La lotta esemplare delle operaie e degli operai dell’Italpizza di Modena

 

Dallo scorso inverno, a San Donnino (MO), le lavoratrici e i lavoratori dell’Italpizza conducono una battaglia serrata, rivendicando il ripristino del contratto del settore alimentare che era vigente in azienda fino al 2015, quando un accordo truffa firmato dai confederali lo ha cambiato nel “multiservizi”, che prevede salari molto inferiori e peggiori condizioni di lavoro. La feroce repressione poliziesca subita da lavoratori e sindacalisti del SI Cobas ha sviluppato la lotta anche sul fronte della resistenza alla repressione. Questa battaglia ha assunto un rilievo nazionale per la portata stessa della mobilitazione promossa dal SI Cobas; in risposta a cariche quotidiane, lacrimogeni ad altezza uomo, fermi e arresti di operai, solidali e sindacalisti, attentati intimidatori e incendiari ai delegati, si è levata una chiara parola d’ordine: “non un passo indietro”!

Perché tanto accanimento da parte della polizia? Questa mano pesante non è casuale: i padroni e le loro istituzioni non sopportano che venga scoperchiato e fatto saltare un intero sistema basato su una molto redditizia economia criminale travestita da legale. La caparbia lotta in corso fa emergere le contraddizioni sempre più palesi della gestione criminale e clientelare del governo del territorio, la commistione fra il padrone, il Comune a guida PD e la Questura. Tutto ciò, per inciso, è già stato reso limpido dalle lotte nel settore carni e dalla montatura giudiziaria orchestrata contro il Coordinatore Nazionale del SI Cobas, Aldo Milani, che proprio a Modena fu processato e assolto. La lezione è che anche la vertenza Italpizza non si esaurisce (non può esaurirsi) nella valorosa e giusta battaglia contro lo sfruttamento aziendale ma è questione che attiene alla gestione complessiva della struttura politico – economica modenese e come tale va trattata; la lotta alla repressione allarga il campo a come si gestisce un intero distretto economico.

Il SI Cobas ha promosso quindi una campagna fatta di prese di posizione pubbliche e di brevi video di denuncia chiamata “Ti sembra giusto?” e il boicottaggio delle merci gestite dal marchio Italpizza in diversi supermercati emiliani e non solo. A tutto ciò si sono aggiunte mobilitazioni cittadine, dibattiti sul Decreto Sicurezza, cene per raccogliere fondi per la cassa di resistenza. La repressione si acuisce insegnando ai lavoratori qual è il vero volto del nemico e i risultati della campagna di solidarietà insegnano loro che il nemico è feroce ma debole: la borghesia rischia la carta della repressione solo quando non ha alternative, perché è un’arma a doppio taglio che alimenta la solidarietà e allarga il fronte. Nel mese di maggio, nel fuoco della lotta, si è allargato effettivamente questo fronte, e i lavoratori SI Cobas e CGIL si sono uniti durante 3 giorni di sciopero comune, iniziativa da cui presto la dirigenza CGIL si è defilata, firmando un accordo non riconosciuto dagli aderenti al SI Cobas.

Emerge la capacità aggregativa di questa vertenza rispetto ad altri operai (anche nella logistica) e al resto delle masse popolari, ma non solo. L’aspetto su cui focalizziamo l’attenzione è la conduzione della battaglia, da parte del SI Cobas, su più piani, combinandola con la spinta e l’intervento su politici locali e non. È particolarmente interessante, per le possibilità d’azione riproponibili in altri contesti e lotte, il lavoro della deputata del Movimento 5 Stelle del collegio modenese Stefania Ascari. Tramite interrogazioni parlamentari e interventi alla Camera, la deputata ha preso decisamente posizione in solidarietà al SI Cobas e ai lavoratori Italpizza, denunciando sia le violenze poliziesche che gli abusi padronali. L’attenzione e il lavoro della deputata Ascari sembra andare oltre la semplice denuncia dei fatti e questa è una tensione che va sviluppata. La situazione è a un bivio e alle prese di posizione devono far seguito dei passi che la mobilitazione operaia ha la possibilità di imporre al Movimento 5 Stelle. Il M5S è al governo e ha le risorse per sostenere concretamente vertenze come questa dell’Italpizza, per contrastare la morte lenta delle aziende e per bloccare le delocalizzazioni: non può sopravvivere mediando tra gli interessi dei capitalisti e quelli delle masse popolari perché sono inconciliabili e antagonisti, deve scegliere da che parte stare. L’esperienza modenese dimostra che è possibile portare gli esponenti del governo a dare seguito alle promesse elettorali. Abbiamo parlato del M5S, ma lo stesso vale con la Lega: se non contrasterà lo smantellamento delle aziende e dei diritti dei lavoratori, il 35% alle recenti elezioni Europee farà la fine del 40% del PD nel 2014.

In quest’ottica, la conduzione della vertenza Italpizza va nella direzione di allargare la breccia che le masse popolari hanno aperto nel sistema politico delle Larghe Intese (PD e partito di Berlusconi) con le elezioni del 4 marzo 2018 poiché incalza i deputati come Stefania Ascari a sostenere apertamente le mobilitazioni delle masse popolari e della classe operaia, spingendo più velocemente il governo M5S-Lega verso il bivio: continuare le politiche di malaffare, sfruttamento e vilazione dei diritti delle Larghe Intese o davvero essere il governo del cambiamento?

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