A Capo Frasca in Sardegna si è svolta il 12 ottobre una partecipata manifestazione contro la presenza del poligono militare NATO, per la dismissione dei tre siti presenti nella regione e per la bonifica delle aree inquinate.
Il corteo è stato indetto da A Foras, un movimento eterogeneo che raccoglie gran parte di coloro che lottano contro il degrado ambientale causato dalla presenza dei poligoni e delle basi militari.
Fra i circa 3000 partecipanti anche una piccola delegazione del P.CARC. Tanti sono stati gli interventi, a testimonianza del carattere popolare della manifestazione che ha raccolto la capacità di A Foras di sviluppare la mobilitazione su più filoni:
– nella strutturazione di comitati territoriali, ognuno impegnato nella sensibilizzazione sul tema, nell’organizzazione di iniziative (passeggiate popolari attorno ai poligoni, momenti informativi, campeggi a tema ecc.) e nella mobilitazione di giovani;
– nella costruzione di legami con i comitati territoriali che si occupano di lottare contro la dismissione della sanità pubblica (l’aumento delle spese militari va di pari passo con la privatizzazione della sanità e il mancato finanziamento delle strutture sanitarie), contro il degrado ambientale, ecc;
– nel coinvolgimento di tutte quelle realtà che lottano per l’autodeterminazione del popolo sardo, contro la sottomissione ai gruppi imperialisti USA, UE e sionisti – di cui la NATO è il braccio armato – e per il diritto del popolo sardo ad essere indipendente dallo Stato Italiano.
In particolare, A Foras ha avuto la capacità di coinvolgere i familiari delle vittime dei militari contaminati da metalli pesanti durante gli addestramenti nei poligoni militari: un fenomeno che riguarda centinaia di famiglie, i cui figli sono utilizzati come carne da macello per i giochi di guerra, abbandonate a sé stesse di fronte alla malattia e alla morte dei propri cari. Un nostro compagno, anche lui familiare di un militare morto a seguito degli addestramenti nel poligono di Salto di Quirra, è intervenuto lanciando l’appello ad A Foras a unirsi ancora più strettamente alle famiglie dei militari, a legarsi ai movimenti contro la guerra e i poligoni militari che esistono in Italia (Camp Darby, Ghedi, Tor Vergata, Alviano, Niscemi, ecc.), ampliare il fronte di partecipazione e lotta contro l’abuso che il Ministero della Difesa italiano e la NATO fanno del nostro territorio e contro le popolazioni locali.
A Foras ha avuto la capacità di legarsi a una parte del movimento del Friday’s For Future (FFF) in Sardegna portando all’interno delle mobilitazioni sul tema della giustizia ambientale la linea che per cambiare rotta rispetto alla catastrofe ambientale in corso, bisogna partire dalla liberazione della Sardegna dai poligoni militari inquinanti e dalle bonifiche dei territori, oltre che dalla lotta contro le grandi opere speculative e dannose come la paventata possibilità di costruire un metanodotto che attraverserà tutta l’isola, dando contenuto più concreto alle rivendicazioni del FFF.
Il grande risultato della manifestazione di Capo Frasca è frutto di questo ricco lavoro, che sosterremo e alimenteremo attraverso il nostro lavoro di Partito sul territorio.
A Foras è intenzionata a proseguire la lotta valorizzando la strutturazione territoriale raggiunta e alimentandola, rilanciando con iniziative nei i prossimi mesi. Ai contenuti della piattaforma di A Foras intendiamo contribuire, in particolare, aggiungendo un pezzo: il Ministero della Difesa italiano impone la presenza dei poligoni militari in Sardegna da un lato per via della sua sottomissione agli interessi NATO, dall’altro con la propaganda della “creazione di posti di lavoro” a fronte della crescente disoccupazione che in Sardegna tocca vette del 40% in alcuni territori, soprattutto per i giovani. Questa propaganda va smontata e ribaltata, al pari di come il movimento è stato capace di ribaltare la propaganda dell’“invasione” degli immigrati a fronte dei disastri provocati dalla reale invasione, quella militare.
Bisogna reagire con una vasta e articolata campagna che metta al centro i lavori che servono realmente alle masse popolari sarde: una campagna che veda il sostegno alle lotte dei lavoratori (contro lo smantellamento del Porto Canale di Cagliari, per la riapertura dei presidi sanitari dismessi, per il sostegno all’economia agricola su base pastorale, per la riconversione delle aziende inquinanti, per fare alcuni esempi) a fronte degli incentivi alla disoccupazione – sempre meno – dati dallo Stato per non far lavorare pastori e pescatori pur di continuare i propri giochi di guerra e al degrado ambientale determinato dagli esperimenti bellici.