Il futuro è nelle mani dei lavoratori e dei cittadini
Nemmeno il tempo di terminarne lo spoglio dei voti che per Bonaccini e i suoi la riapertura dei punti nascita sull’Appennino diventa “di difficile realizzazione” e l’autonomia differenziata “s’ha da fare”. Questa è la sintesi del “nuovo corso” del riconfermato governatore, cosa che non sorprende stante la sua politica da destra moderata fin qui condotta (privatizzazioni, speculazioni, grandi opere inutili e dannose). Nonostante buona parte degli elettori si sia espressa più contro Salvini che per convinzione delle politiche del PD, la vittoria di Bonaccini diventa ulteriore campo per far valere gli interessi delle masse popolari, inchiodandolo alle promesse fatte. Prendiamo ad esempio la riapertura dei punti nascita in montagna, dal giorno dopo le elezioni questa emergenza deve diventare un vero e proprio “problema di ordine pubblico” (manifestazioni, presidi insieme ad altre battaglie, iniziative a livello locale e regionale, ecc.) perché spontaneamente il PD, il nuovo governatore e i poteri che lo sostengono non li riapriranno.
La propaganda di regime cerca di ridurre il risultato elettorale a uno scontro tra i singoli candidati (che hanno fatto un bel teatrino), la verità è che il ruolo determinante lo hanno avuto le masse popolari. Sono loro che si sono mobilitate diffusamente e su più livelli in queste settimane: analizzando il voto questo è evidente perché parte della vittoria di Bonaccini è frutto della loro mobilitazione attorno a temi quali l’antifascismo, l’antirazzismo e i valori della Costituzione. È stato un sentimento diffuso, incarnato principalmente dal Movimento delle Sardine che ora devono occuparsi stabilmente dei singoli territori, difendere le aziende dalla delocalizzazione, creare dal basso mille lavori di pubblica utilità.
Il voto reale
L’affluenza è stata del 67.7% ma è, in realtà, la seconda più bassa di sempre nelle regionali in Emilia Romagna. Per non incappare nella trappola delle percentuali, che molto confondono, mettiamo il voto “con i piedi per terra”, facendo un confronto dei voti assoluti tra:
– i dati delle regionali del 2014 e quelli delle regionali del 26 gennaio 2020;
– i dati delle regionali 2020 e quelli delle precedenti politiche ed europee.
Bonaccini è stato eletto grazie a 1.195.742 preferenze (il 51,4%) e ha quindi recuperato rispetto al 2014 (615.723) con il Partito Democratico che ha preso 749.976 voti (il 34,7%), recuperando voti rispetto alle Europee (703.131) e alle Politiche (668.837). Il merito di questo risultato non è certo per la “buona politica” del PD, ma piuttosto grazie al recupero dei voti di molti elettori trasmigrati negli anni precedenti al M5S ora in crisi profonda, alla possibilità del voto disgiunto1 e soprattutto al grande e variegato sommovimento promosso dalle Sardine che sono state la miglior dimostrazione (al netto dei vertici) del crescente malcontento e sfiducia delle masse a fronte del corso delle cose e nei confronti di chi ha governato fin ad ora.
Il centrodestra ha raccolto 1.014.672 voti (il 43,6%) e ha vinto soprattutto nelle zone periferiche e meno popolose (in particolare sull’Appennino), arrivando a conquistare le province di Parma, Ferrara e Rimini oltre a quella di Piacenza (dove aveva già vinto nel 2014). Questo risultato lo si comprende studiando, ad esempio, il caso Carife, il crac della Cassa di Risparmio di Ferrara che ha mandato in crisi molti risparmiatori. Con il decreto del governo Renzi del 2015 le persone si sono sentite prese in giro dalla politica e dalla banca, così hanno votato Lega. Alle Amministrative dello scorso anno, il PD ha perso comuni “storici” non per meriti della Lega ma perché non ha messo al centro i bisogni e gli interessi del territorio, di chi lo vive e chi vi lavora: se interrogati, i cittadini del ferrarese, rispondono che “la Lega è vicina al territorio, ascolta i cittadini, mentre la sinistra (il PD, ndr) era chiusa nel palazzo”. Non è tutto rose e fiori: la Lega ha preso 690.864 voti (il 32%), guadagnando rispetto alle Politiche (486.997) ma perdendo consensi rispetto alle Europee (759.948). Non solo, la Lega Ferrara è fortemente spaccata al suo interno: Salvini è stato sicuramente “tra la gente” ma i reali temi che coinvolgono le masse popolari sono stati tutti elusi, prediligendo una campagna elettorale a tratti folkloristica (le tradizioni culinarie) e denigrante (“lei spaccia?”). Non solo, ma senza scrollarsi di dosso i legami con Berlusconi e con gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo, ha spinto voti verso l’avversario. Non è che un segno di evidente difficoltà da parte delle Lega, perché incalzata e contrastata dalla mobilitazione popolare. Eppure, in Emilia Romagna, ha dato vita a esperienze di sostegno e appoggio ai piccoli commercianti, alle fasce più deboli della popolazione e ad altre categorie delle masse popolari: impongano questo gli elettori della Lega agli eletti del Carroccio in Regione e in tutti i comuni che dirige già all’indomani del voto, impongano le vere esigenze delle masse popolari. Basta con la propaganda spicciola di Salvini e soci!
Nel resto della coalizione, Fratelli d’Italia sale sì all’8,6% (185 mila voti) ma ciò è frutto di una ricollocazione degli stessi voti all’interno della coalizione ed è sintomatico, in linea con il disgregamento di questo polo delle Larghe Intese, il crollo di Forza Italia (al 2,56%).
Il contrasto tra, da un lato le aspirazioni della base e le promesse fatte agli elettori e dall’altro l’attività nazionale con il governo Conte 2 ha inevitabilmente prodotto un calo di elettori per il Movimento 5 Stelle. Il risultato è che un terzo dei votanti M5S non è andato a votare e un’altra buona parte ha votato per Bonaccini e per il PD. Così, il candidato presidente Benini ha preso solo 80.823 voti (il 3,5% – mentre la lista ha preso 102 mila voti) quando nel 2014 l’allora candidata, prese 167.022 voti (il 13,31%); il M5S ha inoltre perso voti sia rispetto alle Politiche (689.204) che alle Europee (290.019). La lezione che gli attivisti del M5S devono trarre dai risultati elettorali è che per attuare quanto hanno promesso devono legarsi alle masse popolari e al loro attivismo, uscendo dal pantano del “cambiamo il sistema da dentro”. L’esempio positivo da seguire viene da Reggio E. dove il sostegno al comitato contro l’impianto a Biogas voluto da IREN è da sempre pratica del M5S locale: questo significa essere presenti, oltre le elezioni.
Interessante anche il risultato del Movimento 3V (Vaccini Vogliamo Verità) che ha raccolto 10.979 voti (lo 0,5%) con un programma molto più articolato rispetto ai soli vaccini, ponendosi chiaramente per lo stop al 5G e per la difesa del territorio (come il no alle trivelle).
In ultimo, le tre liste di sinistra capitalizzano l’1% con un totale di 26.165 voti così ripartiti:
– Partito Comunista lo 0,46% con 10.287 voti;
– Potere al Popolo lo 0,4% con 8.048 voti;
– L’Altra Emilia Romagna lo 0,35% con 7.830 voti (nel 2014, da sola, aveva preso il 3,72%).
Ciò dimostra che in regione ci sono migliaia e migliaia di uomini e donne con la “falce e il martello nel cuore” ed è a questi compagni e a questi votanti ci rivolgiamo, affinché si lavori per mettere realmente al centro i nostri interessi (quelli dei lavoratori, dei disoccupati, degli studenti, degli anziani, ecc.), combattendo con forza la concorrenza elettorale. Costruiamo un’unità d’azione per imporre le misure di emergenza che servono alle masse popolari emiliano-romagnole, partendo dalla difesa della struttura produttiva (CNHi, Saeco, Magneti Marelli, ecc.) e dalla lotta contro le grandi opere inutili e dannose di cui la regione abbonda!
Che fare?
Al di là delle percentuali, dei candidati eletti e di ciò che l’elettoralismo divide, noi ci rivolgiamo a tutti coloro (dai meetup delusi fino agli operai che votano Lega) che sono stanchi del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro: se una fabbrica chiude non è un problema esclusivo di alcuni operai che votano “tizio”, se un fiume esonda o il terreno viene inquinato da una grande opera inutile e dannosa ciò è interesse di tutti, a prescindere se si è “di destra o di sinistra”. Solo la promozione del protagonismo operaio e popolare può cambiare il corso delle cose! Già oggi si possono (e si devono) sostenere in ogni azienda gli operai avanzati (come alla Fabio Perini a Calderara di Reno contro i 66 licenziamenti) e in ogni zona gli esponenti avanzati delle masse popolari che in qualche modo nel loro contesto particolare, in un campo o nell’altro, si organizzano per resistere alla crisi (come con il Comitato contro l’ampliamento dell’aeroporto cargo di Parma o come i Comitati contro il 5G). Si può spingere ogni gruppo di lavoratori ad andare oltre il suo caso particolare e a legarsi agli altri gruppi che anch’essi nel loro particolare resistono e assieme creare la rete del nuovo potere che si rafforzerà fino a costituire un proprio governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare!
Perché, come scrive il nuovo PCI nel suo Comunicato CC 3/2020 La lezione che i comunisti devono trarre dalle elezioni regionali del 26 gennaio “Noi dobbiamo perseguire con più convinzione, con maggiore audacia e con spregiudicatezza e iniziativa l’attuazione di questa linea. Gli avvenimenti hanno confermato e confermano l’analisi che sta alla sua fonte: la resistenza delle masse popolari al catastrofico corso delle cose imposto al mondo dai gruppi imperialisti e il carattere elementare e manipolabile di essa quanto a organizzazione, coscienza e orientamento politico”.
Il futuro dipende da noi, non dai politicanti di turno! Imporre loro i nostri interessi, inchiodandoli alle loro promesse!
1 Infatti le preferenze al Candidato Presidente S. Bonaccini sono state 1.195.742 mentre i voti alla coalizione sono stati 1.040.482. Ciò si evince anche dal voto per il M5S che ha raccolto 102.595 voti ma solo 80.823 sono state le preferenze al Candidato Presidente S. Benini;