Che cos’è la guerra? Una corretta risposta, senz’altro la più celebre, è quella del famoso generale prussiano delle guerre napoleoniche, Karl von Clausewitz: “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. La politica è l’ambito in cui si regolano i contrasti tra le classi sociali e tra gruppi della classe dominante che sorgono sulla base del movimento economico della società.
Viviamo da millenni in società divise in classi dagli interessi contrapposti e, poiché c’è sempre una classe dominante e una classe oppressa, non ci possono essere decisioni politiche “neutre”, valide per gli interessi di entrambe: ogni decisione fa gli interessi o dell’una o dell’altra.
Anche oggi, in ogni paese imperialista, si esprimono due linee politiche fondamentali che si contrappongono l’una all’altra sulla soluzione al problema centrale della società, la crisi generale del modo di produzione capitalista.
Una linea è quella della borghesia imperialista, il cui principale scopo è la sopravvivenza del modo di produzione capitalista nonostante la crisi. E’ una linea che impone il crescente sfruttamento dei lavoratori e della natura e il complessivo e generale peggioramento delle condizioni di vita delle masse popolari (attenzione: non significa che oggi le masse popolari vivono peggio di 200 anni fa, ma che nei paesi imperialisti, e ancor più nei paesi oppressi, è impedito loro di vivere come il livello di progresso, conoscenze, disponibilità di beni e servizi oggi raggiunti renderebbe possibile). E’ una linea che si traduce in ritmi di lavoro sempre più elevati, in morti sul lavoro o per malattie curabili, in disoccupazione, smantellamento dei diritti e delle tutele, inquinamento e devastazione ambientale, neocolonialismo e aggressione di quei paesi che non si piegano alle scorrerie dei gruppi imperialisti. E’ una linea che acuisce la concorrenza tra gli stessi capitalisti per valorizzare ognuno il proprio capitale a spese degli altri (vedi l’editoriale).
In questa linea ci sono già, più o meno sviluppati, tutti gli elementi che portano a una guerra mondiale dispiegata. In questo senso la Terza Guerra Mondiale è già cominciata.
Non sono quindi gli individui a capo di questo o quel gruppo imperialista a determinarla, essa non è il prodotto “della follia” di Trump, né “del cinismo” di Putin, né della “spregiudicatezza” di Macron. I gruppi imperialisti USA hanno promosso la guerra in ogni angolo del mondo, indipendentemente dal fatto che al governo vi fossero i Democratici (Clinton in Jugoslavia, Obama in Siria e Libia) o i Repubblicani (invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq sotto Bush e le recenti azioni di Trump); lo Stato francese ha aggredito la Libia sia sotto la presidenza di Sarkozy che di Holland e continua oggi con Macron.
E’ una questione di linea politica per fare fronte alla crisi generale e, indipendentemente dai singoli personaggi, la borghesia la persegue e la perseguirà, se non è efficacemente contrastata dalla classe operaia e dalle masse popolari.
Dall’altra parte c’è la linea politica della classe operaia diretta dal suo partito comunista che per risolvere la crisi generale del modo di produzione capitalista ha l’obiettivo di superarlo e sostituirlo con un modo di produzione superiore, il socialismo. Il socialismo poggia su tre pilastri: la dittatura del proletariato, la proprietà collettiva dei mezzi di produzione e la crescente partecipazione delle masse popolari alla gestione della società. L’instaurazione del socialismo può avvenire e avviene solo per mezzo della rivoluzione socialista che è anch’essa una guerra. “Una guerra popolare: perché il suo cuore è la mobilitazione e organizzazione delle masse popolari attorno al partito comunista, è combattuta dalle masse popolari e in definitiva può essere vinta solo dalle masse popolari. Una guerra rivoluzionaria: per il suo obiettivo (instaurare il potere della classe operaia e aprire la via alla costruzione di un nuovo ordinamento sociale), per la sua natura (non è lo scontro tra Stati e tra forze armate contrapposte, ma tra una classe oppressa che gradualmente assume la direzione delle masse popolari, conquista il loro cuore e la loro mente e gradualmente costruisce il suo nuovo potere di contro a una classe di oppressori che ha già un suo Stato e le sue forze armate e ha ereditato dalla storia l’egemonia sulle masse popolari), per il suo metodo (la classe rivoluzionaria ha l’iniziativa e tramite la sua iniziativa costringe la classe dominante a scendere sul terreno di lotta che è più favorevole alla classe oppressa).
È una guerra di lunga durata perché compiere l’intero processo sopra indicato richiede in ogni caso un tempo che non può essere stabilito a priori. Per vincere, bisogna essere disposti a combattere per tutto il tempo che sarà necessario, formare, organizzare e dirigere le proprie forze in conformità a questo imperativo, manovrare. Volere a tutti i costi chiudere la guerra in breve tempo, è fatale per la classe operaia, porta alla sconfitta e alla resa. La borghesia al contrario cerca disperatamente di chiuderla in breve tempo, perché più la guerra si prolunga, più la sua vittoria diventa difficile. Non riuscire a soffocare la guerra popolare rivoluzionaria in breve tempo, per la borghesia è già una sconfitta” dal Manifesto Programma del (nuovo)PCI – Edizioni Rapporti Sociali, 2008.
Nemmeno la guerra popolare rivoluzionaria dipende dai singoli individui (sbagliano i compagni che aspettano l’arrivo di un altro “grande dirigente”), ma dal partito comunista che la dirige: è il partito comunista che ha il compito di formare dirigenti capaci di condurre alla vittoria la rivoluzione socialista.