Whirlpool, ex-Embraco, Alitalia, ILVA, FCA, IVECO, CNHI… Difendere i posti di lavoro con ogni mezzo necessario

 

Rompere gli schemi tradizionali e far valere ovunque la forza e l’organizzazione dei lavoratori per trasformare il paese

Portando al governo il PD, il M5S si è lasciato ingabbiare dalle Larghe Intese e ha offerto loro una via privilegiata per tentare di riportare il paese nel solco dell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista. L’operazione è complicata: le masse popolari non sono più disposte ad accettare il programma lacrime e sangue della borghesia. Dopo neanche due mesi di esercizio, alla presentazione della Legge di Bilancio (quella che una volta era chiamata manovra finanziaria) la continuità con le Larghe Intese è evidente: il governo Conte 2 spaccia piombo per oro e intossica l’opinione pubblica con una sceneggiata, tipica del teatrino della politica borghese, con infinite discussioni sulla lotta all’evasione fiscale e sulla riduzione delle tasse (vedi articolo “Il punto sulla crisi politica italiana”).

La Legge di Bilancio elude tutte le emergenze che stanno rendendo la vita impossibile ai lavoratori e alle masse popolari: le grandi e medie aziende del paese che i padroni stanno chiudendo, delocalizzando, licenziando una dopo l’altra, i servizi – quelli rimasti ancora pubblici – che sono spolpati dalle privatizzazioni e dall’equiparazione delle aziende pubbliche ai ritmi e ai risultati di quelle capitaliste, la scuola pubblica che cade a pezzi, il servizio sanitario nazionale diventato un colabrodo e terreno di enormi speculazioni, i terremotati che aspettano da anni una casa, le strade, le autostrade, le ferrovie in dissesto, ampi territori lasciati al degrado e alla speculazione, tanto nelle zone periferiche che nelle grandi città.

Anche delle tanto sbandierate politiche in favore dell’ambiente si sono perse le tracce.

 

I partiti di governo fanno finta di litigare sul se e sul come “perseguitare gli evasori” mentre la chiusura delle aziende, le delocalizzazioni, i licenziamenti collettivi vengono affidati alla liturgia politico-sindacale e ai tavoli ministeriali in cui i padroni fanno valere la sacra legge del capitalismo (proprietà privata e libertà di impresa). Lo schema è sempre il solito: lunghe trattative (al Ministero dello Sviluppo Economico sono più di 160 i tavoli di crisi, senza contare la miriade di vertenze più piccole e circoscritte che si fermano agli uffici locali e non arrivano al Ministero), mobilitazione operaia controllata dai sindacati di regime (tante lacrime e preoccupazioni, qualche manifestazione) e poi la chiusura dello stabilimento, gli ammortizzatori sociali, gli accompagnamenti alla pensione, soldi pubblici impiegati al sostentamento di famiglie abbandonate dai padroni che non hanno più bisogno di manodopera.

È un film visto e rivisto mille volte negli ultimi anni, ma non c’è mai il lieto fine. I soldi per gli ammortizzatori sociali diminuiscono perché i governi si sottomettono ai vincoli europei, l’apparato produttivo viene smantellato pezzo per pezzo, non c’è ricollocamento per i licenziati o c’è solo parzialmente e a condizioni peggiori, con meno tutele e diritti, con nessuna garanzia, anche le promesse di reindustrializzazione e conversione si dimostrano essere solitamente una buffonata padronale utile alla speculazione (vedi la lettera degli operai Ex Embraco di Torino pubblicata su Resistenza n. 10/2019).

Al di là delle chiacchiere delle Larghe Intese e delle buone intenzioni del M5S, la questione è che i lavoratori e le masse popolari hanno bisogno di un governo capace, convinto, determinato a difendere con ogni mezzo i posti di lavoro esistenti e a impedire la svendita e lo smantellamento dell’apparato produttivo.

Solo l’organizzazione e la mobilitazione degli operai e dei lavoratori può rompere gli schemi tradizionali che accompagnano lo smantellamento dell’apparato produttivo e scrivere una storia diversa da quella che i capitalisti, le Larghe Intese e i sindacati di regime che vi collaborano hanno già scritto troppe volte. Portiamo come esempio il caso della Whirlpool ma il discorso è valido, al di là delle particolarità specifiche, per ogni altra azienda ed è utile a qualunque gruppo di operai.

Dal Comunicato del 20 ottobre 2019 del (nuovo)PCI:

“Whirlpool è una delle filiazioni industriali di un grande gruppo finanziario USA. Ha comperato fabbriche e imprese in Italia e in altri paesi imperialisti (Francia, ecc.) e in particolare ha concentrato nelle sue mani la produzione di elettrodomestici e componenti. Ora sta sistematicamente chiudendo e delocalizzando la produzione in paesi dove i salari sono più bassi e le leggi a protezione delle condizioni di lavoro e dell’ambiente sono più permissive.

Gli operai Whirlpool con la loro lotta hanno già suscitato a Napoli e in altre parti del paese un vasto movimento di solidarietà. Si tratta di estenderlo, di coinvolgere amministrazioni comunali e regionali, sindacati di regime e altri organismi, di tradurlo in un vasto movimento di pressione sul governo Conte 2, ponendogli obiettivi precisi.

Il governo deve prendere in mano la produzione e il mercato degli elettrodomestici monopolizzati dalla Whirlpool, deve nazionalizzare senza indennizzo impianti, magazzini, scorte, marchi e brevetti. In Italia si continuano a vendere elettrodomestici. Chi gestisce il mercato? Chi sta prendendo in mano il mercato italiano? Per salvare le aziende Whirlpool, il governo deve prendere in mano la produzione e il mercato degli elettrodomestici e della componentistica.

Bisogna fare delle aziende Whirlpool un caso esemplare di come far fronte realmente alla crisi generale del capitalismo e al degrado generale del nostro paese!

La vicenda Whirlpool è analoga a quella di Alitalia, dell’ILVA di Taranto, del settore auto (FCA e connesse) e di mille altre aziende italiane.

(…) Il governo Conte ha ampie possibilità d’intervento, dipende se ne ha la volontà. Espropriare la Whirlpool significa intaccare la libertà d’azione dei grandi gruppi imperialisti tutelata dalla UE, dal governo USA e dalla NATO. Questi faranno il possibile e l’impossibile per impedire la nazionalizzazione delle aziende Whirlpool, ma con un vasto appoggio di organizzazioni operaie e popolari il governo è in grado di far fronte a ogni aggressione.

Bisogna mettere il governo M5S-PD con le spalle al muro: deve nazionalizzare subito tutti gli stabilimenti Whirlpool perché è l’unica via per continuare a produrre quello di cui la popolazione ha bisogno!

Se non lo fa, le sue promesse di cambiare il paese mascherano il suo asservimento ai gruppi imperialisti europei, USA e sionisti: bisogna cambiare il governo!

Bisogna mobilitare tutti gli esponenti del M5S che si sono impegnati a cambiare il paese. Bisogna mobilitare quegli esponenti del PD di Zingaretti che promettono di non ripercorrere la strada di Renzi e del suo Jobs Act. Bisogna mobilitare gli esponenti della Lega: ora che non sono più al governo non smettono di fare promesse, ma sono d’accordo ad appoggiare la nazionalizzazione della Whirlpool?

Chi è d’accordo a lasciar distruggere il settore degli elettrodomestici, è d’accordo a lasciar distruggere anche gli altri settori produttivi. È d’accordo per lasciare andare in malora l’intero paese.

Nessuna azienda deve essere chiusa o ridimensionata. Se una produzione è inutile, va sostituita con altre utili”.

Quando in un’azienda i lavoratori riescono con la lotta a respingere i licenziamenti, a impedire la chiusura, a far applicare il Contratto nazionale, a bloccare un licenziamento politico, a conquistare il diritto a organizzarsi nel sindacato che scelgono e a fare assemblee, si manifesta la forza dei lavoratori organizzati. È quella forza di cui hanno bisogno tutte le masse popolari per ribellarsi e farla finita con il regime di miseria imposto dalla borghesia: ne hanno bisogno gli operai e i lavoratori di altre aziende, gli studenti, le donne, i pensionati, gli abitanti dei quartieri di periferia, i movimenti contro la devastazione ambientale. È la forza della classe operaia che trasformerà il nostro paese, è la forza che va messa al servizio della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

 

Moltiplichiamo, rafforziamo e coordiniamo le organizzazioni operaie delle aziende capitaliste e delle organizzazioni popolari dei lavoratori delle aziende pubbliche verso un obiettivo comune: rompere gli schemi tradizionali di gestione delle vertenze che hanno portato all’attuale situazione e rovesciare i vecchi equilibri, prendere in mano le redini del paese costituendo un loro governo di emergenza, un governo che agisca su loro mandato (di comitati, reti, sindacati di base, associazioni), non su quello dei padroni e degli speculatori.

Questa è la strada per conquistare il nostro futuro: per fare qui e ora un passo avanti verso l’instaurazione del socialismo.

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