Sulla diserzione di Angelo D’Arcangeli e Chiara De Marchis

L’avanzare della crisi politica, di cui la caduta del governo M5S-Lega e i contorcimenti in corso per installare un nuovo governo più asservito al sistema di potere dei vertici della Repubblica Pontificia e della Comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti sono a un tempo manifestazione e ingrediente, pone a tutti noi comunisti la necessità

1. di sviluppare in estensione e in profondità il lavoro per moltiplicare, rafforzare e coordinare gli organismi di operai delle aziende capitaliste, di lavoratori delle aziende pubbliche, di disoccupati, studenti, pensionati, casalinghe e altri membri delle masse popolari a livello territoriale e tematico e per orientarli a costituire un loro governo d’emergenza. Il fattore senza cui non è possibile alcun cambiamento favorevole alle masse è infatti la formazione di organismi di lavoratori (di diversi sindacati o anche non iscritti a nessun sindacato) che si occupano di tenere aperte e in funzione le aziende che i capitalisti vogliono chiudere, delocalizzare o smembrare, che escono dalle aziende, si coordinano tra loro e sono orientati a formare un loro governo, che agiscono come nuove autorità pubbliche, cioè come centri di orientamento e direzione del resto delle masse popolari;

2. di mobilitare tutto quello che è mobilitabile a promuovere la formazione di organizzazioni operaie e popolari e la loro azione per prendere in mano la situazione: tra i comunisti, tra i sinceri democratici che vogliono “attuare la Costituzione del 1948” o “rompere le catene dell’UE”, tra i lavoratori che vogliono difendere con prospettive di successo il posto di lavoro e i loro diritti (sia quelli che vedevano di buon occhio il governo M5S-Lega sia gli oppositori del governo M5S-Lega che non vogliono tornare ai governi delle Larghe Intese tra PD, Forza Italia e i loro accoliti);

3. di usare le fessure e gli appigli che la situazione politica del paese e internazionale presenta per sviluppare l’iniziativa delle organizzazioni operaie e popolari, per rafforzare il nostro campo e indebolire quello nemico.

E per poterli usare, le fessure e gli appigli bisogna prima di tutto vederli, poi individuare quali iniziative mettere in campo per sfruttarli e infine attuare concretamente queste iniziative.

Tutto questo richiede di elevare nelle nostre file l’assimilazione e l’applicazione della scienza comunista, di elevare cioè la comprensione delle condizioni e delle forme della lotta che conduciamo per costituire un governo di emergenza delle masse organizzate e far avanzare così la lotta per instaurare il socialismo nel nostro paese.

È questa comprensione che rende capaci di orientarsi autonomamente nella lotta di classe e di orientare i proletari e gli altri lavoratori, sottraendosi all’influenza del sistema di disinformazione e diversione dell’opinione pubblica messo in opera dalle classe dominanti e alle “sirene” della sinistra borghese che in questa fase si esprimono

– nel “tifo” per un governo M5S-PD. Un governo così in realtà per le masse popolari sarebbe peggiore del governo M5S-Lega perché il PD è uno dei diretti responsabili dello stato in cui versa il nostro paese, ha attuato nei quarant’anni che abbiamo alle spalle il programma di lacrime e sangue della borghesia imperialista (privatizzazione delle aziende e dei servizi pubblici, lavoro precario, smantellamento dei contratti collettivi, controriforme delle pensioni, della scuola e della sanità, persecuzione degli immigrati, ecc.: il grosso di queste misure sono partite da governi PD e affini… come diceva il non compianto Agnelli, “per fare una politica di destra ci vuole un governo di sinistra”) ed è composto di persone legate alla borghesia imperialista;

– nell’idea che esiste una “grande famiglia della sinistra” che arriverebbe a comprendere anche il PD;

– nella propaganda di regime che fa di Salvini anziché dei vertici della Repubblica Pontificia, della UE, della NATO e delle altre istituzioni della loro Comunità internazionale il “nemico pubblico numero uno”;

– nella linea di “organizzare l’opposizione” che significa lasciare il pallino, la direzione del nostro paese e della nostra vita ai loro distruttori anziché organizzare la costruzione del nuovo mondo del comunismo.

È questo che rafforza la volontà e la determinazione a imparare quello che non sappiamo ancora fare, a non scoraggiarsi e sbandare di fronte agli insuccessi ma affrontarli in modo da correggere i nostri errori e superare i nostri limiti e così avanzare.

È questa comprensione che ci fa mettere sempre e comunque al centro gli interessi del proletariato, la lotta di classe e la causa del socialismo.

È così che combattiamo la sfiducia, il pessimismo, la rassegnazione e lo scetticismo (“non ci sono riusciti nel corso della prima ondata, con l’Unione Sovietica di Lenin e di Stalin in pieno sviluppo, perché dovremmo riuscirci ora noi?”, “siamo sicuri che la concezione comunista del mondo – riassunta da Marx nella lettera 5 marzo 1852 a Weydemeier – riflette giustamente il corso delle cose?”) promossi dalla sinistra borghese che frenano l’elevazione della resistenza spontanea delle masse popolari e la sua confluenza nella rivoluzione socialista.

Qui entrano in gioco gli insegnamenti del fallimento dell’operazione di rafforzamento del Centro clandestino che il (n)PCI ha messo in luce negli Avvisi ai Naviganti n. 91 e 92. La diserzione di Angelo D’arcangeli e di Chiara De Marchis coinvolge anche il P.CARC

– perché gli insegnamenti che il (n)PCI ne trae riguardano tutti i comunisti (e, in una certa misura, anche tutti coloro che lottano per cambiare la situazione in senso favorevole alle masse popolari): sono le difficoltà che i comunisti devono superare per promuovere vittoriosamente la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro,

– perché Angelo D’Arcangeli e Chiara De Marchis sono stati fino alla fine del 2018 dirigenti del P.CARC, quindi la loro diserzione, in particolare quella di Angelo che è stato per anni un alto dirigente del nostro Partito, indica che abbiamo ancora seri limiti nella formazione dei quadri,

– perché Angelo d’Arcangeli nei videomessaggi che ha diffuso il 16.08.19 e il 23.08.19 prima ha cercato di contrapporre il “P.CARC buono” al “(n)PCI cattivo”, poi ha sostenuto che in tutta la Carovana del (n)PCI vi è sudditanza nei confronti del Segretario Generale del CC del (n)PCI, che questa sudditanza si è espressa anche nella parte interna del V Congresso del P.CARC dove le divergenze di linea non sarebbero state affrontate proprio a causa di essa, che questa sudditanza sarebbe la “madre di tutti i mali” della Carovana del (n)PCI.

Sulla vicenda nel P.CARC sono in corso discussioni a tutti i livelli. Al centro di queste discussioni mettiamo le caratteristiche della rivoluzione socialista nel nostro paese e negli altri paesi imperialisti, le sue possibilità e le difficoltà da superare per farla avanzare, la relazione e soprattutto la differenza tra (n)PCI e P.CARC, non se hanno ragione Angelo e Chiara che hanno disertato o il Segretario Generale (SG) del (n)PCI che li avrebbe trattati male. Dare questa piega alle discussioni, che è il livello a cui Angelo D’Arcangeli pone la questione (“ho disertato perché il SG maltrattava me e Chiara, non ho accettato di trattare delle mie difficoltà nel Comitato Centrale del (n)PCI, cioè non ho accettato di “affidarmi al collettivo”, perché esso è tutto suddito del SG”), fa perdere di vista la lotta di classe e la causa del proletariato e porterebbe i compagni del P.CARC, i collaboratori e simpatizzanti più stretti

1. a confondere (n)PCI e P.CARC, cosa che non solo fa un brutto servizio al P.CARC (alimenterebbe lo “scimmiottamento del (n)PCI”), ma anche e soprattutto alimenta tra la base rossa quelle concezioni del “partito rivoluzionario nei limiti della legge” proprie dei partiti della Seconda Internazionale che Lenin e i bolscevichi hanno sconfitto ma che, approfittando dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e del connesso arretramento del movimento comunista, sono state riportate in auge dai revisionisti moderni e poi dalla sinistra borghese;

2. a discutere di una questione che non riguarda la condotta e l’attività dei membri del P.CARC, dei suoi collaboratori e simpatizzanti. E separata dalla pratica sulla verità del pensiero (sulla corrispondenza del pensiero con la realtà), la discussione diventerebbe una cosa puramente accademica, cadrebbe in quell’opinionismo e chiacchiericcio alimentati dalla sinistra borghese e dalle classi dominanti attraverso il loro variegato sistema di intossicazione e diversione. Diventerebbe cioè il contrario di quanto già Marx indicava bene (nelle Tesi su Feuerbach): “molte sono le interpretazioni del mondo: il problema è trasformarlo”;

3. a discutere di qualcosa che non conoscono: l’operazione di rafforzamento del Centro clandestino infatti riguarda la vita e l’attività clandestine del (n)PCI, che noi non conosciamo. Il (n)PCI ha posto pubblicamente la questione della diserzione dell’ex dirigente del P.CARC a un altro livello: Angelo D’Arcangeli ha disertato e la diserzione di uno che è stato un alto dirigente del P.CARC (e che nel P.CARC ha fatto molte buone cose) e che ha contribuito ad espandere e migliorare l’attività del Centro clandestino del (n)PCI conferma le difficoltà che i comunisti devono superare per promuovere e dirigere vittoriosamente la rivoluzione socialista in un paese imperialista. Su queste difficoltà il (n)PCI ha dato dei chiarimenti e, come emerge leggendo i suoi Comunicati e Avvisi ai Naviganti e la sua rivista La Voce, li dà a quanti pongono domande e obiezioni. Chi ha domande e obiezioni, è bene che le ponga. Invece come queste difficoltà si sono manifestate nel caso concreto (nei sette mesi in cui Angelo e Chiara sono stati nel Centro clandestino del (n)PCI) è una questione che può essere analizzata e valutata solo dagli organi dirigenti del (n)PCI che hanno gli elementi per analizzarla. Cercare di farlo senza conoscere questi elementi significherebbe fare chiacchiere prive di scopo pratico. Quali siano state le difficoltà e i problemi, è il CC del (n)PCI che ha gli elementi per conoscerli, analizzarli e dare soluzioni. Discuterne all’esterno del (n)PCI che cosa diventerebbe se non fare chiacchiere prive di scopo pratico (astratte, accademiche) senza conoscere le circostanze reali di cui si pretende di discutere?

I comunisti, i lavoratori avanzati e chiunque vuole comprendere il mondo per trasformarlo possono conoscere e valutare l’analisi, la linea e l’azione che il (n)PCI propaganda e attua da decenni. La valutazione di un individuo come di un partito va fatta alla luce dell’apporto che dà alla lotta di classe. È possibile collocare nella giusta luce ogni avvenimento, ogni movimento e l’attività di un partito o di un individuo e comprendere il suo ruolo reale (quindi indipendentemente dai pregi e difetti personali dei protagonisti) solo mettendoli in relazione con l’obiettivo di fare dell’Italia un nuovo paese socialista e di costruire un partito comunista all’altezza dei compiti che la situazione pone.

Nei due videomessaggi che ha diffuso, il succo del ragionamento di Angelo D’Arcangeli è “o me o il SG, chi mi dà ragione bene, chi invece non mi dà ragione è suddito del SG”, chiuso qui.

La sudditanza che indica come il cuore di tutti i limiti della Carovana del (n)PCI e quindi anche del P.CARC, per come l’ha messa Angelo diventa una cosa ridicola: per dieci anni lui, che è stato uno dei dirigenti del P.CARC, non si è mai accorto di questa sudditanza e poi in soli sette mesi l’avrebbe scoperta, compresa in tutta la sua gravità, combattuta strenuamente e concluso che non c’è niente da fare? Una cosa ridicola, appunto: per cercare di giustificare quello che non è giustificabile (la diserzione), Angelo trasforma in culto della personalità (sudditanza) la relazione che esiste tra chi dirige e chi è diretto, tra chi ha scoperto e chi apprende, tra chi insegna e chi impara.

In realtà quella delle divergenze di linea, della loro origine e di come affrontarle è una questione che nel movimento comunista si è posta, si pone e si porrà. Che nella pratica ci siano per alcuni aspetti divergenze di linea è inevitabile perché ogni organismo e ogni membro ha assimilato la linea generale a un certo livello (che, se la militanza procede bene, cresce via via). Per ogni compagno e organismo il livello di assimilazione è legato al grado della sua partecipazione alla lotta di classe e alla comprensione che con la pratica e con lo studio ha raggiunto delle condizioni in cui la lotta di classe si svolge. I limiti nell’affrontare le divergenze di linea sorgono perché e quando i compagni che hanno divergenze non le esprimono o non accettano di andare a fondo sulla natura delle divergenze. Le divergenze di linea provengono

– o da divergenze nella teoria (nell’analisi del corso delle cose, nel bilancio del movimento comunista, nella concezione del mondo): queste le affrontiamo con lo studio e la formazione, con il bilancio dell’esperienza, con la lotta tra due linee;

– o da problemi di adesione alla causa, che affrontiamo con la riforma intellettuale e morale e con i percorsi di critica-autocritica-trasformazione.

Dalla sua condotta e da quanto dice nei due videomessaggi emerge che Angelo ha fatto “carta straccia” di una serie di criteri e principi, alcuni già fissati dai dirigenti del movimento comunista e altri che abbiamo elaborato e precisato (articolato) usando i loro insegnamenti per trovare soluzioni e risposte alle necessità della lotta che conduciamo.

1. Centralismo democratico. “Nel P.CARC ogni compagno è inserito in un processo di Riforma Morale e Intellettuale attraverso cui eleva la sua concezione del mondo e la sua pratica: è formato, stimolato e diretto affinché impari a pensare scientificamente (ad analizzare la situazione, definire linee, tirare insegnamenti dall’esperienza, correggersi), impari ad agire e impari a dirigere. Tutti i compagni sono spinti in avanti e le differenze che esistono tra i membri sono tenute in considerazione nell’assegnazione di compiti e ruoli e trattate applicando il criterio ‘chi è più avanti insegna a chi è più indietro, chi è più indietro si impegna ad apprendere e ad avanzare delegando sempre meno’. Questa è la concezione che guida il funzionamento interno al P.CARC, la democrazia proletaria che vige al suo interno.

Sul piano organizzativo questa concezione si traduce in un unico sistema nazionale di direzione e in un’unica disciplina: l’individuo è subordinato al collettivo, la minoranza è subordinata alla maggioranza, l’istanza inferiore è subordinata all’istanza superiore. Quattro sono i punti in cui si concretizza il centralismo democratico:

1. elettività degli organi dirigenti dal basso in alto;

2. obbligo di ogni organo di Partito di rendere periodicamente conto della sua attività all’organizzazione che lo ha eletto e agli organi superiori;

3. rigorosa e leale disciplina di Partito e subordinazione della minoranza alla maggioranza;

4. le decisioni degli organi superiori sono incondizionatamente obbligatorie per gli organi inferiori” (dalla Risoluzione n. 2 “Il lavoro interno del P.CARCe la Riforma Intellettuale e Morale dei comunisti” approvata dal IV Congresso del P.CARC- giugno 2015, alla cui stesura Angelo ha partecipato in prima persona).

Solo in questo modo anche un partito come il P.CARC, che utilizza finché possibile quanto resta degli spazi di agibilità politica conquistati dalla classe operaia e dal suo vecchio partito comunista con la Resistenza, non è un “colabrodo ma è in grado di svolgere un’azione unitaria. Che fiducia potrebbero avere i lavoratori in un partito in cui ognuno, a partire dai dirigenti, fa quello che gli va, se e quando gli va? Che garanzia darebbe un partito così di guidarli a lottare vittoriosamente contro la borghesia e il clero? Persino per andare in barca occorre che i rematori voghino insieme e in modo coordinato e che qualcuno dia loro il tempo!

Il centralismo democratico

a) implica una concezione del partito per cui l’individuo è in funzione del collettivo, non il partito in funzione dell’individuo. Tra le altre cose significa che, contrariamente a quanto dice Angelo nel suo primo video, se un compagno fa presenti dei problemi, la direzione del P.CARC non sospende tutto per fare subito una riunione con lui, ma gli chiede di mettere per iscritto nel modo più chiaro e completo che gli riesce i problemi, le cause che individua di essi e le proposte di soluzione e fissa un incontro tenendo conto dell’insieme delle attività del partito e delle priorità. Per capirci: non è che se la direzione è impegnata in un’iniziativa nazionale sospende tutto per fare una riunione con quel compagno, ma la fissa una volta portato a termine l’impegno principale;

b) ha come corollario che il singolo compagno si “affidi al collettivo”. Cosa vuol dire che un compagno si affida al collettivo? Vuol dire che

– fa presente chiaramente le difficoltà e i problemi che incontra,

– condivide onestamente le informazioni e la comprensione del percorso in atto,

– fa tutto lo sforzo di cui è capace per studiare, imparare e capire,

– attua con lealtà, iniziativa e creatività la linea che il collettivo traccia, anche se ancora qualcosa non lo convince, anche se non la condivide in tutto o in parte (facendo presente che non la condivide),

– partecipa al bilancio dei risultati con spirito scientifico (e non con spirito di rivalsa personale: “avete visto che avevo ragione io”?).

Senza di questo “affidarsi al collettivo” diventa una parola vuota. Affidarsi al collettivo è il contrario dell’abitudine esistente anche nelle nostre file di dichiarare di affidarsi al collettivo, far perdere tempo a fare bilancio e tracciare linee e poi fare ognuno di testa propria quello che gli sembra meglio. L’individuo si affida al collettivo perché non è nelle migliori condizioni per valutare la situazione e decidere in modo giusto, perché il collettivo ha maggiori possibilità di conoscere e comprendere qual è l’interesse del partito pur tenendo conto anche di tutti gli altri aspetti e fattori, perché il collettivo apporta all’attuazione delle linee decise il contributo delle sue forze e risorse.

2. La lotta tra due linee, che è un principio di funzionamento importante, è uno degli apporti del maoismo alla scienza comunista. Ma in primo luogo la lotta tra due linee la si fa dentro il partito, non dopo aver disertato… tanto più se uno, come afferma Angelo, condivide “bilancio, impostazione, strategia, analisi e linea”, condivide “la natura clandestina del (n)PCI e l’esistenza di due partiti”. E poi non c’è lotta tra due linee senza indicare quali sono le linee che si scontrano. La linea non è la concezione del mondo, è la sua applicazione a una ben precisa situazione particolare. Dire che ci sono due linee senza enunciarle chiaramente tutte e due in relazione alla situazione particolare, ridurre la linea alla concezione del mondo è ostacolare la lotta tra le due linee e ingarbugliare l’attività, è comportarsi da dogmatici o da lazzaroni. Mentre d’altra parte noi in ogni situazione dobbiamo mettere in chiaro la connessione tra ogni linea particolare che viene proposta in una situazione data e la nostra concezione del mondo, le nostre idee fondamentali: dobbiamo cioè essere scientifici, non empiristi.

Nelle nostre file alcuni compagni la sviliscono parlando superficialmente di lotta tra due linee, confondendo la mancanza di unità di indirizzo con lo scontro tra due linee. Di fronte ad avvenimenti nuovi e a nuovi campi di lavoro, individui diversi per personalità e mentalità (cioè individui diversi per nascita e formazione, che hanno alle spalle una storia diversa, che non hanno una lunga abitudine di lavoro rivoluzionario comune) reagiscono in modi diversi. Questo non significa ancora scontro tra linee diverse. La linea è la risposta articolata e ben definita alle domande del che fare, è applicazione della concezione del mondo a una situazione particolare ben definita, appartiene al campo della coscienza. È elaborando la pratica, l’esperienza, la conoscenza sensibile alla luce della concezione comunista del mondo che noi arriviamo a formulare la nostra linea d’azione. Allora si possono avere due linee, perché due e solo due sono le classi fondamentali della società attuale (classe operaia e borghesia) e di fronte a ogni scelta due in definitiva sono le vie: una che porta verso l’instaurazione del socialismo e l’altra che impedisce l’avanzamento della rivoluzione socialista, la fa regredire e favorisce la borghesia.

Che Angelo abbia fatto carta straccia di questi criteri conferma il problema della separazione tra teoria e pratica indicato dal (n)PCI nell’Avviso ai Naviganti 91 come caratteristico del nostro paese. Aggiungiamo noi che una forma di questa separazione consiste nel fatto che un dirigente non fa personalmente quello che indica agli altri di fare, quello che insegna ai compagni che dirige.

Nello stesso tempo ci dice che nel P.CARC abbiamo ancora dei seri limiti nella formazione dei quadri: su quali sono e come affrontarli i due Avvisi ai Naviganti del (n)PCI ci permettono di arricchire quanto già abbiamo capito e illustrato nella Risoluzione n. 2 “Elevare il livello del partito e allargare la nostra rete, diventare un partito di quadri e di massa” approvata dal V Congresso del gennaio di quest’anno.

1. Noi dobbiamo promuovere nei quadri del partito l’assunzione di un “piglio dirigente” verso se stessi, verso gli altri (verso i compagni che dirigono, verso le masse popolari, verso le persone con cui per qualche motivo hanno a che fare: parenti, amici e conoscenti, colleghi di lavoro o di scuola) e la loro vita associata. La carenza di “piglio dirigente” è uno dei principali problemi che il Partito deve affrontare nella formazione e trasformazione dei quadri. Essa deriva (come Angelo stesso riconosceva e insegnava prima di disertare e intraprendere la sua “crociata” contro il Segretario Generale del (n)PCI) dal fatto che il grosso dei membri del P.CARC viene dalla classe operaia (il Segretario Nazionale del P.CARC, Pietro Vangeli, ad esempio, per anni è stato operaio in fonderia) e dalle altre classe proletarie delle masse popolari, quindi classi non abituate a organizzare e dirigere, a comandare. Da qui ne viene che, oltre alle candidature speciali per compagni che provengono dalle classi non proletarie delle masse popolari o dalla borghesia indicate nella Risoluzione sopra citata, dobbiamo mettere a punto dei sistemi di formazione alla scienza comunista di operai e di altri lavoratori decisi a impararla, non solo di quelli che sono membri del P.CARC, ma anche di quelli con cui siamo in contatto. È qualcosa che abbiamo iniziato a fare (esperienze-tipo), ma non ancora in modo sistematico.

2. La diserzione di Angelo mette in luce un meccanismo diffuso tra i quadri di ieri e di oggi e che probabilmente lo sarà anche tra i quadri di domani. Persone attive, ambiziose, d’iniziativa, capaci di attuare bene la linea del partito in questo e quel campo e di costruire, ma 1. che non hanno assimilato la concezione comunista del mondo abbastanza a fondo (studiano poco o in modo superficiale) per orientarsi da sole quando si trovano in situazioni nuove e 2. che quando si trovano in difficoltà non si affidano al collettivo (per presunzione e orgoglio, cioè per non mostrare i loro punti deboli) o che, anche se si rimettono al collettivo, lo fanno con riserve (non danno tutte le informazioni che hanno, non espongono tutta la comprensione che hanno del corso delle cose) e poi comunque non attuano con lealtà, iniziativa e creatività la linea decisa dal collettivo (come invece bisogna fare anche se non la si condivide in tutto o in parte) e non partecipano poi al bilancio dei risultati con spirito scientifico. In sostanza è la concezione della direzione come “mestiere” o, per dirla alla Teng Hsiao-ping, “non importa che un gatto sia rosso o nero, basta che prenda topi”. Questo si combina con il fatto che nell’ultimo anno ci siamo concentrati sugli aspetti della formazione in cui eravamo più indietro, cioè la “riforma morale” e la trasformazione della mentalità e della personalità dei quadri. Adesso dobbiamo dare una sterzata e migliorare metodi e percorsi di formazione

– sulla comprensione delle condizioni, forme e risultati della lotta di classe e la capacità di mobilitare e orientare nella lotta per il Governo di Blocco Popolare e il socialismo, se si tratta della formazione di un quadro,

– sulla fiducia nell’unità e nella lotta contro i padroni, se si tratta della formazione di un militante di base e di un lavoratore avanzato.

3. Nell’ultimo anno e mezzo sono affluiti al P.CARC vari giovani appena usciti dalle Scuole Superiori e dalle Università o che le stanno frequentando, giovani cresciuti “sotto l’azione pervasiva del sistema di controrivoluzione preventiva (Manifesto Programma , capitolo 1.3.3) e delle tre trappole (La Voce 54)”. È un segno positivo e, nello stesso tempo, richiede la messa a punto dei percorsi per temprarli “alle condizioni pratiche e morali dell’oppressione di classe e della dura lotta che dobbiamo condurre”. Anche qui abbiamo delle esperienze sparse in cui ci sono studio e formazione, periodi di lavoro in produzione, scambio di esperienze con partiti comunisti di paesi dove la persecuzione dei comunisti è più aperta e dispiegata che nel nostro ed esperienze di lavoro in contesti “caldi” della lotta di classe nel nostro paese, ma non abbiamo ancora un sistema organico e collaudato.

Riportiamo infine lo stralcio delle considerazioni di un compagno del P.CARC della Lombardia sulla diserzione di Angelo e Chiara, perché utile a quei comunisti che se la prendono con “l’arretratezza delle masse popolari” anziché impegnarsi a correggere gli errori e superare i limiti dei comunisti. “Quando compagni militanti del P.CARC di lungo corso come Angelo e Chiara, dopo aver deciso di intraprendere con coscienza e ponderatezza la difficile scelta di entrare nel Centro clandestino nel (n)PCI, decidendo anche di sposarsi ma di rinunciare a costruire una famiglia “tradizionale”, rinunciando ad avere rapporti alla luce del sole con famiglia, amici e compagni di lotta, abiurano alla loro scelta dopo soli 7 mesi con motivazioni generiche e aleatorie, adducendo come scusante unica e principale l’inadeguatezza del compagno Ulisse a formare altri dirigenti del (n)PCI e di comportarsi da dittatore, allora non ci dobbiamo meravigliare o inalberarci con le masse popolari e con i lavoratori se non trovano la linea e se girano a vuoto da decenni cercando dei riferimenti politici”.

Concludiamo con l’augurio che Angelo trovi la forza per risollevarsi (come ha saputo fare in passato) dalla china disastrosa che ha preso e che lui e Chiara sappiano dare, dalla posizione in cui si sono messi, il loro contributo alla lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Per questo consigliamo a entrambi e a tutti coloro che vogliono comprendere più a fondo le difficoltà della rivoluzione socialista in un paese imperialista di studiare gli articoli “L’autocritica di un dirigente del (nuovo) Partito comunista italiano” pubblicato su La Voce n. 46 – marzo 2014 eSei caduto a terra. Hai ora due nemici da combattere dentro di te” pubblicato su La Voce n. 47- luglio 2014 e di leggere il libro La mia vita con Lenin appena pubblicato dalle Edizioni Rapporti Sociali e da RedStarrPress: in quest’ultimo Naredza Krupskaia mostra bene che i comunisti degni di questo nome devono passare dal mettere al centro “quanto io faccio (ho fatto) per il Partito” al mettere al centro “cosa posso fare di più e meglio per la causa della rivoluzione socialista e del comunismo”.

Avanti nella lotta per formare comunisti di tipo nuovo!

Avanti nella lotta per costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate e far fare così un salto alla lotta per instaurare il socialismo nel nostro paese!

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