La crisi politica deve spronare a lavorare con più decisione per imporre il Governo di Blocco Popolare!
Il modo più sicuro per vedere rientrare dalla finestra quelle Larghe Intese che le masse popolari avevano cacciato a calci con le elezioni del 4 marzo 2018 è “lasciar lavorare” Mattarella, Di Maio, Zingaretti, Conte, Salvini, il Vaticano, l’UE, ecc.
Quale che sarà la composizione del prossimo, scombinato, “governo di responsabilità” (se riusciranno davvero a installarne uno), la sua opera sarà caratterizzata dai tentativi di riprendere – più o meno convintamente e decisamente o più o meno “a malincuore” – l’attuazione del programma comune della borghesia imperialista, cioè l’insieme delle misure con cui i capitalisti e i padroni riversano interamente gli effetti della crisi sui lavoratori e sulle masse popolari.
Il modo più efficace per ostacolare i tentativi delle Larghe Intese di tornare al governo del paese e per creare le condizioni, invece, per un governo di emergenza che affermi e persegua senza riserve gli interessi degli operai, dei lavoratori e delle masse popolari è la via della mobilitazione: quella per impedire fin da subito che le misure favorevoli alle masse popolari introdotte dal governo M5S-Lega (Reddito di Cittadinanza, Quota 100, Decreto Dignità) siano abolite e per abrogare, invece, le misure che proseguono l’attuazione del programma comune della borghesia (ad esempio, Decreto Sicurezza 1 e 2, l’impegno per il TAV e il TAP), ma soprattutto la mobilitazione per obbligare autorità e istituzioni a trovare soluzioni positive e negli interessi delle masse popolari per le mille vertenze che sono in corso in tutto il paese; in questo senso, dobbiamo approfittare della crisi politica e usarla per i nostri fini. Sono gli operai delle aziende coinvolte negli oltre 150 tavoli di crisi al MISE che devono prendere iniziativa e fare di ogni vertenza “una questione di ordine pubblico” (manifestazioni, picchetti, presidi, iniziative a livello locale e sotto il Ministero, le Prefetture, ecc.) aprendo una strada e perseguendola, diventando esempio e sprone per gli operai delle migliaia di aziende avviate alla morte lenta, per chi è già in cassaintegrazione o disoccupato, per i lavoratori del pubblico impiego, per gli artigiani e le partite IVA, per i comitati territoriali che si mobilitano per la difesa dell’ambiente, della sanità pubblica, della scuola pubblica, ecc. Sono gli operai dell’ILVA di Taranto, “appesi” fra i ricatti di Arcelor Mittal e le debolezze delle istituzioni, a dover prendere l’iniziativa in mano, unirsi ai comitati cittadini che si mobilitano contro la devastazione ambientale della città e imporre soluzioni adeguate alla salvaguardia dei posti di lavoro esistenti, all’ammodernamento degli impianti affinché sia abbattuto l’inquinamento, alla bonifica del territorio, a interventi straordinari per il monitoraggio e la cura delle malattie, alla creazione di nuovi posti di lavoro utili e dignitosi.
Sono gli operai della Whirlpool di Napoli, in lotta contro la chiusura dello stabilimento, a poter indicare una strada, praticandola, alle decine di migliaia di operai che nel resto del paese sono nelle loro stesse condizioni: legarsi agli organismi popolari del territorio per trattare collettivamente i problemi, trovare le possibili soluzioni, tradurle in misure e attuare subito quelle per cui si dispongono le forze e i mezzi e obbligare le istituzioni ad attuale quelle per cui servono mezzi e risorse di cui gli organismi operai e popolari non hanno disponibilità. Con gli operai della Avio e della FCA di Pomigliano, i portuali, il Comitato Vele di Scampia, i comitati di disoccupati, i comitati per la salute pubblica, gli operai Whirlpool possono costruire la rete di lotta e solidarietà che mobilita le masse popolari di una intera città a perseguire un obiettivo comune: un lavoro utile e dignitoso per tutti.
Sono il SI COBAS e gli altri sindacati combattivi che lottano per la difesa dei diritti dei lavoratori immigrati e italiani che alimentano la lotta e la solidarietà di classe. Dalle grandi città ai centri minori, la classe operaia è la spina dorsale della lotta di tutte le masse popolari: dai portuali del CALP di Genova agli operai ex-Lucchini di Piombino, dagli operai SANAC di Massa a quelli ex Pignone di Firenze, da Torino a Termini Imerese, da Melfi a Terni, ai lavoratori della logistica. La questione è che in ogni zona, in ogni territorio, in ogni città anche un piccolo o piccolissimo gruppo di operai può iniziare ad attivarsi per far valere il ruolo e il peso della classe operaia alla testa delle masse popolari. Non importa iniziare con un “grande evento” (una grande manifestazione): è fondamentale, però, iniziare anche in pochi e con piccole iniziative. L’importante è dare continuità e respiro (collegandole con altre lotte) con pazienza e tenacia: individuare se esistono, quali sono e dove sono “i focolai” fra gli operai delle aziende private e i lavoratori di quelle pubbliche, nei cantieri, nei quartieri, nelle scuole. Ogni focolaio ha oggi principalmente bisogno di coordinarsi, cooperare e diventare capace di aggregare altri, diventare punto di riferimento e trasformarsi nell’incendio di cui c’è bisogno per rovesciare l’ordinamento padronale del paese e imporne un altro, un corso realmente democratico e rivoluzionario che alimenta la lotta per l’instaurazione del socialismo.
Discorso del tutto analogo vale per quei movimenti territoriali che nel corso degli anni sono diventati un riferimento per la mobilitazione popolare a livello nazionale: NO TAV, NO TAP, NO MUOS, ecc. Essi sono fonte di grandi e preziosi insegnamenti e la loro esistenza e determinazione infonde fiducia in tutta la parte attiva e ribelle delle masse popolari. Hanno dimostrato e dimostrano che la mobilitazione popolare può efficacemente fermare le imposizioni di padroni e speculatori anche quando esse sono imposte con la militarizzazione dei territori e la repressione (in particolare il Movimento NO TAV ha tenuto testa ai governi di ogni colore degli ultimi 30 anni, ad arresti, processi, perquisizioni, campagne stampa terroristiche, fogli di via, multe, ecc., ecc.). In altri termini, hanno dimostrato che senza la collaborazione, il consenso o almeno la rassegnata sottomissione delle masse popolari, la borghesia non può governare il paese. Agli organismi politici e sindacali che sono alla testa di questi movimenti il compito di andare a fondo con i ragionamenti che hanno già avviato rispetto alla necessità di superare il capitalismo e di dare seguito pratico a questo orientamento, legandosi profondamente e saldamente con la classe operaia, poiché la lotta contro la devastazione ambientale, contro le speculazioni e per opere utili, necessarie e virtuose si sviluppa solo nel solco della lotta della classe operaia per la conquista del potere e per l’instaurazione del socialismo.
I prossimi mesi saranno quelli di un autunno caldo che dobbiamo usare per fare fronte sempre più e meglio organizzati agli effetti della crisi e respingere i tentativi di riportare il paese sotto le Larghe Intese e il programma comune della borghesia imperialista. La crisi politica in cui sta sprofondando il paese è condizione estremamente favorevole per puntare in alto: passare dalla difesa all’attacco, promuovere 10, 100, 1000 vertenze, mobilitazioni e manifestazioni per imporre il vero governo di cambiamento, il Governo di Blocco Popolare.