Anche nel nostro paese è diffusa la tendenza, fra chi si definisce antimperialista, a schierarsi come tifoso per il governo del paese oppresso che resiste alle aggressioni e all’oppressione della Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti. Da inizio anno è la volta dell’Iran, il cui governo ha minacciato rappresaglie contro gli USA per l’omicidio del generale Soleimani, che molti compagni commemorano oggi come eroe rivoluzionario.
Sia chiaro, esprimere solidarietà e sostegno ai governi e alle masse popolari dei paesi oppressi che resistono alla Comunità Internazionale e ai loro esponenti e dirigenti è giusto: la loro resistenza rafforza oggettivamente la resistenza di tutte le masse popolari, anche di quelle dei paesi imperialisti. Ma limitarsi allo schieramento e al “tifo” è sbagliato, perché devia la discussione rispetto ai compiti dei comunisti e la porta sul terreno dell’opinionismo. E’ controproducente fare battaglie campali pro o contro il governo iraniano, pro o contro Assad, pro o contro Hamas che governa la Striscia di Gaza, pro o contro il diritto all’autodeterminazione del popolo curdo: è un modo arretrato di guardare alle cose che alimenta divisioni e schieramenti sulla base della propaganda di regime e svia dai reali interessi della classe operaia e delle masse popolari, che noi dobbiamo invece mettere al centro usando la concezione comunista del mondo.
Riprendiamo qui, argomentando brevemente, il nostro orientamento generale.
Sosteniamo ogni governo, ogni paese e le masse popolari di ogni paese che si ribellano alla Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti e anzi riteniamo che un governo del nostro paese che faccia davvero gli interessi dei lavoratori debba avviare con loro relazioni di solidarietà e cooperazione. La resistenza dei popoli oppressi ci parla del presente e del futuro: ci parla del presente poiché incarna la lotta contro la borghesia imperialista e ci dimostra che essa è possibile, ci parla del futuro perché incarna la necessità di un ordinamento mondiale superiore in cui ogni paese e ogni popolo vive in pace, prospera e collabora reciprocamente, ci parla in definitiva della necessità del socialismo.
L’ordinamento di cui c’è bisogno, è necessario essere chiari, non è il modello su cui si basano i paesi oppressi che resistono all’imperialismo! Non è quello iraniano, siriano, palestinese, ecc. Il più evoluto di quei modelli di società, nel migliore dei casi, si ispira alla democrazia borghese dei paesi imperialisti. L’aspetto democratico del regime borghese dei paesi imperialisti è frutto tuttavia dell’influenza delle conquiste di civiltà dei primi paesi socialisti e del terrore della borghesia della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti.
Gli attuali governi dei paesi oppressi che resistono all’imperialismo hanno ereditato il loro ruolo da ciò che le masse popolari hanno conquistato quando il movimento comunista era forte nel mondo e dirigeva la lotta anticoloniale e di liberazione nazionale in tutti i continenti. In molti paesi arabi, in particolare, il clero musulmano è stato spinto dalle masse popolari a combattere contro gli stessi imperialisti USA e sionisti che lo avevano formato, foraggiato e addestrato per combattere contro il comunismo. Il clero musulmano non ha alcuna prospettiva positiva di società da offrire alle masse popolari dei paesi arabi, poiché basa la sua esistenza su un sistema di relazioni (economiche, politiche e sociali) superato dalla storia dell’umanità (alla stregua dei neo-borbonici in Italia che sono anacronisticamente “contro la globalizzazione capitalista”)., che mantiene un ruolo solo nelle pieghe del sistema capitalista (vedi “La divisione politica del mondo e la sua unità economica” a pag. 2).
Anche nei paesi oppressi che si ribellano all’imperialismo ci sono contraddizioni fra la classe dominante e le masse popolari. Esistono in Iran, dove ciclicamente le mobilitazioni delle masse popolari vengono represse, in Siria, in Palestina e ovunque: si tratta della stessa contraddizione di classe che esiste, in forme diverse, ma la sostanza è la stessa, in Israele, negli USA, in Francia, in Italia, ecc. (i sionisti stanno alle masse popolari ebree come i nazisti stavano alle masse popolari tedesche e i fascisti a quelle italiane). Questa è la principale contraddizione della società contemporanea che si esprime al massimo livello nei paesi imperialisti con la contraddizione fra classe operaia e borghesia imperialista. Ogni teoria o analisi “geopolitica” che elude questa contraddizione è campata per aria, è un’arma di distrazione di massa. Ogni antimperialismo che tralascia la questione di classe è diversione dalla lotta per il socialismo.
Senza legame con la lotta per il socialismo, l’antimperialismo “astratto” è, o diventa, uno strumento in mano a questa o quella fazione della Comunità Internazionale nella guerra tra bande: i gruppi imperialisti UE usano i sentimenti antimperialisti per mobilitare le masse contro gli imperialisti USA o si fanno promotori dei diritti civili per insidiare il governo russo o cinese, i gruppi imperialisti USA usano la lotta per l’autodeterminazione del popolo curdo contro il Presidente Assad, ecc. Il tratto comune a ogni “fazione” è che le masse popolari dei paesi imperialisti e dei paesi oppressi sono considerate sempre alla stregua di massa di manovra al servizio della classe dominante.
L’unico modo per allentare la morsa della Comunità Internazionale degli imperialisti sui popoli e paesi oppressi, per sottrarre il territorio italiano dalle scorrerie degli imperialisti USA, per ritirare i soldati italiani dalle missioni all’estero, per impedire il commercio “legale” e illegale di armi è liberare l’Italia dal carro della UE, della NATO, dello Stato di Israele e del Vaticano e schierarla al fianco dei popoli e dei paesi oppressi.
Il primo passo in questa direzione è che le masse popolari impongano il loro governo di emergenza, il secondo, quello decisivo, è che la classe operaia prenda il potere e faccia dell’Italia un nuovo paese socialista.
Questa è l’opera a cui chiamiamo gli antimperialisti e gli internazionalisti.