L’1 e il 2 agosto, nell’ambito della Festa della Riscossa Popolare 2019 si è svolto un seminario in due sessioni entrambe relative a temi che tratteremo con la campagna “Primo assalto al cielo” (di cui abbiamo già trattato in Resistenza n. 7/8-2019): la prima sull’Internazionale Comunista e sulla storia della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917 – ‘76), la seconda sui consigli di fabbrica, con un focus sugli anni ‘70 e sull’esperienza della Philco di Bergamo.
Hanno partecipato circa 15 compagni e compagne, soprattutto giovani e operai, il seminario è stato condotto dal Responsabile Nazionale del Settore Organizzazione, Ermanno Marini.
Nella prima sessione è stato compiuto un excursus storico sulla prima ondata della rivoluzione proletaria: la Rivoluzione d’Ottobre, la creazione dell’URSS, la fondazione dell’Internazionale Comunista (IC – 1919) e la formazione di partiti comunisti in ogni parte del mondo; la formazione dei primi paesi socialisti; i problemi del primo dopoguerra in Italia, il movimento spontaneo della classe operaia e delle masse popolari, il Biennio Rosso in Italia e in altri paesi (Germania, Ungheria, USA), l’occupazione delle fabbriche e di alcune città e territori del Paese, la nascita del PCI e il ruolo di Gramsci e Bordiga, il ruolo antisocialista delle squadracce fasciste fino all’avvento del fascismo.
Nella seconda sessione invece, a partire dalla lettura dell’opuscolo Un esempio di nuove autorità popolari: il consiglio di fabbrica della Philco negli anni ‘70, si è posto l’accento sul ruolo dei Consigli di Fabbrica facendo un parallelo con i soviet in Russia e con il ruolo di Nuove Autorità Pubbliche che devono assumere oggi le organizzazioni operaie e popolari.
Al di là degli elementi di ricostruzione storica, al centro del seminario ci sono stati i principali insegnamenti che derivano dall’esperienza del primo movimento comunista nei paesi imperialisti e nel nostro paese, soprattutto riguardo l’essenza della rivoluzione socialista.
Il (nuovo)PCI ha partecipato alla discussione per mezzo di un saluto scritto, nel quale ha sottolineato come il movimento comunista che sta rinascendo raccoglie l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria, i risultati ottenuti e l’enorme patrimonio di esperienze di lotta e di elaborazione, ma allo stesso tempo compie uno sforzo di innovazione, imparando a concepire la rivoluzione socialista come una guerra – di cui i comunisti sono lo Stato Maggiore – consistente nella costruzione, tappa dopo tappa, del nuovo potere fondato sulle organizzazioni operaie e popolari.
A partire da quest’orientamento, molte sono state le questioni poste dai partecipanti, fra le principali:
– il legame fra l’attività dei dirigenti con l’attività delle masse popolari. Se da una parte è fuorviante tanto limitarsi all’analisi dell’azione dei dirigenti (approccio che porta alla conclusione che i limiti del vecchio movimento comunista avessero base nel “tradimento dei dirigenti”) quanto limitarsi all’azione spontanea delle masse popolari, d’altra parte è necessario comprendere invece il nesso fra i due aspetti: l’orientamento, l’attività, l’iniziativa e l’azione dei dirigenti (quello che i dirigenti fanno o non fanno) ha diretta influenza sull’orientamento, la combattività, l’iniziativa e l’azione delle masse popolari. In questo senso, le posizioni arretrate e dannose del PSI (né aderire né sabotare la Prima Guerra Mondiale) si dimostrarono nefaste rispetto agli interessi delle masse popolari e alla capacità di orientamento e mobilitazione del proletariato italiano;
– la dialettica qualità-quantità nella costruzione del Partito. La qualità (la capacita dei quadri di usare la concezione comunista del mondo, una capacità che nel partito si consolida attraverso la lotta ideologica) è condizione per costruire su basi solide e sviluppare quantitativamente le nostre forze; è invece fallimentare la ricerca di un’unità a ribasso che risulterà fragile e si dissolverà – unità senza principi – alle prime difficoltà e contraddizioni;
– il ruolo dei comunisti. Non i migliori, più generosi e più radicali organizzatori delle lotte rivendicative, ma dirigenti della guerra popolare contro la borghesia.
Alcuni dei presenti hanno avuto modo di riflettere, sulla base dell’orientamento dato dal seminario, sulle loro esperienze in fabbrica a dimostrazione di come studiare la storia alla luce della concezione comunista non sia “una perdita di tempo” e non significhi perdersi in discussioni su avvenimenti del passato, ma sia una fonte di insegnamenti per il presente.
Alla fine, molti dei presenti hanno proposto di ripetere i seminari e di renderne più sistematica la realizzazione mettendosi anche a disposizione per propagandarli all’interno delle loro aziende e scuole. È una proposta che raccoglieremo senz’altro, perché è indice della volontà di cambiamento che anima le masse popolari. Portare tra gli operai, gli studenti, i lavoratori, il patrimonio lasciatoci in eredità dai protagonisti del primo movimento comunista, usarlo per alimentare la loro coscienza e la loro organizzazione è il miglior modo di celebrare il centenario del Biennio Rosso e della costituzione dell’Internazionale Comunista.