Il 25 aprile, durante la celebrazione istituzionale della vittoria partigiana sul nazifascismo, l’ANPI, alcuni esponenti di organismi locali e singoli hanno contestato il Questore e il Prefetto in merito alla loro approvazione della manifestazione di Forza Nuova. Li hanno contestati con cartelloni, fischi e “canti tipici della resistenza partigiana”. I cartelloni sono stati subito requisiti dalla polizia politica e i contestatori identificati. All’indomani della contestazione si è appreso che il Questore Cesareo ha inviato un telex urgente al Ministro dell’Interno per avvisarlo dell’accaduto minacciando di segnalare all’autorità giudiziaria i presunti responsabili.
Quello che è avvenuto a Prato all’indomani della manifestazione del 25 aprile, giornata della celebrazione della vittoria della lotta partigiana sul nazi-fascismo, è un grave attacco alla libertà di espressione e dei diritti sanciti dalla Costituzione. Il comportamento del questore non rappresenta un’anomalia, non è l’azione di una singola “mela marcia”, è parte di un attacco alla libertà di parola che la classe dominante sta mettendo in campo attraverso tutta una serie di forzature rispetto alle libertà individuali e collettive, rispetto all’uso dispiegato della violenza poliziesca contro le masse popolari (non solo contro i militanti politici!) e, d’altro canto, promuovendo una specie di “selezione naturale” nelle Forze dell’Ordine.
E così la vicenda di Prato si inserisce nel più ampio contesto internazionale e nazionale, da Assange a Ilaria Cucchi, a
Rosalba e Vigilanza Democratica. Tre “storie” diverse con un comune destino: se vince chi li accusa, il diritto di cercare la verità, dire la verità e far conoscere la verità diventerà a tutti gli effetti un reato. Lo diventerà nella pratica, al di là di quello che c’è scritto nella Costituzione, nel codice penale e in quello civile. Proprio all’indomani del 25 aprile vogliamo porre una domanda: Che paese stiamo diventando? Che paese è quello in cui un cittadino comune deve temere di dire la verità, ciò che “tutti sanno”, ma “nessuno dice”? Quel paese in cui un Tribunale condanna, trasgredendo le stesse leggi che pretende di incarnare e applicare? Per questo – e per la tutela contro ogni tentativo di attacco alla libertà di espressione – crediamo che oggi a mobilitarsi contro la sentenza emessa per Rosalba debbano essere tutti coloro che hanno a cuore i diritti democratici tra cui quelli alla libertà di espressione (ancorchè critica) e ad una piena difesa. E questo indipendentemente dal fatto che siano del tutto o per nulla d’accordo con le attività promosse da Vigilanza Democratica.
Pertanto facciamo appello:
Al PD e al sindaco Biffoni perché dia seguito alle sue prese di posizioni antifasciste e in difesa del diritto alla libertà
d’espressione. Perché si attivi da subito, e non dopo le elezioni, per difenderlo nella pratica e che lo faccia utilizzando i suoi poteri e il suo ruolo.
Al Movimento 5 Stelle perché prenda pubblicamente posizione affinché il diritto alla libertà di espressione venga tutelato e con esso tutti i diritti costituzionali. Che gli esponenti locali del M5S utilizzino il loro ruolo e facciano leva sul governo nazionale per attuare le promesse che il Movimento ha fatto alle masse popolari e per cui è stato eletto, schierandosi a difesa del diritto di espressione.
A tutte le organizzazioni che erano in piazza il 25 aprile, a tutti gli organismi antifascisti della città, ai sinceri democratici e alle decine di migliaia di persone che hanno dovuto fare fronte, direttamente o indirettamente, alla repressione e agli arbitri da parte del “potere costituito” perché prendano pubblicamente posizione in solidarietà a Rosalba, di schierarsi, di metterci la faccia, di farsi sentire!