Sull’esperienza del Decreto Sicurezza Popolare a Napoli

Nel novembre 2018, in occasione della Festa della Riscossa Popolare della Sezione di Napoli – Sanità, furono sviluppati un dibattito e un ragionamento rispetto al Decreto Sicurezza di Salvini. Dal confronto con gli organismi popolari che parteciparono, il collettivo politico-culturale GAlleЯi@rt, il comitato popolare “No alla chiusura dell’Ospedale San Gennaro” e il Movimento Rinascita Disoccupati del Rione Sanità, emersero due punti di analisi:

– la mobilitazione reazionaria non discende dalle idee, dalla volontà o dalle caratteristiche di questo o quell’individuo o governo, ma dal movimento oggettivo della società diretta dalla borghesia imperialista. I decreti promossi da Salvini sono solo l’ultimo atto di un processo in corso da decenni e promosso dalle Larghe Intese (dal “pacchetto sicurezza” di D’Alema, ai decreti di Pisanu, Maroni, Alfano, Minniti, ). La lotta contro la mobilitazione reazionaria, dunque, non  è lotta tra idee, ma lotta di classe;

– l’aspetto decisivo della lotta contro la mobilitazione reazionaria e contro l’inasprimento delle misure repressive è la mobilitazione delle masse popolari e, in particolare, il rafforzamento ideologico, pratico e organizzativo delle organizzazioni operaie e popolari affinché passino dalla rivendicazione all’attuazione delle misure necessarie a fare fronte agli effetti della crisi, passino cioè “dalla difesa all’attacco”.

Partendo dall’esperienza pratica e concreta del P.CARC e degli organismi popolari, la discussione culminò con la decisione di provare a “ribaltare il tavolo”, cioè affermare il principio che la sicurezza è una questione di classe e ribaltare il contenuto del Decreto Sicurezza: la sicurezza non è guerra contro i poveri e guerra fra poveri, ma sicurezza del lavoro, della salute, delle tutele e delle conquiste ottenute quando il movimento comunista era forte, sicurezza della tutela e fruizione dei beni comuni. Quindi, il passo da fare era unire quello che la borghesia cerca di dividere: da qui l’idea, la proposta e la formulazione del Decreto di Sicurezza Popolare.

Esattamente come una legge dello Stato (ad esempio il Decreto Sicurezza di Salvini) diventa carta straccia se parte consistente delle masse popolari non lo rispetta e, addirittura, trasgredisce e viola i suoi dispositivi (esemplare in queste settimane la plateale disobbedienza della Comandante della Sea Watch, ma esemplari anche il rifiuto di centinaia di attivisti e militanti di rispettare fogli di via e Daspo), allo stesso modo un Decreto Popolare può diventare legge di fatto se le organizzazioni operaie e popolari lo attuano, lo fanno attuare, lo fanno rispettare e lo impongono alle autorità e istituzioni della Repubblica Pontificia.

Per tutta una fase, dunque, dopo la stesura del Decreto di Sicurezza Popolare che raccoglieva la principali rivendicazioni delle organizzazioni operaie e popolari in tema di sanità, lavoro, sana socialità, lotta al degrado, ecc. e, fino al febbraio 2019, la mobilitazione si è sviluppata su due movimenti:

– attuare le parti del Decreto che era già possibile attuare stanti i mezzi e le risorse delle organizzazioni operaie e popolari;

– stendere l’adesione al Decreto da parete di altri organismi, farlo approvare, riconoscere e sostenere, in un processo “dal basso che spinge verso l’alto”, ai corpi intermedi (associazioni, meet-up, forze sociali e sindacali) e alle istituzioni locali.

Si è trattato di una esperienza estremamente importante e per certi versi “apripista”: sicuramente, ha rafforzato gli organismi che vi hanno partecipato attivamente da una parte e ha rafforzato nei compagni del P.CARC la comprensione della relazione fra comunisti e masse popolari dall’altra.

Le difficoltà di combinare i due movimenti, in particolare, hanno creato la situazione per cui la mobilitazione risultasse, da un certo punto in poi, un “coordinamento delle vertenze, delle mobilitazioni e delle rivendicazioni”, anziché il centro propulsore dell’attività come nuove autorità pubbliche: un errore di inesperienza che è possibile trattare e superare valorizzando le esperienze che gli organismi popolari hanno fatto nel frattempo (vedi Napoli: 10, 100, 1000 iniziative di base… a pag.5), ma che, in definitiva, è possibile risolvere se i comunisti, i compagni e le compagne che hanno diretto e dirigono il processo si appropriano e usano la concezione comunista del mondo per rilanciare e sviluppare questo percorso.

Un percorso importante per vari motivi, uno su tutti è che ha dimostrato che ribaltare i tentativi di mobilitazione reazionaria delle masse popolari promossi dalla classe dominante è possibile se i comunisti fanno i comunisti, si elevano dal ruolo di “coordinatori delle lotte” e conquistano il ruolo di educatori, formatori e organizzatori delle masse popolari.

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