La soluzione della crisi.
Gli anniversari della vita di Antonio Gramsci_Agosto 2019
La crisi politica per cui il paese è senza governo da qualche settimana è espressione di una crisi generale, economica e sociale,[1]cui si aggiunge la crisi ambientale in forma e misura mai vista prima. La sua estensione sia nello spazio che nel tempo è molto grande e va al di là della comprensione di qualsiasi politico e intellettuale della classe dominante, da coloro che stanno ai vertici delle istituzioni della borghesia imperialista (come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la Banca centrale europea) passando per tutti quelli che altro non sanno dire che questa è “la crisi più pazza del mondo”, fino anche a quelli che pare stiano contro e ai margini dei centri di potere, ma parlano da cattedre universitarie con relativi stipendi e con ampio accesso ai social media, come Diego Fusaro, soggetti della cui onestà intellettuale c’è ragione di diffidare.[2]Dietro questa fitta selva di esseri umani stanno i veri potenti, quelli che hanno in mano il capitale, che gestiscono la produzione, la finanza e la speculazione. Nemmeno loro capiscono natura, estensione e prospettive della crisi presente.
Voi che leggete questo chiedete: “Se non lo capiscono loro come posso capirlo io?” Voi siete operai, siete elementi avanzati delle masse popolari? Allora voi lo potete, voi sì e loro no, è il perché lo vediamo in fondo. Cominciamo il percorso e facciamo un primo passo nella direzione del capire.
Abbiamo detto all’inizio che l’estensione della crisi molto grande e non solo nello spazio (è una crisi mondiale) ma anche nel tempo. Noi siamo la Commissione Gramsci del Partito dei Carc, e ogni mese troviamo eventi della vita di Gramsci e del suo partito o suoi scritti di quel mese, e in questo agosto andiamo a indietro fino a 96 anni fa, nell’agosto nel 1924. Giacomo Matteotti è stato assassinato dai fascisti il 10 giugno, e Gramsci scrive il 28 agosto su Lo Stato operaiol’articolo Il destino di Matteotti.[3]Parla dell’ucciso, e della crisi di allora che descrive come segue
Da una parte vi è uno Stato che non si regge perché gli manca l’adesione delle grandi masse e gli manca una classe dirigente che sia capace di conquistargli questa adesione; dall’altra parte vi è una massa di milioni di lavoratori i quali si sono lentamente venuti risvegliando alla vita politica, i quali chiedono di prendere ad essa una parte attiva, i quali vogliono diventare la base di uno «Stato» nuovo in cui si incarni la loro volontà. Vi è da una parte un sistema economico che non riesce più a soddisfare i bisogni elementari della maggioranza enorme della popolazione, perché è costruito per soddisfare gli interessi particolari ed esclusivistici di alcune ristrette categorie privilegiate; vi sono dall’altra parte centinaia di migliaia di lavoratori i quali non possono più vivere se questo sistema non viene modificato dalle basi. Da quarant’anni la società italiana sta cercando invano il modo di uscire da questi dilemmi. Ma il modo di uscirne è uno solo. È che le centinaia di migliaia di lavoratori, che la grande maggioranza della popolazione lavoratrice italiana sia guidata a superare il contrasto spezzando i quadri dell’ordine politico ed economico attuale e sostituendo ad esso un ordine nuovo di cose, nel quale gli interessi e le volontà di chi lavora e produce trovino soddisfazione ed espressione complete.[4]
Anche oggi, 96 anni dopo, abbiamo uno Stato che non regge perché gli manca l’adesione delle grandi masse e manca una classe dirigente capace di conquistargliela e anche oggi voi lavoratori che volete avere parte attiva alla vita politica siete milioni. Sognate a malapena uno Stato che incarni la vostra volontà perché siamo stati disabituati a sognare, ma stiamo ricominciando a farlo e tutti lo possono fare. Anche oggi il sistema economico non soddisfa i bisogni elementari della maggioranza enorme della popolazione. Non soddisfa il bisogno di lavoro, che è il fondamento di tutto l’assetto sociale, e nessuna società né alcun gruppo, famiglia o individuo vive senza lavoro. È da quaranta anni che dura questa situazione, come succedeva ai tempi di Gramsci? Questa situazione dura anche da più di quaranta anni per noi,[5]e la strada per uscirne è sempre una sola, quella che Gramsci indica in questo articolo. E’ la strada della partecipazione e della riscossa della classe operaia, del proletariato e delle altre classi delle masse popolari.
Il risveglio degli operai e dei contadini d’Italia iniziatosi, sotto la guida di animosi pionieri, or sono alcune decine di anni, lasciava sperare che questa strada stesse per essere presa e seguita, senza esitazione e senza incoerenze, fino alla fine.
Questi pionieri sono uomini come Matteotti, uomini di onestà e fermezza tale da affrontare la morte. Furono loro, dice Gramsci, a volere fare gli operai e i contadini partecipi della vita civile, determinati nelle rivendicazioni economiche e nella lotta politica. Però, dice Gramsci, tutto questo
è cosa vana, se non si conclude con la indicazione dei mezzi e delle vie per cui le forze risvegliate delle masse lavoratrici potranno giungere a una concreta e completa affermazione di sé. A questa conclusione, i pionieri del movimento di riscossa dei lavoratori italiani non seppero giungere. L’azione loro, mentre faceva crollare i cardini di un sistema economico, non prevedeva la creazione di un diverso sistema, nel quale i limiti del primo fossero per sempre superati e abbattuti. Iniziava una serie di conquiste e non pensava alla difesa di esse. Dava ad una classe coscienza di sé e dei propri destini, e non le dava la organizzazione di combattimento senza la quale questi destini non si potranno mai realizzare. Poneva le premesse di una rivoluzione, e non creava un movimento rivoluzionario. Scuoteva le basi di uno Stato, e credeva di poter eludere il problema della creazione di uno Stato nuovo. Scatenava la ribellione, e non sapeva guidarla alla vittoria. Parlava da un desiderio generoso di redenzione totale, e si esauriva miseramente nel nulla di una azione senza vie di uscita, di una politica senza prospettiva, di una rivolta condannata, passato il primo istante di stupore e di smarrimento degli avversari, a essere soffocata nel sangue e nel terrore della riscossa reazionaria.
Qui la crisi politica è differente da quella di allora. I massimi dirigenti che hanno gestito il governo negli ultimi mesi di onestà e fermezza si riempiono solo la bocca e non sono certo disposti a morire per la causa nonostante la crisi oggi sia più avanzata di quanto lo fosse nel 1924, e sempre più richieda uomini e donne decisi a realizzare gli interessi e le aspirazioni delle masse popolari anche a prezzo della propria vita, uniti in un organismo politico sintesi del massimo livello intellettuale e morale, capace di fissare i principi, di vedere gli obiettivi e di raggiungerli. Il Partito comunista d’Italia che Gramsci dirigeva doveva diventare questo organismo.
occorre che una organizzazione di combattimento sia creata, alla quale gli elementi migliori della classe lavoratrice aderiscano con entusiasmo e convinzione, attorno alla quale le grandi masse si stringano fiduciose e sicure. È necessaria una organizzazione nella quale prende carne e figura una volontà chiara di lotta, di applicazione di tutti i mezzi che dalla lotta sono richiesti, senza i quali nessuna vittoria totale mai ci sarà data. Una organizzazione che sia rivoluzionaria non solo nelle parole e nelle aspirazioni generiche, ma nella struttura sua, nel suo modo di lavorare, nei suoi fini immediati e lontani.
Una organizzazione il cui proposito di riscossa e di liberazione delle masse diventi qualcosa di concreto e definito, diventi capacità di lavoro politico ordinato, metodico, sicuro, capacità non solo di conquiste immediate e parziali, ma di difesa di ogni conquista realizzata e di passaggio a conquiste sempre più alte e a quella che tutto le deve garantire: la conquista del potere, la distruzione dello Stato dei borghesi e dei parassiti, la sostituzione ad esso di uno Stato di contadini e di operai.
Ci vuole un partito strutturato come un esercito. Tale il primo Partito comunista italiano dovette diventare quando si pose alla guida della Resistenza contro il nazifascismo. Dal decennio alla fine della guerra in poi, però, sempre meno suscitò entusiasmo e convinzione, sempre meno ispirò fiducia e sicurezza, sempre meno si mostrò capace di lavoro politico ordinato, metodico, sicuro e capace di difendere le conquiste strappate e ottenere conquiste più alte e anzi dagli anni Settanta in poi affiancò i padroni che nulla più concessero e iniziarono a riprendersi con arroganza crescente quanto era stato loro strappato. Tanto in basso quel primo Pci è precipitato fino a terminare il suo corso nel 1991 e a lasciare sul campo rottami e marciume tali da generare anche entro la classe operaia quel disgusto che ha portato la maggior parte di loro nelle fabbriche a riporre fiducia nel Movimento 5 Stelle e nella Lega.
La Lega, però, in un anno di governo è stata capace di varare una sola misura positiva, cioè la riforma del regime pensionistico chiamata Quota 100, che lascia intatta la struttura della riforma Fornero e ha durata di solo tre anni. Non è stata capace di fare altro. Salvini, tanto bravo a fare annegare i profughi di ogni età e sesso che fuggono dalle guerre mentre si sollazza sul bagnasciuga di Milano Marittima, ha paura degli operai. Non fa partecipare al suo comizio gli operai della Sanac e della Nuovo Pignone di Massa e li fa bloccare dai suoi all’ingresso del parco della Comasca.[6]Dal canto suo il M5S ha gestito al MiSE 160 tavoli di crisi animato dalle più buone intenzioni, ma con la caduta del governo più di 200 mila lavoratori restano a rischio. Dopo la caduta del governo poi il M5S non trova di meglio che cercare appoggio in quel Pd che ha affiancato Forza Italia in attacchi sempre più duri contro la classe operaia e le masse popolari, trattando per la formazione del governo persino con Marcucci, uno degli uomini con radici più a fondo nel regime delle Larghe Intese, passato alla politica dalla potente industria farmaceutica toscana, uno che solo la settimana scorsa ha ospitato nel suo agriturismo a Lucca la scuola di formazione organizzata da Renzi, presente la Boschi.
La strada per uscirne è sempre una sola, come scriviamo sopra, la strada della partecipazione e della riscossa della classe operaia, del proletariato e delle altre classi delle masse popolari. Lo scontro di classe, ieri come oggi, è guerra, e richiede che il partito della classe operaia si strutturi come un esercito. Condividiamo quindi l’opera cui i Carc hanno contribuito e che ha portato alla ricostruzione del partito comunista, conclusasi nel 2004, data della formazione del (nuovo)Pci, partito che opera nella clandestinità e che sta a fianco del Partito dei Carc, e insieme ad esso promuove la costituzione di un governo di emergenza, il Governo di blocco popolare, che sarà la prima forma in cui la classe operaia e le masse popolari potranno sperimentare a livello nazionale la loro partecipazione alla direzione della società e così imparare a diventare dirigenti della società.
A chi dirige la società oggi il potere va tolto e tanto più perdono terreno quanto più crescono le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nei quartieri, e in tutti i comparti della vita sociale, che sono il fondamento del Governo di Blocco Popolare e il fondamento della rivoluzione socialista come lo furono per la Rivoluzione d’Ottobre i soviet.
Questo è quello che pensiamo del secolo, delle crisi di allora e di oggi e della loro soluzione. Nessuno che appartiene alla borghesia imperialista, dai vertici delle sue istituzioni come il FMI, la BM o la BCE, fino alla bassa putredine come Salvini e i suoi, è in grado di capire una parola di quello che diciamo. Per loro quello che diciamo qui è follia e delirio. Non lo capiscono, perché è la loro campana a morto, e preferiscono tapparsi le orecchie. Voi se siete operai o elementi avanzati delle masse popolari magari non concordate e pensate ad altre soluzioni, magari pensate che sarebbe bello ma non potrà essere, però quello che diciamo lo capite. Ciò in cui finora avete posto fiducia mostra di non averla meritata. Valutate quindi il condividere questo che diciamo, porvi attenzione, sperimentarlo e se funziona avanzate, fate passi di questo percorso intrapreso e sperimentate se è possibile recuperare la fiducia e l’entusiasmo, il lavoro metodico, le conquiste passate e altre nuove, perché questo e niente altro è ciò che va fatto e che abbiamo cominciato a fare.
Commissione Gramsci del P.Carc
[1]Chi vuole studiare il fenomeno veda http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav08.html.
[2]Diego Fusaro spaccia quello che dice per scienza filosofica, politica ed economica come quelli che spacciano acqua colorata per elisir di lunga vita.
[3]Vedi in http://www.nuovopci.it/classic/gramsci/destmat.htm.
[4]Questa e tutti gli altri passi sono tratti dall’articolo citato.
[5]La crisi attuale, la cui definizione scientifica è “crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale”, è iniziata a metà degli anni Settanta dello scorso secolo. Per queste sue origini vedi il riferimento in Nota 1. Gli economisti borghesi se ne sono accorti solo quando è emersa in tutta la sua ampiezza e gravità nel 2008.
[6]Vedi in https://www.carc.it/2019/08/21/massa-che-fine-ha-fatto-il-prima-gli-italiani-di-salvini/, e https://www.carc.it/2019/08/14/massalappello-del-comitato-aurora-del-nuovo-pci-operai-salvini-viene-a-massa-ditegli-cosa-deve-fare-per-la-classe-operaia-e-per-il-resto-del-paese/.