Il terzo Congresso dell’Internazionale Comunista – Discorso di Lenin sulla questione italiana

Questo discorso fu pronunciato da Lenin nel corso dei lavori del III Congresso dell’Internazionale Comunista (IC), svoltosi a Mosca fra il 22 Giugno e il 12 Luglio del 1921. I prodromi di questo discorso stanno nelle vicende del XVII Congresso del PSI, con la scissione della componente comunista che diede vita al PCd’I, avvenuta proprio in base alle 21 condizioni poste per l’adesione all’Internazionale Comunista, definite durante il suo II Congresso nel 1920. A seguito della scissione e del riconoscimento del PCd’I come unica sezione dell’IC nel nostro paese, quella che fu la componente “centrista” maggioritaria nel PSI protestò con il Comitato Esecutivo dell’IC per la loro esclusione, adducendo alla mancata rottura con i riformisti di Turati tutta una serie di giustificazioni tattiche, alle quali risponde Lenin in questo discorso.

Ne riportiamo un ampio stralcio perché esso ha dei particolari punti di interesse, in particolare per quanto attiene la sostanza della parola d’ordine di “diventare comunisti”. La tesi qui spiegata è la necessità di contrastare ogni dogmatismo ed emulazione acritica. Lenin attacca chi accusa polemicamente i comunisti russi di arrogarsi il diritto di dire ai rivoluzionari degli altri paesi: “fate come abbiamo fatto noi!”. Mostra, invece, come l’IC spinga a darsi gli strumenti e i mezzi per fare la rivoluzione alle condizioni particolari di ogni paese e di farlo sulla base solida della scienza marxista applicata alle condizioni concrete di ogni nazione. Con questo discorso Lenin smaschera quanti si nascondono dietro questa polemica e le conseguenti invocazioni di autonomia per portare poi avanti una politica opportunista che poco ha a che vedere con la costruzione della rivoluzione socialista: una lotta ideologica mirata all’applicazione delle 21 condizioni già citate, la cui solo formale applicazione da parte dei partiti comunisti dei paesi imperialisti (che mai ruppero a fondo con le concezioni riformiste derivate dalla loro origine socialista riformista) ha determinato la mancata rivoluzione socialista in quei paesi.

“Che cosa significano tutte queste chiacchiere di Serrati (tra i principali esponenti dell’ala “centrista” e “unitaria” del PSI, che però non ripudiò mai l’IC e che infine, nel 1924, entrò nel PCI – ndr) e del suo partito, secondo cui i russi vorrebbero soltanto essere copiati dagli altri? Noi esigiamo precisamente il contrario. Non basta sapere a memoria le risoluzioni comuniste e adoperare a ogni occasione dei giri di frase rivoluzionari. Questo è poco e noi siamo a priori contro i comunisti che sanno a memoria questa o quella risoluzione. La prima condizione del vero comunismo è la rottura con l’opportunismo. Ai comunisti che accettano questa condizione, parleremo con tutta libertà e chiarezza e avremo il pieno diritto e il coraggio di dir loro: «Non fate sciocchezze; siate intelligenti e abili». Ma parleremo così soltanto ai comunisti che hanno rotto con gli opportunisti, cosa che non si può ancora dire di voi. E perciò ripeto: spero che il congresso confermi la risoluzione del Comitato esecutivo. Il compagno Lazzari (area “centrista” del PSI, presente al III Congresso – ndr) ha detto: «Siamo in un periodo di preparazione». È la pura verità. Siete in un periodo di preparazione. La prima fase di questo periodo è la rottura con i menscevichi, simile alla rottura alla quale siamo giunti noi nel 1903 con i nostri menscevichi. E a causa della mancata rottura tra il partito tedesco e i menscevichi, tutta la classe operaia tedesca soffre, durante questo lungo e penoso periodo postbellico della storia della rivoluzione tedesca!

Il compagno Lazzari dice che il partito italiano attraversa un periodo di preparazione. Sono perfettamente d’accordo. E la prima tappa è una rottura seria, definitiva, netta e decisa con il riformismo. Dopo, le masse passeranno completamente dalla parte del comunismo. La seconda tappa non consisterà certo nel rimasticare parole d’ordine rivoluzionarie. Essa consisterà nell’accettare le nostre risoluzioni, che saranno sempre intelligenti e abili e che ripeteranno sempre: i principi rivoluzionari fondamentali debbono essere adatti alle particolarità dei diversi paesi. (corsivo nostro – ndr)

La rivoluzione in Italia non si svolgerà come si è svolta in Russia. Essa incomincerà in un altro modo. In che modo precisamente? Non lo sappiamo né io né voi. I comunisti italiani non sempre sono abbastanza comunisti. Durante l’occupazione delle fabbriche si è forse rivelato un solo comunista? No; in quel momento il comunismo non esisteva ancora in Italia. Si può parlare di una certa anarchia, ma, certo, non di comunismo marxista. Quest’ultimo dev’essere creato, infuso negli operai unicamente attraverso l’esperienza della lotta rivoluzionaria. E il primo passo su questa via deve consistere nella rottura definitiva con i menscevichi i quali, per più di vent’anni, hanno lavorato, collaborato con il governo borghese.” (…)

“A Livorno avete avuto una maggioranza notevole. Avete ottenuto 98.000 voti contro 14.000 ai riformisti e 58.000 ai comunisti. Per un movimento puramente comunista che è appena all’inizio, in un paese come l’Italia di cui conosciamo le tradizioni, e senza una sufficiente preparazione della scissione, questa cifra costituisce un grande successo per i comunisti.

 È un grande successo; è una prova tangibile che attesta che il movimento operaio si svilupperà in Italia più rapidamente del nostro movimento in Russia, perché, se conoscete le cifre concernenti il nostro movimento, saprete che nel febbraio 1917, dopo la caduta dello zarismo e durante la repubblica borghese, noi eravamo ancora una minoranza rispetto ai menscevichi. Così stavano le cose dopo quindici anni di lotta accanita e di scissioni. Da noi l’ala destra non si è più sviluppata; ma ciò non è stato così semplice come pensate voi, parlando sprezzantemente della Russia. Certo, in Italia le cose procederanno in modo completamente diverso. Dopo quindici anni di lotta contro i menscevichi e dopo la caduta dello zarismo, noi abbiamo incominciato a lavorare con un numero molto minore di seguaci. Voi avete 58.000 operai animati da spirito comunista contro 98.000 centristi unificati, i quali stanno su una posizione indefinita. È una prova, è un fatto che deve necessariamente convincere chiunque non voglia chiudere gli occhi davanti al movimento di massa degli operai italiani. Non si può ottenere tutto in una volta. Ma questa è già la prova che le masse operaie – non i vecchi capi, non i burocrati, non i professori, non i giornalisti, ma la classe effettivamente sfruttata, l’avanguardia degli sfruttati – sono con noi.

E questa è la prova del grande errore che voi avete commesso a Livorno. Questo è un fatto. Voi disponevate di 98.000 voti, ma avete preferito restare con i 14.000 riformisti piuttosto che andare con i 58.000 comunisti. Anche se questi non fossero stati dei veri comunisti, anche se fossero stati soltanto dei sostenitori di Bordiga – e così non è, perché Bordiga, dopo il II Congresso, ha dichiarato con perfetta lealtà di rinunciare a ogni anarchismo e antiparlamentarismo – voi avreste dovuto andare con loro. Che cosa avete fatto? Avete preferito l’unione con i 14.000 riformisti e la rottura con i 58.000 comunisti, e questa è la migliore dimostrazione del fatto che la politica di Serrati è stata una disgrazia per l’Italia. Noi non abbiamo mai preteso che Serrati copiasse in Italia la rivoluzione russa. Sarebbe sciocco pretenderlo. Siamo abbastanza intelligenti e flessibili per evitare una sciocchezza simile. Ma Serrati ha dimostrato che la sua politica in Italia era sbagliata. Può darsi che dovesse destreggiarsi: è l’espressione che un anno fa ripeteva qui più frequentemente. Egli diceva: «Noi sappiamo destreggiarci. Non vogliamo un’imitazione servile che sarebbe un’idiozia. Dovremo barcamenarci per arrivare al distacco dall’opportunismo. Voi russi non sapete farlo. Noi italiani abbiamo maggiori capacità in questo campo. Lo vedrete».

Che cosa abbiamo visto? Serrati si è magnificamente destreggiato. Ha rotto con i 58.000 comunisti. E adesso vi sono dei compagni che vengono qui e dicono: «Se ci respingete, le masse si disorienteranno». No, compagni, voi sbagliate. Le masse operaie in Italia sono disorientate adesso, e sarà utile che noi diciamo loro: «Scegliete, compagni; scegliete, operai italiani, tra l’Internazionale comunista, la quale non pretenderà mai che voi copiate servilmente i russi, e i menscevichi che noi conosciamo da vent’anni e che non tollereremo mai al nostro fianco nelle file dell’Internazionale comunista, veramente rivoluzionaria». Ecco che cosa diremo agli operai italiani. Non abbiamo dubbi sui risultati. Le masse operaie ci seguiranno.”

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