Sabato 23 novembre si svolgerà a Roma, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la mobilitazione nazionale indetta da Non una di Meno contro la violenza maschile e di genere e alla quale una delegazione di compagne e compagni prenderà parte.
Il primo obiettivo che ci poniamo dalla partecipazione è quello di promuovere e sostenere l’organizzazione dei proletari contro gli attacchi della classe dominante perché di fatto oggi assistiamo ad una violenza sociale che colpisce principalmente e sempre più ferocemente le donne delle masse popolari.
Le facce di questa violenza sono molteplici a partire dal posto di lavoro, spesso subordinato all’avere o meno dei figli o semplicemente al desiderio di volerne, che si lega strettamente al progressivo smantellamento dei servizi finalizzati alla cura di bambini e anziani. La necessità di raggiungere un’indipendenza economica a costo di fare fino a due o tre lavori, lavorare in casa e in produzione, si frappongono come macigni alla possibilità per le donne delle masse popolari di intraprendere quel percorso di emancipazione loro necessario, percorso per altro reso sempre più tortuoso dal crescente smantellamento dell’apparato produttivo del paese.
In Italia inoltre le donne subiscono un’oppressione ancor più forte e dispiegata verso quelli che sono i loro diritti, ne è un esempio la mancata applicazione della legge 194 in materia di aborto ma anche la cultura patriarcale e maschilista diretta espressione dell’influenza del Vaticano e per la quale le donne sono “puttane” oppure “angeli del focolare”.
Se da una parte la chiesa scomunica omosessuali e divorziati, dall’altra protegge la sua storia fatta di pedofilia, perversione, violenze e omicidi come dimostra il caso di Emanuela Orlandi “misteriosamente” scomparsa e mai più ritrovata.
L’oppressione delle donne ha radici lontane e ben piantate nella divisione in classi. Per secoli sono state sfruttate, represse ed escluse dalla gestione della società da parte delle classi dominanti oltre che oppresse dalla cultura oscurantista che porta la parte più abbrutita degli uomini delle masse popolari ad esercitare violenza contro le donne.
Per risolvere l’oppressione di genere dunque è indispensabile affrontare l’oppressione di classe. Un’operaia, una proletaria infatti, non può essere equiparata ad una donna della borghesia, come lo è Giorgia Meloni o Elsa Fornero ed è per questo che il primo muro da abbattere e contro il quale lottare è il capitalismo, in quanto sistema sociale alla base di ogni oppressione, per il socialismo, che al contrario è il presupposto per ogni emancipazione.
Per spezzare le catene della doppia oppressione, di genere e di classe, bisogna promuovere, rafforzare e moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari nelle fabbriche, nelle scuole e nei quartieri per imporre l’applicazione e il rispetto dei diritti delle masse popolari e delle donne di queste a prescindere dal consenso delle classi dominanti. E’ necessario costruire un governo che sia espressione degli interessi delle masse popolari, un Governo di emergenza popolare diretta emanazione delle organizzazioni operaie e popolari.
Aderendo alla manifestazione del 23 novembre esprimiamo piena solidarietà alle donne che in tutto il mondo resistono e si organizzano per porre fine all’oppressione e alla devastazione globale come le combattenti palestinesi, curde e dell’America Latina ma non solo. La nostra solidarietà va anche a tutte le operaie delle aziende capitaliste, come Whirlpool ed FCA che lottano in difesa del posto di lavoro, a Nicoletta Dosio del movimento NO TAV e alla nostra compagna Rosalba, condannata per esserci schierata contro gli abusi in divisa.
Non c’è emancipazione delle donne senza rivoluzione socialista!
Non c’è rivoluzione socialista senza emancipazione delle donne!
Scarica il volantino -> https://www.carc.it/2019/11/20/19062/