CNHI ha messo una marcia in più al processo di morte lenta!

Mobilitarsi e coordinarsi per tenere aperti tutti gli stabilimenti CNHI

La morte lenta di tutti gli stabilimenti ex FIAT e dintorni, nonostante i tanti fondi pubblici che hanno sempre intascato, è sotto gli occhi di tutti (ricordiamoci Arese e Termini Imerese). Oltre alle fabbriche che chiudono o ridimensionano, ripartono ora con la cassa integrazione (CIG) negli stabilimenti IVECO di Brescia e probabilmente anche di Suzzara (MN). A cascata, parecchie fabbriche dell’indotto stanno annunciando ristrutturazioni e chiusure.

La CNHi ha messo “una marcia in più” al processo di morte lenta! Gli operai dell’FPT di Pregnana Milanese hanno avviato fin da subito una mobilitazione per dire NO alla chiusura del loro stabilimento: scioperi, cortei cittadini, presidi e incontri alla Regione, assemblee operaie con il coinvolgimento degli amministratori locali (di tutti i colori) affinché si schierino al loro fianco. Da Pregnana la mobilitazione ha cominciato a estendersi anche agli altri stabilimenti, soprattutto grazie all’incalzo di operai combattivi e avanzati: la parola d’ordine del “nessuno si salva da solo” e “coordinarsi con gli altri stabilimenti” inizia a farsi strada.

Da qualche anno, abbiamo avviato un intervento sull’IVECO di Brescia, che nell’ultimo anno e mezzo è diventato continuativo e ordinario, con l’obiettivo di scovare gli “embrioni di organizzazioni operaie” che altro non sono che operai avanzati che si occupano di ciò che succede nella loro azienda, o che si organizzano per difendere i diritti e le conquiste dell’intera collettività che la classe dominante sta attaccando e smantellando. Ai cancelli dell’azienda, con volantini, giornali e parlando coi lavoratori, abbiamo messo in luce il processo di morte lenta e portato la parola d’ordine di coordinarsi con altri operai del gruppo FCA (il padrone è sempre quello), promuovendo il MOAF (Movimento Operai Autorganizzati Fiat). L’iniziale diffidenza della maggior parte degli operai, memori delle tante fregature politiche del passato, l’abbiamo messa in conto. Abbiamo puntato su quelli che però si sono riconosciuti in quelle parole d’ordine e hanno iniziato a darci informazioni su ciò che accadeva dentro l’azienda, a passarci contatti di altri operai e a ragionare su come organizzarsi direttamente su alcune questioni, come quelle relative alla sicurezza e alle malattie professionali.

Questo lavoro concreto lo abbiamo portato avanti congiuntamente con il PCI di Brescia, rendendolo lavoro comune dando vita al Comitato Futuro Iveco (al quale aderiscono anche alcuni operai dell’azienda), organizzando così alcune iniziative e assemblee delle quali abbiamo scritto nei mesi scorsi su queste pagine. Proseguendo abbiamo conosciuto anche alcuni operai bresciani trasferiti nello stabilimento di Suzzara (MN), convinti ad accettare il trasferimento con incentivi, ma anche con pressioni e la falsa promessa di un contributo per le spese di trasporto, garantito da un accordo in sede regionale mai rispettato. Con la continuità e la costanza abbiamo iniziato a fare breccia nell’iniziale muro di diffidenza.

Con il precipitare della situazione nel gruppo CNHi, ci siamo recati immediatamente alla mobilitazione degli operai di Pregnana, portando le parole d’ordine “organizzarsi per tenere aperto lo stabilimento”, “nessuno si salva da solo, coordinarsi con gli altri stabilimenti” e “spingere il governo affinché sostenga gli operai nella loro lotta”! Lo stesso abbiamo fatto a Modena, Suzzara e Brescia, cercando di allargare la solidarietà agli altri stabilimenti sotto attacco.

La situazione oggettiva (l’annunciata chiusura degli stabilimenti) e la mobilitazione spontanea degli operai in risposta agli attacchi dei padroni sono state le basi su cui abbiamo “agganciato” il nostro intervento: volantinaggi fuori dai vari stabilimenti, partecipazione alle mobilitazioni operaie indette dalle rappresentanze sindacali, promozione di assemblee e iniziative per ragionare con gli operai sul da farsi. I nostri volantinaggi sono stati ben accolti dagli operai che ci hanno lasciato i loro recapiti e hanno espresso la volontà di coordinarsi con gli altri stabilimenti, indipendentemente dalle tessere sindacali o dai sindacati stessi, che spesso non mobilitano gli operai. A Brescia abbiamo fatto ulteriori passi: con una lettera aperta indirizzata al sindaco (che non ha risposto), il Comitato Futuro Iveco ha smosso alcuni esponenti dell’amministrazione comunale e provinciale e delle rappresentanze sindacali della città di Brescia, che partecipando a un’assemblea pubblica promossa dal Comitato il 15 ottobre sono stati incalzati ad attivarsi velocemente soprattutto da alcuni operai. Contemporaneamente molti lavoratori (da Pregnana a Modena) hanno rilasciato attestati di solidarietà verso gli stabilimenti che hanno annunciato la chiusura o la CIG.

Queste esperienze, come anche la lettera arrivataci dall’operaio di Brescia, ci fanno toccare con mano che la disponibilità a organizzarsi e coordinarsi da parte degli operai c’è; che la tendenza, ancora forte, ad affidarsi ai sindacati (in particolare alla FIOM) inizia, però, a essere sempre più critica di fronte all’incalzare degli eventi; che alla residua illusione di potersi salvare semplicemente lottando un po’ di più, fa da contraltare l’affermarsi di una consapevolezza sulla necessità di una soluzione ampia e generale.

In conclusione lanciamo l’appello ai partiti, alle associazioni, ai singoli cittadini bresciani ad aderire e partecipare al Comitato Futuro Iveco, scrivendo all’indirizzo futuroiveco@gmail.com oppure all’indirizzo della sezione di Brescia carcbrescia@gmail.com.

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