[Milano] Sul processo a Vigilanza Democratica: la dichiarazione spontanea di Rosalba Romano

Trasmettiamo la dichiarazione spontanea di Rosalba Romano, stesa in occasione dell’udienza di II grado per il processo per “diffamazione” che riguarderà lei e la redazione di Vigilanza Democratica domani, Mercoledì 25 settembre. La dichiarazione è stata resa pubblica Domenica 22 settembre sulla pagina facebook di Vigilanza Democratica in anticipo rispetto all’udienza stessa.

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Dichiarazione spontanea di Rosalba al processo del 25 settembre 2019

 

Vigilanza DemocraticaDomenica 22 settembre 2019·

Anticipiamo il testo della dichiarazione spontanea che Rosalba leggerà in aula il 25 settembre. Nel processo di primo grado, la lettura della dichiarazione spontanea è stata interpretata dalla Corte come una forzatura per fare del processo un atto politico. Nulla di più vero. Nulla di più giusto. Si tratta precisamente di un atto politico, come un atto politico è la denuncia che Rosalba ha subito, il processo che è stato istituito e la condanna che ne è seguita.

Diamo appuntamento ai solidali, ai progressisti, di democratici, a chi ha a cuore l’attuazione delle parti progressiste della Costituzione e la lotta contro abusi e omicidi di stato per il 25 settembre alle h 9 presso il Tribunale di Milano per assistere all’udienza e alla sentenza. Anche il controllo popolare è un atto politico. che vogliamo esercitare e promuovere.

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Signori giudici,

nelle motivazioni del processo di primo grado chi mi ha condannato ha definito la dichiarazione spontanea che all’epoca resi in aula “un proclama politico” e ha utilizzato la condivisione che lì esprimevo circa l’insieme del lavoro di controinformazione svolto da Vigilanza Democratica, per arrivare così ad attribuirmi un reato, quello di concorso morale nella diffamazione, ben diverso da quello contestatomi e rispetto a cui ho potuto difendermi.

Se esprimo forti perplessità, per usare per così dire un eufemismo, circa i ragionamenti addotti per arrivare a condannarmi, devo però dare atto al giudice di primo grado di aver visto giusto nel dire che con le mie parole ho inteso mettere al centro il fattore politico. L’ho fatto allora e lo faccio anche oggi.

Vedete signori giudici, se troppi casi di abusi di polizia che vedono protagonista uno stesso Reparto, fanno pensare che il problema non stia nella singola mela marcia, così tanti attacchi giudiziari portati a giornalisti, siti on line, e militanti che si sperimentano nella controinformazione (soprattutto rispetto all’utilizzo delle metodologie di repressione e contenimento del dissenso sociale), fanno purtroppo pensare che dietro la querela sporta da un singolo contro un altro singolo, ci sia molto di più. Tanti casi, messi insieme, dicono che esiste la volontà politica di colpire il diritto alla libertà di espressione sancito dall’articolo 21 della Costituzione, quando chi lo esercita si discosta troppo da versioni atte a intossicare l’opinione pubblica con verità di comodo.

Il mio procedimento giudiziario, unito a quelli subiti (o di cui sono minacciati) altri siti on line che al pari di Vigilanza Democratica hanno ospitato o raccontato (criticamente) storie di abusi di polizia o da giornalisti che hanno inteso narrare a loro modo la lotta NO TAV in Val Susa o gli scioperi dei lavoratori dell’Italpizza, raccontano che anche nelle aule del Tribunale vive la volontà politica di contrastare, dissuadere, eliminare uno scomodo dissenso. E che la Magistratura non sia il potere superpartes e indipendente che si vorrebbe, non sono io a dirlo. Lo scandalo che a partire dal giugno scorso ha investito il CSM, sta lì a dimostrarlo.

Quindi signori giudici, sì io considero questo processo, un processo che pone un problema politico importante: esiste nei fatti, oltre che nelle norme scritte, oggi, nel nostro Paese, il diritto alla libertà di espressione, ancorchè critica?

La sentenza di oggi qualunque essa sia costituirà un precedente importante perché andrà a avvalorare o meno la risposta positiva o negativa a tale fondamentale domanda.

Che ci sia bisogno di una svolta ispirata a quei valori della Costituzione a cui dovrebbe conformarsi uno Stato democratico è dimostrato dallo scollamento tra cittadini e Istituzioni che diviene giorno dopo giorno sempre più profondo. Cercare di colmarlo o meno è segnale inequivocabile della direzione che si vuole prendere. E ognuno, per quanto gli compete, dovrà farsene carico.

Rosalba Romano

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