghese ha condotto le grandi mobilitazioni contro la guerra in Iraq e Afghanistan nel 2003 nel vicolo cieco delle suppliche alla borghesia imperialista di “non fare la guerra”, portando così le masse popolari a concludere che manifestare per la pace non serve a niente! La via di passare dalle suppliche ai fatti è invece ben evidente nel comunicato del CALP di Genova: “Dalla produzione bellica alla sua logistica, dalle basi militari ai centri di ricerca, l’ingranaggio della guerra è ampio e diffuso e permette a chiunque e dovunque di mettere in campo in autonomia ciò che vorrà e potrà”.
La mobilitazione del CALP è importante, perché passa dalla difesa all’attacco e promuove la mobilitazione della classe operaia e del resto delle masse popolari. La stessa sinistra borghese, con alla testa la CGIL, è stata costretta a rincorrere il CALP che aveva chiesto di indire lo sciopero cittadino. La CGIL dopo aver rifiutato la richiesta si è vista costretta, per non perdere la faccia di fronte ai propri iscritti, a indire una manifestazione tre giorni prima e a mobilitare anche tutte le organizzazioni che le ruotano attorno (ARCI, ANPI, Amnesty e pure i boy scout dell’AGESCI!). Questo dimostra che in un clima di campagna elettorale permanente, la classe operaia e le masse popolari hanno più che mai la possibilità e i margini per costringere chi dice di voler fare gli interessi delle masse popolari ad andare fino in fondo. Occorre rendere le campagne elettorali campi di battaglia da utilizzare per imporre ai vari politicanti di turno, a fronte del dissenso crescente delle masse popolari, l’attuazione almeno delle misure necessarie a far fronte agli effetti più urgenti della crisi.
Il CALP ha preso l’iniziativa e così facendo ha dimostrato che – come attesta l’ampia solidarietà ricevuta a livello nazionale e non – la classe operaia può riuscire a far valere la sua forza e a trascinare con sé il resto delle masse popolari.