Rilanciamo a seguire l’intervista realizzata a dei giovani attivisti del movimento Friday for Future (FFF) che sta animando oramai da mesi le piazze di tutta Italia e di tutto il mondo. L’intervista è particolarmente interessante perchè approfondisce bene il tema delle cause economiche, politiche e sociali del disastro ambientali in cui siamo immersi: il sistema capitalista. Per questo la parte più avanzata di questo movimento oltre a indicare il sistema capitalista come la causa del problema comincia a interrogarsi su quale debba essere l’alternativa da costruire a questo sistema, alternativa che abbiamo indicato in questo articolo e chi invitiamo tutti a leggere. Buona lettura!
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Per la prima volta nella storia dell’uomo ci troviamo ad affrontare l’emergenza ambientale che è ormai diventata di un’urgenza estrema ma, nonostante questo, tutta la produzione, i trasporti, gli imballaggi, ecc. non sono cambiati (siamo ancora fortemente ancorati ai combustibili fossili, per esempio). Secondo voi perché?
Perché il sistema economico tuttora vigente non tiene conto del depauperamento della terra e dell’intero pianeta. Questo sistema non si è evoluto, non è stato modificato nella sostanza e la conseguenza è che adesso ci sono gli scienziati, i climatologi e tutti i vari esperti che dimostrano tramite molti studi, ricerche ed esperimenti che la Terra si sta impoverendo, a causa dell’estrattivismo e della perenne ricerca di ricchezze e nuove materie prime da utilizzare, bruciare, consumare per poi trasformarle in rifiuti che poi andranno bruciati o accumulati in discariche infinite.
Questo è l’attuale sistema economico: il capitalismo, che si basa sul continuo aumento di ricchezze nelle mani di chi detiene i mezzi di produzione e i mezzi di estrazione dei carburanti. Va quindi a gravare su tutti coloro che invece non hanno questi mezzi di produzione, cioè sui lavoratori e cittadini dell’interno pianeta.
Oltre a questo esiste anche una divisione del pianeta tra paesi del primo mondo e paesi del secondo e del terzo mondo, con i primi che influenzano fortemente l’economia e la politica dei secondi. Questo sta anche alla base della situazione attuale di crisi globale, sia economica che climatica: i paesi che detengono le ricchezze e che avrebbero il compito e il potere di cambiare il sistema alla base non lo fanno perché andrebbe a intaccare e modificare dei rapporti di forza che per loro sono vitali. È nella natura e nell’interesse stesso del capitalismo continuare a utilizzare tutte le risorse possibili pur sapendo che non sono infinite, perché un cambiamento in questo porterebbe una ristrutturazione di tutto il sistema economico, banalmente gli investimenti sono fatti in base a quanto qualcosa sia o meno redditizio, non in base a quanto inquina. È quindi un cambiamento profondo che non è nell’agenda dei capitalisti e per la cui realizzazione servirà molto tempo.
C’è da dire comunque che stanno nascendo delle piccole realtà che provano a produrre in modo sostenibile, ma usano tecnologie che non sono sono semplici da applicare e, in ogni caso, non vengono incentivate.
L’inquinamento, il cambiamento climatico, ecc. in che misura pensate siano da imputare al sistema di produzione e alle pratiche quotidiane di ognuno? Perché? Cosa fare per invertire la rotta?
Il passo più importante spetta ovviamente a chi ha un ruolo preponderante nelle immissioni di gas clima-alteranti nell’atmosfera, perché il problema principale al momento è la produzione massiccia e in aumento di CO2: non esiste un sistema sul pianeta Terra che riesca a riassorbirla tutta perché le foreste vengono bruciate, gli oceani sono già saturi e quindi questo gas si va ad accumulare e a creare il cosiddetto “effetto serra” che blocca il calore all’interno dell’atmosfera e non gli permette di essere rifratto fuori, causando un aumento generale delle temperature. Ci sono studi scientifici che dimostrano che le emissioni di CO2 sono per la maggior parte imputabili ai cosiddetti 30 grandi estrattori di petrolio, carbone e combustibili fossili, compagnie che si sono arricchite e hanno creato monopoli, oligopoli e cartelli multi-miliardari: la gran parte della risoluzione del problema spetterebbe a loro.
Oltre a questo una parte della produzione di CO2 che ha un impatto non trascurabile è imputabile al sistema degli allevamenti intensivi. Sono l’esempio calzante su come questo sistema economico non sia sostenibile nemmeno dal punto di vista ambientale, infatti si calcola che per produrre 1 kg di carne servano 15mila l di acqua. Vengono abbattute intere foreste per fare spazio alle coltivazioni che poi serviranno a nutrire questi animali (e ciò avviene ovviamente nei paesi in cui la manodopera costa di meno) e poi c’è anche tutta la questione del trasporto delle merci da un capo all’altro del mondo, un’altra delle cose a cui mettere mano per porre un freno al cambiamento climatico.
Riguardo poi alle pratiche quotidiane di ognuno di noi, sicuramente si può adottare un consumo intelligente che si basi sul soddisfacimento dei bisogni e non sull’accumulo consumistico che è incentivato da questa società. Ci sono un sacco di metodi per ridurre, ad esempio, l’uso della plastica e ognuno può diventare un esempio per gli altri che ha attorno. È importante che ognuno sviluppi un pensiero critico e “metta il suo pezzo” nella lotta all’inquinamento, però senza colpevolizzarsi troppo perché, come detto prima, sono le grandi multinazionali l’ago della bilancia: è vero che il cittadino è anche consumatore e può in un certo senso orientare il mercato, ma questo non è l’elemento principale. Infatti l’obiettivo del Fridays For Future non è colpevolizzare le persone che non chiudono il rubinetto quando si lavano i denti o chi non spegne la luce quando esce di casa, ma di chiedere a chi ha realmente le redini del comando di fare qualcosa di più concreto a fronte delle tante promesse che ci sono state fino ad oggi.
Qual è stato il percorso dalla nascita di FFF ad oggi e quali sono le prospettive sul futuro in particolare su Firenze?
Fridays For Future Firenze nasce nel febbraio 2019 e si organizza da subito mettendo in campo proteste ogni venerdì (le classiche proteste con i cartelloni in piazza Santissima Annunziata) e varie manifestazioni, le più importanti sono stati gli scioperi globali del 15 marzo, 24 maggio e 27 settembre (ndr l’intervista è stata fatta prima dell’ultimo sciopero del 29 novembre), al culmine di una settimana incentrata su una protesta globale indirizzata ai politici che si sarebbero riuniti all’ONU per parlare del cambiamento climatico. La prospettiva che abbiamo come gruppo fiorentino è quella di coinvolgere sempre di più le scuole per quanto riguarda gli studenti e tutti quelli nati dagli anni Novanta in poi, poiché rappresentano la generazione che si troverà più di tutte a fare i conti con questi cataclismi globali. L’obiettivo è quello di sensibilizzarla e al contempo indirizzare le pratiche della politica e della comunicazione di massa che non stanno dando la giusta importanza a questo tema e “alla battaglia più importante del ventunesimo secolo”, dato che se perdiamo in questo campo anche le altre battaglie saranno perse a prescindere.
Oltre a sensibilizzare in particolare i giovani e dare un contributo al cambiamento dell’opinione pubblica su Firenze, c’è la necessità di agire nella pratica, unendo tutte le varie realtà nella battaglia ambientale e intervenendo direttamente anche in Comune e in Regione.
Il FFF di Firenze si è dimostrato soprattutto negli ultimi mesi attento anche a questioni che vanno oltre il tema della difesa dell’ambiente (presidi alla Leonardo, solidarietà al Kurdistan, ecc.): come pensate che questi ambiti si coniughino tra loro?
Citando quanto detto prima, riteniamo che il capitalismo sia chiaramente il filo conduttore: “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo” e il che è abbastanza assurdo perché se distruggiamo il pianeta non c’è spazio nemmeno per il capitalismo. Tutte le azioni che abbiamo messo in campo hanno come perno la questione ambientale, che va però messa in relazione al sistema produttivo vigente come causa scatenante. Un esempio è quello della guerra che oltre a causare dei livelli di inquinamento altissimi è la rappresentazione del distruggere qualcosa col fine poi di ricostruirlo, quindi si capisce che nonostante porti tanta distruzione sia in termini umani che in termini che ambientali la guerra è necessaria al capitalismo. Un altro esempio che possiamo fare è quello del Rojava: il confederalismo democratico di quella regione ha creato una situazione in cui l’ecologismo è uno dei principi di base, infatti anche per questo il Rojava è sotto attacco.
Voi fate un importante lavoro sulle scuole soprattutto tra gli studenti medi e universitari (anche se alle manifestazioni partecipano anche ragazzi e bambini più piccoli). Pensate che la leva dell’ambiente possa servire a cominciare a far occupare i ragazzi di quello che succede dentro la scuola e fuori? In che modo?
A livello di scuola adesso stiamo lavorando per sensibilizzare gli studenti su vari temi, come anche gli edifici che cadono a pezzi, tramite varie azioni di protesta e mediatiche utilizzando i social network Inoltre promuoviamo anche iniziative che sono volte ad affrontare tutti i problemi derivanti dal capitalismo come, ad esempio l’immigrazione che è un tema utilizzato dalla politica per generare paura nella popolazione e far sì che agisca in un determinato modo
Il problema ambientale riguarda le nuove generazioni, che secondo noi sono l’unico vero motore che possa portare a una vera riflessione critica anche su altri temi che, come abbiamo detto, sono legati alla questione ambientale. Come negli anni Settanta la questione degli operai e delle fabbriche toccava una grande fetta di persone che infatti sono scese in piazza e hanno costituito un grande movimento, oggi la questione principale è quella dell’ambiente perché è quella che interessa e preoccupa la maggior parte delle persone ed è la cosa da cui partire per poi riflettere criticamente anche su tuti gli altri temi.