Un compagno ci ha chiesto di condividere attraverso l’Agenzia Stampa del P. CARC le note dell’opuscolo “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” di Lenin per renderle oggetto del dibattito sul ruolo dei comunisti oggi. Invitiamo i nostri lettori ad approfittare dello spazio che la nostra Agenzia Stampa intende dare al dibattito politico. In particolare, il centenario della fondazione dell’Internazionale Comunista e del Biennio Rosso saranno occasione per approfondire il confronto sugli insegnamenti e i limiti che hanno caratterizzato la prima ondata della rivoluzione proletaria, per non rendere queste date solo “celebrazioni” slegate dalla lotta di classe che i comunisti devono dirigere per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Proprio per questo motivo, durante la Festa nazionale della Riscossa Popolare che si terrà a Marina di Massa dall’1 al 4 agosto, il Centro di Formazione del P. CARC terrà un seminario su iscrizione aperto a tutti sull’opuscolo di Lenin.
Buona lettura.
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Lenin ha scritto “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” nella primavera del 1920 in occasione del II congesso dell’Internazionale Comunista, cioè del congresso in cui vennero approvate le 21 condizioni che i partiti socialisti e comunisti dovevano rispettare per essere ammessi all’Internazionale Comunista.
Il tema dell’opuscolo è la trasformazione che i promotori dei partiti socialisti e dei neonati o nascenti partiti comunisti dei principali paesi imperialisti dovevano compiere per essere all’altezza del compito che dovevano assolvere.
A premessa va specificato il contesto storico in cui Lenin scrive, ossia una fase di grande e tumultuoso sviluppo della lotta di classe in tutto il mondo e principalmente in Europa, determinata da un lato dalla I Guerra Mondiale, e dall’altro dalla vittoriosa Rivoluzione d’Ottobre del 1917: tutto lasciava presagire e immaginare che ci sarebbe stata una rapida vittoria della rivoluzione proletaria almeno in alcuni paesi europei, come ad esempio la Germania, la Francia e l’Italia.
A Lenin erano evidenti le potenzialità rivoluzionarie della fase così come gli erano evidenti i principali limiti dei partiti che dirigevano questo movimento e che sintetizza nelle principali tendenze opportuniste ed estremiste.
Il testo è dedicato ai comunisti dei paesi capitalisti, parla a loro, ai problemi che devono affrontare per fare la rivoluzione socialisti nei rispettivi paesi.
In queste brevi note dell’opuscolo mi concentro principalmente su alcuni aspetti che, a mio avviso, è importante mettere a fuoco, anche se il testo in realtà si presta a trattare una innumerevole quantità di questioni.
La natura del partito comunista. Un partito comunista per essere all’altezza del suo compito storico (portare a compimento la rivoluzione socialista nel proprio paese) deve avere una base ideologica e una unità ideologica fortemente ancorata alla scienza comunista. A tal proposito Lenin era convinto che i partiti comunisti europei avevano tra le mani un potenziale enorme: le condizioni oggettive spingevano le masse ad organizzarsi, schiere di operai guardavano con simpatia e adesione alla Rivoluzione d’Ottobre, la borghesia non riusciva a risanare le contraddizioni nel suo campo nonostante la I Guerra Mondiale fosse terminata, operai e contadini si organizzavano contro il carovita e la disoccupazione, decine di migliaia di reduci dalla guerra chiedevano un posto dignitoso nella società, le donne immesse in massa nella produzione di guerra iniziavano ad emanciparsi dalla condizione di asservimento domestico, e potremmo continuare. Lenin, con l’opuscolo “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” dice ai comunisti dei paesi imperialisti che invece di guardare alla rivoluzione russa come un feticcio a cui lodare avrebbero dovuto studiarla, scoprirne le leggi e verificarle per fare la rivoluzione socialista nel proprio paese. Lenin auspicava un adeguamento dei partiti comunisti e socialisti dei paesi più sviluppati (Germania, Inghilterra, Francia, Italia ecc.) affinchè si mettessero sostanzialmente a studiare il marxismo e applicarlo nel concreto del proprio paese, non a professarlo dogmaticamente come invece è avvenuto. L’adeguamento, la trasformazione auspicata da Lenin era necessaria per tutti quei partiti socialisti i cui capi avevano tradito o si erano macchiati delle peggiori infamie contro le masse dei propri paesi allo scoppio della I Guerra Mondiale, per portare a vittoria certa la rivoluzione. Il principale insegnamento rispetto a questo scritto attiene alla comprensone di ciò che distingueva il Partito Comunista bolscevico dai partiti comunisti dei paesi imperialisti: esso non nacque e non si è sviluppato sulla base del movimento spontaneo delle masse popolari di allora (oggi diremmo “non è nato dalle lotte”) nè tantomeno dalla scissione da partiti socialisti più grandi, ma sulla base della conoscenza, assimilazione e uso del marxismo attraverso una durissima lotta ideologica portata avanti dai marxisti russi già a fine ‘800 (la lotta tra le due linee di destra e di sinistra che hanno dovuto combattere nelle varie fasi della rivoluzione russa, e in questo senso il testo Storia del Partito Comunista bolscevico, disponibile presso le Edizioni Rapporti Sociali, ne fa una descrizione molto accurata). I primi nemici contro cui ha combattuto il gruppo di testa dei comunisti russi sono stati proprio i revisionisti e i liquidatori del marxismo, prima contro gli intellettuali pseudomarxisti, poi con le deviazioni interne al Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) e successivamente il Partito Comunista bolscevico. In questo senso, nella pratica Lenin e il Partito bolscevico hanno anticipato quello che sarà poi un insegnamento fissato da Mao Tze Tung, ossia che un partito si rafforza attraverso la lotta ideologica al suo interno (lotta tra due linee nel Partito, come elemento che rafforza il Partito).
Il percorso dei partiti comunisti dei paesi imperialisti era stato invece all’opposto: questi erano nati dal movimento di lotta del proletariato e si erano ispirati al marxismo (partiti socialisti), e successivamente nati per scissione dai partiti socialisti (sotto l’impulso della Rivoluzione di Ottobre, di Lenin e dell’Internazionale Comunista), portandosi dietro allo stesso tempo tutto quel bagaglio di concezioni e prassi politiche passate (economicismo, riformismo e ribellismo piccolo-borghese) e facendo fatica a scrollarsele di dosso. Non a caso, in nessun paese imperialista si è fatta la rivoluzione socialista. Il nocciolo della trasformazione di cui parla Lenin sta nell’usare il marxismo per sviluppare la capacità di intervenire nel contesto concreto della lotta di classe, nelle mobilitazioni spontanee delle masse popolari, nel saper orientare le masse popolari a partire dal senso comune diffuso per spingerle in avanti e mobilitarle nella lotta di classe, dirigerle via via nella direzione più favorevole allo sviluppo della lotta di classe stessa (verso gli obiettivi della presa del potere) partendo dalla realtà e non dai pregiudizi, dalle fantasie, da ciò che ci piacerebbe. Questo è di grande insegnamento per noi comunisti di oggi che ci trovano in una nuova crisi generale del sistema capitalista e alle prese con un ampio e variegato movimento spontaneo di resistenza agli effetti della crisi, che abbiamo il compito di incanalare nella lotta per il Socialismo.
Strategia salda e tattica flessibile. Anche se Lenin non parla, nell’opuscolo, apertamente di Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (sarà infatti un apporto del maoismo), emerge dal suo scritto una solida adesione ad un progetto ancorato a dei referenti specifici, ossia la classe operaia e le masse contadine, principalmente quelle organizzate nei soviet. Fa continuamente riferimento al lavoro di preparazione della rivoluzione: rafforzamento dei soviet e della loro continuità di azione, rafforzamento dell’influenza bolscevica su di essi, lavorare per acutizzare le contraddizioni in campo nemico, agire per rafforzare la coscienza della classe operaia con la scuola di comunismo ecc. Sulla base di questo, e sul ragionamento sulle condizioni concrete in cui si sviluppa la lotta di classe, afferma che è sbagliato precludere alcune strade, alcune forme di lotta, in maniera aprioristica. Solo a seguito dell’analisi accurata del movimento delle classi (operaia, contadina, strati intermedi, borghesia, clero ecc.) e dell’analisi accurata delle condizioni oggettive a livello nazionale e internazionale si può definire una tattica, si possono decidere forme e prassi, tipi di interventi ecc. In questo senso, è notevole la ricostruzione della rivoluzione fallita del 1905, in cui mostra come fu giusto nel 1905 boicottare la Duma (sostenerla avrebbe dato forza allo zar) ma fu sbagliato boicottarla nel 1906 (non tenendo conto delle trasformazioni avvenute). Per contrastare le posizioni settarie e sbagliate dei comunisti tedeschi, sarebbe stupido, dice Lenin, nonostante sia superato il parlamentarismo borghese storicamente, che i comunisti non intervengano nella lotta politica borghese e nelle elezioni. Distinguere cosa è storicamente superato (perchè abbiamo compreso che non può più favorire lo sviluppo della società) e cosa è politicamente superato, nel rapporto con le masse, è decisivo, per non rischiare di fare il passo più lungo della gamba. Anche il capitalismo è storicamente superato, ma non siamo nel socialismo! Per questi motivi i comunisti devono fare un paziente lavoro di comprensione del livello di mobilitazione, organizzazione e coscienza delle masse, analizzarla nei suoi aspetti contraddittori (oggi qualcuno afferma che le masse, elettoralmente, si sono spostate a destra, mentre noi affermiamo che hanno deciso di mandare gambe all’aria il sistema delle Larghe Intese che ha governato il paese per oltre 40 anni… una netta differenza!), i comunisti devono orientarla ed elevarla attraverso un processo pratico in cui i comunisti stessi le dirigono (non rifuggono) e contendono via via sempre di più la direzione delle masse alla borghesia. Questo è fondamentale per capire la dialettica tra comunisti e masse.
Dobbiamo costruire il Socialismo col materiale che abbiamo. Oggi la Sinistra Borghese afferma che le masse sono inette, analfabeti funzionali, incapaci, razziste e fasciste. Tralasciando che non è vero, se partiamo dal presupposto che la rivoluzione la devono fare la classe operaia e le masse popolari allora vuol dire che con masse che hanno anche queste caratteristiche dobbiamo lavorare, e far prevalere sempre la sinistra ossia quella componente che attraverso la sua azione spinge nella direzione che i comunisti indicano, anche se non gridano al socialismo. Dato che non è vero che le masse sono in larga parte abbrutite e “spostate a destra”, troviamo già oggi decine, centinaia di organismi popolari e operai che esprimono idee, valori, sentimenti e pratiche di lotta avanzate, in controtendenza con quanto afferma la Sinistra Borghese. Lenin afferma chiaramente, in polemica con i tedeschi, che non possono aspettarsi che schiere di operai e contadini arrivino pronti alla rivoluzione: le masse vanno preparate e forgiate, la loro pratica va spinta in avanti, attraverso la pratica dobbiamo dargli modo di verificare la bontà, la capacità, e la giustezza o meno della linea promossa dai partiti a cui le masse fanno riferimento. Questa è la scuola di comunismo cui fa riferimento Lenin nel testo. Rispetto alla polemica sul parlamentarismo, ad esempio, è necessario che i comunisti spingano le masse su una pratica che le mostri che i parlamenti borghesi sono solo organi di ratifica delle decisioni prese altrove dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti, su una pratica che dia alle masse un ruolo politico, un ruolo da “nuova autorità” che superi di fatto le vecchie autorità borghesi. Le nostre posizioni rispetto alle elezioni (politiche 2018, europee e amministrative 2019, ma ancor prima le politiche 2013) giustamente generano polemica: tra chi ci critica c’è chi sinceramente vuole comprendere e sviluppare un dibattito (ben venga!), e chi invece fino all’altro ieri o ha legittimato il funzionamento della democrazia borghese e delle elezioni (e oggi non gli sta bene il risultato), o non se ne sono occupati per settarismo, ingenuità (anch’essi, guardacaso, si lamentano del risultato). Entrambi hanno una concezione delle masse arretrata: nel primo caso, come massa di voti per le elezioni, nel secondo caso come “numeri” per le mobilitazioni, per le lotte. Una concezione delle masse che non mette al centro quello che dovranno diventare sotto l’azione e direzione dei comunisti (organizzate in soviet, dirigenti della società socialista) ma come sono ora. Questo comporta che non viene fatto un lavoro su di loro di formazione, cura, mobilitazione e organizzazione o comunque non viene fatto con quell’obiettivo storico.
Credo, infine, che trattare questi argomenti nei dibattiti sul centenario dell’internazionale comunista sia di grande aiuto a chi voglia capire il ruolo dei comunisti nella storia e del perchè i bolscevichi hanno fatto la storia. Non perchè “eroi”, non perchè “le masse russe erano più combattive”, nemmeno perchè “in Russia c’era la miseria” o altri motivi che additano la vittoria dei bolscevichi a fattori esterni. Chi fa questo ragionamento “in positivo” per i bolscevichi, lo fa in negativo per se stesso e noi. La rivoluzione russa, così come la rivoluzione cinese, sono andate in porto perchè entrambe erano guidate da partiti comunisti che studiavano il marxismo, la concezione comunista del mondo, e lo applicavano alla lettura della realtà, all’elaborazione della strategia e della tattica e nel lavoro di massa. Questo è l’elemento che è mancato al PCI e su cui Gramsci ha cercato di mettere mano ma invano prima che venisse arrestato.
I comunisti che leggono il testo di Lenin saranno portati giustamente a fare dei paralleli con il mondo di oggi e la società di oggi: ma per assumere il ruolo che i bolscevichi hanno assunto nella lotta per il Socialismo in Russia, oggi i comunisti devono lavorare tra gli organismi operai e popolari per farli diventare vere e proprie “autorità pubbliche” che indicano alle masse cosa fare e perchè, al pari dei vecchi soviet. Autorità che via via, a fronte della crisi e della crescente ingovernabilità dall’alto alimentata ancor di più dall’esito elettorale del 4 marzo 2018, prendono in mano le sorti del paese, terrotorio per territorio, costituendosi come potere alternativo a quello della borghesia e delle sue istituzioni, che decide e attua le misure che sono necessarie per far uscire il paese dalla crisi. Questi sono i soviet di oggi, per quanto riguarda l’Italia. Esempi sono molti di organismi che si comportano, anche se in embrione e in maniera discontinua, da Nuove Autorità: il Movimento NOTAV che mobilita decine di migliaia di persone, Camping CIG di Piombino decisa a imporre un piano per i lavori di pubblica necessità che servono al territorio, i disoccupati di Pomigliano che impongono attraverso la mobilitazione l’estensione del Reddito di Cittadinanza, e tanti altri ancora. Bisogna estendere, moltipicare, alimentare e coordinare tutti questi embrioni dei soviet di domani!
Un saluto a pugno chiuso, Emanuele L.