Il Partito dei CARC esprime massima solidarietà ai 21 operai e alle due studentesse colpite dagli effetti del Decreto Sicurezza, in particolare dall’articolo 23 che prevede sanzioni amministrative da mille a quattro mila euro in caso di partecipazione e organizzazione di picchetti e blocchi stradali.
Questa misura è l’ennesima conferma che lo Stato, la legalità e la giustizia borghesi, cioè l’insieme di codici, leggi, norme, procedure, prassi e dispositivi, insieme alle istituzioni e alle autorità che li attuano, sono unicamente rivolti a difendere e affermare gli interessi della classe dominante (la borghesia e il clero) e a reprimere le masse popolari.
Per conservare il suo dominio la classe dominante deve estendere sempre più l’uso di apparati polizieschi nel tentativo di contenere la ribellione di settori crescenti delle masse popolari contro gli effetti della crisi: denunce, processi, multe, fogli di via, arresti e altre forme di restrizione della libertà come quella al diritto di sciopero e di manifestazione sancito dai Decreti Sicurezza 1 e 2. Queste sono le armi di cui la classe dominante si avvale, combinate a un ampio sviluppo dell’intossicazione dell’opinione pubblica e della diversione dalla lotta di classe.
Ma i fatti hanno la testa dura: la crisi produce un movimento che spontaneamente cresce e porta i lavoratori e le masse popolari a resistere, mobilitarsi e organizzarsi come possiamo vedere dalle tante mobilitazioni che costellano il nostro paese.
I lavoratori che a Prato hanno ricevuto le multe per aver esercitato i loro diritti hanno giustamente affermato che “illegale è il modo in cui gli operai vengono trattati e non lottare per difendere i propri diritti!”. Sosteniamo questa posizione: è legittimo tutto ciò che va negli interessi delle masse popolari anche se è illegale per le leggi dello Stato.
Durante il governo Conte 1 molti sono stati i sindaci e gli amministratori locali (principalmente del PD) che hanno alzato il muro contro il Decreto Sicurezza, in quanto è agli enti locali che spetta il compito di eseguire gli ordini e mettere a disposizione fondi, mezzi e risorse. Le Amministrazioni Locali sono, per l’ennesima volta, di fronte a un bivio: sostenere il programma della borghesia imperialista e attuare costi quel che costi il Decreto Sicurezza, oppure resistere e trovare strade alternative. Su questo punto è bene essere chiari: che cosa faranno gli amministratori locali, che cosa farà il Sindaco di Prato Matteo Biffoni dipende dalla mobilitazione degli operai e delle masse popolari. Sono queste ultime che devono imporre, attraverso un’azione organizzata e coordinata, le misure che servono alla città in virtù dei loro interessi e delle loro esigenze e mettere al centro la sicurezza che serve veramente ai lavoratori e che attiene ai quegli stessi problemi che hanno spinto gli operai della Tintoria Superlativa (così come tanti altri) a rivendicare i propri diritti; che riguardano i problemi della scuola (edifici fatiscenti, discontinuità didattica); della sanità; dell’ambiente e dell’emergenza abitativa. Quello di cui necessita Prato è un Decreto di Sicurezza Popolare che tuteli la vera sicurezza per i lavoratori e le masse popolari, intesa come garanzia a una vita degna.
I comitati possono già oggi individuare le misure che servono al territorio e imporre all’Amministrazione che se ne faccia carico, oppure, cominciare ad attuarle direttamente. Alcuni esempi?
– individuare le misure necessarie territorio per territorio, quartiere per quartiere, per tutelare la salute di chi li abita e l’ambiente, così da imporre opere utili e bloccare quelle inutili e dannose come già vari comitati a Prato stanno facendo;
– dare un lavoro dignitoso ai disoccupati per esempio mobilitandoli per prendersi cura dei propri quartieri sottraendoli al degrado e implementando quei lavori di pubblica necessità per il terriotrio;
– censimento dei beni sfitti per dare un tetto dignitoso a famiglie che non ce l’hanno;
– difendere il diritto alla salute delle masse popolari, di cui i sindaci per la Costituzione italiana sono responsabili, mobilitandosi contro la chiusura e il ridimensionamento degli ospedali pubblici;
– violare le leggi dello Stato che impediscono di accogliere gli immigrati in modo dignitoso come ha fatto Mimmo Lucano a Riace, rendendo concreta e non retorica la solidarietà che in tanti gli hanno espresso, e allo stesso tempo non rinchiuderli in strutture abbandonati a se stessi senza un ruolo positivo nella società.
Organizzarsi per costruire l’alternativa politica, economica e sociale che sia coerente con gli interessi delle masse popolari, a partire dai nostri territori, è il modo per far valere quei valori democratici e antifascisti a cui in tanti (compreso il sindaco Biffoni) si appellano ogni giorno.
La costruzione di questo movimento comincia dall’attivarsi concretamente a sostegno della lotta degli operai colpiti dall’attuazione dell’art. 23 alimentando la costruzione di un fronte di solidali che sia il più ampio possibile, coinvolgendo i lavoratori anche di altri stabilimenti.
I comitati oggi esistenti a Prato (da quelli che lottano contro l’inceneritore, l’aeroporto e il 5G al movimento dei FFF fino alle Sardine) insieme agli operai, possono costringere gli esponenti delle istituzioni locali (sindaco Biffoni in testa) e nazionali a usare il loro potere politico, la loro visibilità e le loro relazioni per dare seguito alla battaglia contro l’applicazione del Decreto Sicurezza di cui si sono fatti promotori durante il governo Conte 1.
A livello locale sono tante le cose che un sindaco può fare per opporsi all’applicazione del Decreto Sicurezza: per esempio ricorrere al TAR (come in verità avevano già fatto tanti sindaci durante il governo M5S-Lega limitando l’opposizione alle sole parti relative alla gestione dell’accoglienza), elaborare atti amministrativi, come ordinanze comunali in cui il sindaco si impegna a farsi garante del diritto di sciopero per future iniziative di lotta, fare pressioni a livello regionale e nazionale sulle forze al governo del paese. A questo proposito bisogna tirare in ballo tutti quei parlamentari che durante il governo Conte 1 hanno promesso fuoco e fiamme contro Salvini, tanto per fare un nome Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) che entrò nel merito proprio nel merito delle vicende pratesi.
Insomma, bisogna costringere amministratori locali e parlamentari a essere conseguenti con le promesse fatte quando Salvini era Ministro degli Interni, perché questo è il modo per non lasciare che quelle promesse siano solo uno strumento per raccogliere facili consensi.
Bisogna sostenere e valorizzare ogni forma di lotta contro le misure di Salvini per alimentare la costruzione di un movimento popolare che attui dal basso, e da subito, le parti progressiste della Costituzione, eluse e violate sistematicamente, basandosi sul protagonismo, l’organizzazione e l’iniziativa dei lavoratori e delle masse popolari organizzate e che punti al governo del paese, che si muova verso l’obiettivo del Governo d’Emergenza Popolare, la tappa d’avvicinamento per fare dell’Italia un nuovo paese socialista per emancipare e liberare tutte le masse popolari dall’oppressione di questo sistema che rende la loro vita infernale.
Il PCARC aderisce ed invita ad aderire in maniera più ampia possibile all’assemblea pubblica “Liberi dai decreti Salvini-Prato sta con gli operai” che si terrà il 7 gennaio e alla “Marcia per la libertà” indetta per il 18 gennaio!