Il P.CARC sostiene la proposta di invito al confronto per un patto d’azione contro la repressione avanzata dal Si Cobas a livello nazionale. Saremo presenti a Roma e ci attiveremo fin da subito per propagandare l’iniziativa a tutti coloro a cui possiamo arrivare.
Denunce, processi, multe, fogli di via, arresti e altre forme di restrizione della libertà come quella al diritto di sciopero e di manifestazione sono armi di cui lo Stato, la legalità e la giustizia borghesi, si avvalgono per difendere e affermare gli interessi delle classi dominanti (la borghesia e il clero) e reprimere le masse popolari. Da una parte fomentano il razzismo per trasformare in guerra tra poveri gli effetti disastrosi della loro gestione della società, dall’altra ricorrono a una repressione sempre più ampia e dispiegata verso tutte le forme di resistenza che le masse popolari oppongono. Salvini con i suoi decreti non è che l’ultimo arrivato. È in corso una guerra di classe in cui il nemico tenta di toglierci anche la possibilità di combattere.
Il capitalismo attraversa una crisi generale: economica, politica, culturale e ambientale. Man mano che questa crisi avanza (e inevitabilmente sempre più avanzerà), aumenta la resistenza dei lavoratori e delle masse popolari e conseguentemente aumenta la repressione. Ma quanto più aumenta la repressione tanto più è difficile per la classe dominante mantenere il controllo della situazione poiché il numero di chi vi si ribella aumenta e interi settori sociali sono sempre più coinvolti in questo meccanismo. La repressione nelle aziende contro chi si oppone allo smantellamento del sistema produttivo e per condizioni di lavoro dignitose, contro gli operai del SI COBAS, contro il Movimento NO TAV, contro i pastori sardi, contro il movimento di lotta per la casa, contro gli attivisti e i militanti politici rendono possibile – e non solo necessario – un ampio coordinamento per violare le condanne e le leggi antipopolari, per rovesciare la repressione contro chi la promuove e farla diventare un problema politico più grande di quello che le autorità e le istituzioni borghesi vogliono affrontare “alla loro maniera”.
È una lotta che non può essere delegata al singolo o alla singola organizzazione. Il passo da compiere è moltiplicare le occasioni di confronto collettivo su come valorizzare le iniziative che già vanno in questo senso (vedi l’esempio di Nicoletta Dosio e della nostra compagna Rosalba Romano) affinché esse fungano da apripista di un movimento più ampio per rompere la catena della repressione. Non è semplice violare i fogli di via e le restrizioni, rifiutare il pagamento delle multe e dei decreti penali di condanna, rendere l’esecuzione di una condanna o di una misura cautelare una questione collettiva e politica anziché individuale. Non tutti possono o se la sentono di scendere sul terreno della disobbedienza aperta e dispiegata, ci sono molte cose da considerare per ognuno. Però ogni passo in questo senso rafforza la lotta comune. Per questo vediamo l’incontro Roma come un primo passo per cominciare a discutere di misure pratiche comuni da riversare sui territori.
Compagni, la questione che si impone con tutta chiarezza è quella del governo del Paese! Non è solo puntando a fare manifestazioni sempre più grandi o limitandoci a politicizzare le lotte rivendicative che riusciremo a fermare la repressione o a invertire il corso generale che la società ha preso sotto la direzione della borghesia imperialista: è sottraendo a questa classe il potere – qui e ora – che lo faremo. Le uniche che possono fare gli interessi delle masse popolari sono le masse popolari stesse. I lavoratori e le masse popolari organizzate in comitati sono gli unici che hanno la forza di imporre le proprie misure ad un’Amministrazione Locale e in ultima analisi a un governo nazionale, per farle attuare come misure d’emergenza, per far saltare l’assetto istituzionale borghese (che già è in frantumi per effetto della crisi) e imporre loro rappresentanti. Non si tratta di trovare una sponda politica: ogni forma di organizzazione e coordinamento delle masse popolari è già una base di nuovo potere, si tratta di farla agire come tale. Esempi come la Val Susa, Prato o Modena ci mostrano quello che deve essere esteso e strutturato su ampia scala.
10, 100, 1000 iniziative contro la repressione!
Violare in massa i Decreti sicurezza fino ad abrogarli, organizzarsi e coordinarsi contro le leggi antipopolari e le condanne per reati sociali
Per l’organizzazione e il coordinamento degli organismi operai e popolari!