La solidarietà è un’arma, usiamola!
Il 25 settembre si svolge a Milano il processo d’appello contro la condanna a Rosalba Romano, condannata il 30 marzo 2018 a seguito della denuncia di Vladimiro Rulli, agente del VII Reparto Mobile di Bologna che si è sentito “diffamato” da un articolo in sostegno a Paolo Scaroni (ultras del Brescia reso invalido a vita dal pestaggio immotivato di celerini) pubblicato sul sito Vigilanza Democratica. Il processo doveva stabilire se fosse stata Rosalba a pubblicare l’articolo sul sito (questo era il capo originario di imputazione, quello per cui Rosalba ha potuto difendersi), ma a fronte di un dossier vuoto, qualcosa doveva essere escogitato per “impartire una lezione”: non importa se Rosalba abbia scritto o meno quell’articolo, lo abbia o meno pubblicato, si sia avvalsa o meno dell’aiuto di altri redattori, sapesse o meno della pubblicazione di quell’articolo sul sito, Rosalba ha diffamato l’agente Vladimiro Rulli – ha stabilito il Tribunale – in un modo o in un altro, e per questo è stata condannata.
Il processo di appello, che probabilmente andrà subito a sentenza, si svolge in un contesto di grande sommovimento politico caratterizzato, fra le altre cose, dall’assordante silenzio rispetto agli sviluppi dello scandalo che ha colpito il CSM e la Magistratura tutta lo scorso giugno. Il silenzio attorno a quello scandalo è, come lo scandalo stesso, uno strumento della guerra per bande che caratterizza le relazioni fra i gruppi di potere del paese (i vertici della Repubblica Pontificia) e, al tempo stesso, è il tentativo di limitare lo scollamento fra opinione pubblica (masse popolari) e istituzioni e autorità borghesi. Ci vuole un po’ più di una proverbiale tolleranza per accettare che coloro che dispongono della libertà dei proletari e delle masse popolari (giudicano e condannano secondo le leggi che tutelano gli interessi dei padroni e dei capitalisti) siano essi i primi corrotti e corruttori. Ma la ribellione al corso delle cose non ha nulla a che vedere con la tolleranza delle masse popolari e la loro sudditanza al potere costituito, è piuttosto una questione di prospettive: ribellarsi contro il cattivo presente per conquistare cosa? Per andare dove? In questo senso abbiamo condotto la battaglia politica contro la condanna di Rosalba non solo come strumento di denuncia degli arbitrii, delle ingiustizie, del carattere di classe della giustizia e degli organi che la esercitano, ma soprattutto come una campagna di organizzazione e coordinamento sia per coloro che sono già attivi nella lotta contro la repressione, sia per i tanti lavoratori ed elementi delle masse popolari che sono sensibili all’argomento.
A inizio agosto è stato arrestato in Francia Vincenzo Vecchi, l’ultimo dei manifestanti condannati per il G8 di Genova ancora in libertà. Il suo arresto ha riaperto una contraddizione che nel corso del tempo era stata messa sotto il tappeto dalle istituzioni italiane. “Chi in quei giorni [del G8 a Genova – ndr] si macchiò le mani, in un modo o nell’altro, del sangue delle masse popolari è stato promosso a nuovi superiori ruoli, segno che la legalità e la giustizia in quest’ordinamento sociale sono validi solo contro le masse popolari, mentre sono sistematicamente elusi quando si tratta di proteggere gli apparati dello Stato stesso depistando e insabbiando.
Infatti, ricordiamo solamente che Gilberto Caldarozzi, ritenuto colpevole e condannato a tre anni e otto mesi per falso nell’ambito del processo sulla Diaz (mise la firma nei verbali che attestavano l’esistenza di prove fasulle usate per accusare ingiustamente le persone picchiate all’interno della scuola), fu promosso nel 2017 a vicedirettore della Direzione Investigativa Antimafia. Non solo, Adriano Lauro è stato nominato questore di Pesaro: fu lui, il 20 luglio 2001, che urlò ai manifestanti accusandoli della morte di Giuliani in piazza Alimonda: “Siete stati voi con le pietre…”. O ancora, il poliziotto delle molotov alla Diaz, Pietro Troiani – dopo la condanna e il rientro in servizio – ha fatto, sempre nel 2017, un balzo in carriera diventando il dirigente del Centro operativo autostradale di Roma che ha competenza su tutto il Lazio, il principale d’Italia. Ancora, vedi Di Gennaro, a capo della Polizia che ha saltellato tra ruoli di sottosegretario e CDA di partecipate pubbliche.
Per non parlare dell’impunità che reparti eversivi e anticostituzionali come il VII Reparto Mobile di Bologna godono dal 2001 in poi: indicativa, per la sua modesta inconsistenza, la condanna, della Corte dei Conti della Liguria, all’ex comandante di questo reparto, Luca Cinti, a risarcire 50 mila euro per aver “gravemente danneggiato” l’immagine della Polizia durante i fatti del G8 del 2001 a Genova” – dall’articolo “Solidarietà a Vincenzo Vecchi! In galera ci devono finire la catena di comando e i torturatori di Stato del G8 di Genova!” su www.carc.it.
Oltre alla soddisfazione e al sollievo per il momentaneo epilogo della vicenda (per il momento la richiesta di estradizione è sospesa), oltre alla denuncia della “giustizia a senso unico” dello Stato italiano, ci preme qui evidenziare il grande movimento di solidarietà che si è sviluppato in Francia nei confronti di Vincenzo. Esso è la combinazione di una radicata tradizione di solidarietà proletaria con il segno che stanno lasciando in quel paese le mobilitazioni dei Gilet Gialli in corso dal novembre scorso. La solidarietà è un’arma!
Per tutto il mese di settembre organizzeremo iniziative di solidarietà a Rosalba Romano: chiediamo ai nostri lettori di sostenerle e parteciparvi e di partecipare in ogni caso alla raccolta di firme (vedi pagina Facebook Vigilanza Democratica) e alla raccolta di sottoscrizioni economiche (versamento sulla Postepay 5333 1710 9377 5704 – intestata a Gemmi Renzo.