Whirlpool di Napoli: preparare le condizioni per vincere anche la prossima battaglia

Lo scorso 31 ottobre i padroni indietreggiano e annunciano “4 mesi di tregua per elaborare nuove soluzioni” anziché dare seguito all’annuncio di chiusura “irrevocabile” dello stabilimento. E’ una temporanea vittoria che solo fino al giorno prima sembrava impossibile, nonostante mesi di trattative sindacali. E’ un’importante vittoria conseguita dagli operai grazie alla combinazione di due fattori: 1. la loro mobilitazione compatta e decisa, con cui hanno fatto diventare la vertenza “un problema di ordine pubblico”, cioè un problema politico; 2. la costruzione e il rafforzamento di un ampio e variegato fronte esterno composto da istituzioni, partiti, associazioni e movimenti che ha raccolto i loro appelli alla solidarietà ed è cresciuto man mano che la loro mobilitazione cresceva (operai! Chiedere pubblicamente solidarietà all’esterno è sempre una mossa giusta e che dà risultati!). Oggi alla Whirlpool di Napoli si lavora come prima del 31 maggio, la data dell’apertura della crisi: contratto di solidarietà e turnazione ridotta, ma dentro la fabbrica molte cose sono cambiate, la lotta le ha cambiate.

Gli operai hanno riattivato il loro “Consiglio di Fabbrica”, che non è un organismo come quello degli anni ‘70, ma l’assemblea aperta delle RSU a cui possono partecipare – e anzi sono invitati a partecipare – tutti gli operai, che siano iscritti o meno al sindacato. Un organismo di discussione e confronto che raccoglie gran parte, se non tutto, il dibattito che nel frattempo è diventato più chiaro e più profondo fra gli operai: non si parla più di generica “soluzione possibile”, ma di nazionalizzazione dello stabilimento e delle strade per praticarla.

Fra i cambiamenti più evidenti in fabbrica la riattivazione del CRAL che viene usato per organizzare iniziative culturali con il contributo delle associazioni del quartiere: è un modo concreto e per niente secondario per far emergere e consolidare la relazione fra gli operai e le masse popolari della zona e della città: la fabbrica sotto il controllo degli operai – benché parziale – è un bene comune!

Infine, negli operai si è rafforzata la comprensione dell’importanza di far conoscere la loro lotta anche fuori dal quartiere e dalla città: hanno continuato a partecipare ad assemblee, dibattiti, incontri anche prettamente politici. Citiamo come esempio la partecipazione all’assemblea unitaria delle sinistre di opposizione del 7 dicembre a Roma (vedi articolo a pag. 7). Condividere l’esperienza degli operai, soprattutto quando la loro lotta ottiene risultati concreti, è il miglior modo per diffondere un messaggio positivo, di dimostrare che le cose vanno male, ma si può resistere, si può persino ribaltare i rapporti di forza, si può ricacciare indietro l’attacco dei padroni e costringere “la politica” ad andare oltre le semplici dichiarazioni di intenti.

Gli operai della Whirlpool di Napoli dimostrano a tutti gli operai che lottare per i propri interessi è possibile. Con le attività che stanno conducendo oggi insegnano ancora che è possibile mobilitarsi senza aspettare di essere “all’angolo” costruendo il fronte delle proprie forze fuori e dentro la fabbrica.

Fra due mesi scadranno i tempi che il padrone si è preso per ritornare alla carica. E’ certo che nemmeno il padrone è rimasto a dormire, ma ha tramato (ha cercato di costruire il suo fronte, benché con i suoi mezzi e non con la solidarietà di classe). E’ certo che pretende di ottenere il risultato. E’ certo che quel risultato è inconciliabile con gli interessi degli operai. Quanto più gli operai della Whirlpool continueranno sulla strada che hanno imboccato e la svilupperanno, tanto più creeranno le condizioni affinché il padrone prenda un’altra legnata. Quanto più la lotta assume il carattere politico, tanto più la vertenza Whirlpool farà da apripista ad altri operai e la difesa degli interessi dei lavoratori di una singola fabbrica diventerà la lotta per l’imposizione degli interessi di tutta la classe operaia.

Per ulteriore approfondimento rimandiamo all’articolo pubblicato su La Voce del (nuovo)PCI n. 63.

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