Obbligare il governo a portare fino in fondo le misure favorevoli alle masse popolari

Nessuna fiducia nei partiti delle Larghe Intese.

Nei giorni in cui si chiude questo numero di Resistenza le tensioni fra M5S e Lega si stanno moltiplicando: esse riguardano questioni di orientamento generale (Salvini annuncia che non celebrerà il 25 aprile, Di Maio rivendica invece i valori della Resistenza e afferma “starò con i partigiani”, si trascina lo scontro sui diritti delle donne, sul Decreto Pillon, sulla chiusura dei porti, sull’autonomia differenziata, sul TAV e sulla politica fiscale), questioni di carattere particolare che assumono in questo contesto una valenza nazionale (le polemiche che Salvini solleva contro Raggi per l’amministrazione di Roma) a cui si è aggiunta proprio mentre scriviamo la questione della richiesta da parte del M5S delle dimissioni di Armando Siri da incarichi di governo a seguito dell’indagine per corruzione che lo riguarda, alla quale la Lega risponde picche. Le tensioni crescenti sono concomitanti con gli attacchi concentrici che esponenti nazionali ed internazionali del sistema delle Larghe Intese, sostenuti da una martellante campagna mediatica, stanno riversando sul governo M5S-Lega, lanciando allarmi di ogni tipo sui conti, sulle stime di crescita, sulla crescita reale: “l’Italia è in stagnazione”, “l’Italia è in recessione”, “i conti sono una sciagura e servirà l’aumento dell’IVA”: hanno cioè aperto senza risparmio di energie la fase finale della campagna elettorale per le elezioni europee, regionali e amministrative di fine maggio con l’obiettivo di farne una occasione di “rivincita” o, se come probabile rivincita non fosse, per mettere in ulteriore e maggiore difficoltà il governo M5S-Lega.

Entrambi i sommovimenti sono conseguenza dell’entrata in vigore di alcune misure-chiave del governo come il Reddito di Cittadinanza (RdiC) i cui primi fondi sono stati erogati a circa 500 mila richiedenti e l’inizio dei pensionamenti con la Quota 100 (i primi 30 mila in aprile): è entrata nel vivo della pratica e delle cose concrete la diversità del governo M5S-Lega dai precedenti governi delle Larghe Intese e la diversità delle due forze di governo.

Nonostante l’instabilità politica è sbagliato dare per spacciato il governo M5S-Lega, ma soprattutto è sbagliato riporre qualche fiducia nella “sinistra” delle Larghe Intese (il Pd di Zingaretti e la CGIL di Landini compresi partiti, partitini e liste più o meno radicali, ambientaliste, antirazziste, popolari, ecc.): il coro del “governo più reazionario dal dopoguerra” impedisce di mettere bene a fuoco che sono le Larghe Intese a voler “far fuori” (o almeno rimettere in riga) il governo M5S-Lega per impedirgli di realizzare concretamente e fino in fondo il Contratto di governo poiché il Contratto di governo contiene misure opposte allo smantellamento dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari che nel nostro paese va avanti dalla metà dagli anni ‘70 del secolo scorso. La tesi per cui gli schieramenti in campo sono i lavoratori e le masse popolari da una parte, e il governo M5S-Lega dall’altra, è solo propaganda di regime; è vero invece che da una parte ci stanno lavoratori e masse popolari e dell’altra ci stanno le Larghe Intese: il governo M5S-Lega è frutto (e non causa, né soluzione efficace) di questa contrapposizione e la sua opera oscilla costantemente fra i due schieramenti.

Gli operai, i lavoratori e le masse popolari non hanno alcun interesse né alcun beneficio a unirsi al coro delle Larghe Intese e della sinistra borghese che festeggiano le contraddizioni, le difficoltà e i fallimenti del governo M5S-Lega. Hanno invece tutto l’interesse a mobilitarsi su ampia scala per affermare i loro interessi: dove e quando lo hanno fatto hanno ottenuto risultati sia su questioni nazionali che su questioni locali che sono diventaste di portata nazionale. Gli operai della Bekaert di Figline Valdarno (FI) si sono prima mobilitati contro la chiusura dell’azienda (e quella battaglia l’hanno persa), poi per abrogare il punto del Jobs Act che aveva eliminato gli ammortizzatori sociali per gli operai che venivano licenziati a seguito della chiusura dell’azienda per “cessazione attività” (quella battaglia l’hanno vinta, conseguendo una vittoria per tutti gli operai italiani, ma ancora non hanno visto un soldo) e poi hanno rilanciato promuovendo la battaglia per la reindustrializzazione della zona e per la creazione di nuovi posti di lavoro (la battaglia è in corso). L’aspetto decisivo di questa esperienza è che a ogni difficoltà non si sono abbattuti, non hanno abbandonato il campo, ma al contrario, hanno risposto rilanciando la mobilitazione, allargandola, diventano punto di riferimento per altri operai e lavoratori.

I licenziati politici della FCA di Pomigliano che da anni continuano la lotta contro il loro licenziamento e per il diritto al lavoro, per denunciare i criteri restrittivi per cui non percepiscono il RdiC, a Pasqua si sono arrampicati sul campanile della chiesa del Carmine a Napoli, ottenendo l’impegno del Presidente dell’INPS a un incontro per sbloccare la loro situazione (“In virtù della loro situazione eccezionale attueremo una procedura straordinaria che consenta l’erogazione, superando la difficoltà tecnica esistente”, annuncia Tridico).

Le organizzazioni che si mobilitano sul campo dei diritti delle donne hanno promosso numerose e partecipate manifestazioni per l’8 marzo e hanno subito rilanciato la contestazione al convengo delle Famiglie di Verona del 30 marzo. Sulla spinta di quelle iniziative, il M5S e lo stesso Conte hanno dovuto prendere le distanza dal convegno degli anti abortisti e oscurantisti, togliendo il patrocinio governativo usurpato dal Ministro Fontana (Lega). La grande partecipazione al corteo di Verona ha spinto il M5S a dichiarare che il testo del Decreto Pillon (contestato fin dalla sua prima formulazione dai movimenti per i diritti civili e delle “famiglie arcobaleno”) non sarebbe neppure arrivato alla discussione parlamentare, ma sarebbe stato stralciato prima (è da vedere se effettivamente sarà così).

La vicenda del TAV ha persino messo a repentaglio la tenuta della maggioranza ed è stata affrontata e momentaneamente superata solo rimandano le decisioni importanti, quelle sullo sblocco dei cantieri. Pur non essendo una questione “chiusa” (e non lo sarà finché il M5S non trova il coraggio di metterci sopra la pietra tombale) è stato evidente in quel caso quanto fosse importante il peso del movimento NO TAV sulle scelte del M5S (con Senatori – come Airola – che hanno apertamente dichiarato che con un SI al TAV il movimento, e non solo il governo, avrebbe dovuto sciogliersi).

Gli esempi di casi in cui la mobilitazione ha costretto il governo a porre un argine alle pressioni delle Larghe Intese, dei padroni, dei banchieri, degli speculatori e ad affermare un orientamento favorevole agli interessi delle masse popolari sono molti altri. Ma non è la lunghezza dell’elenco che ci interessa qui, ci interessa individuare ciò che è utile per trasformare un orientamento favorevole agli interessi delle masse popolari in misure concrete, pratiche.

A questo proposito gli esempi che abbiamo portato sono utili, poiché

– smentiscono chi predica che per ottenere qualcosa è necessario avere una sponda politica in Parlamento. La smentita è in due sensi: sia per coloro che si erano illusi che la sponda politica potesse essere il M5S poichè la realtà dimostra che neppure con il M5S al governo la strada si fa in discesa per la classe operaia e le masse popolari (basta pensare al movimento NO TAP e NO MUOS); sia per coloro che cercano di candidarsi a entrare in parlamento per fare la sponda politica alle mobilitazioni popolari, in alternativa al M5S, poiché la realtà dimostra che la partecipazione alle elezioni e la politica nelle istituzioni è solo un aspetto accessorio della lotta politica (fra gli esempi principali il movimento delle donne);

– smentiscono chi fino a oggi si è nascosto dietro il “lasciamoli lavorare”. E’ proprio l’opposto: senza il fiato sul collo delle masse popolari, senza le mobilitazioni di piazza, gli incalzi, le contestazioni, le pressioni, il “lasciamoli lavorare” rende il governo M5S-Lega maggiormente succube dei poteri forti e rende il M5S maggiormente succube della Lega e di Salvini (e tramite Salvini succube del sistema delle Larghe Intese di cui Salvini è esponente a pieno titolo);

– smentiscono chi ripete che siamo in un regime di moderno fascismo e dimostrano che, differentemente da quanto accadeva sotto il regime fascista, attraverso le lotte rivendicative le masse popolari possono ottenere miglioramenti per le loro condizioni di vita e di lavoro.

Quali che siano le condizioni particolari e le vie per cui si evolverà la crisi politica in atto, dai partiti, dalle istituzioni e dalle autorità delle Larghe Intese non arriverà alcuna soluzione positiva e anzi ogni pretesto sarà da loro usato per riprendere su ampia scala l’attuazione del programma comune.

Fino a che il governo M5S-Lega resterà in carica e indipendentemente dai risultati delle elezioni europee, regionali e amministrative, le organizzazioni operaie e popolari possono costringerlo ad attuare misure che affermano i loro interessi, possono sfruttare la situazione favorevole e la mobilitazione degli oppositori del governo (es. amministratori locali) per fare attuare alcune misure. Ma ciò avverrà solo a certe condizioni, cioè se:

– la lotta è diretta da chi è deciso a vincere. Sembra scontato che chi si assume il compito di dirigere una lotta sia deciso a vincerla; in realtà non è così ovvio. Se chi dirige la lotta non ha fiducia in una piena vittoria, punta più che altro ad accordarsi e a trovare compromessi;

– gli obiettivi e i metodi sono i più particolari possibile, devono rispondere il più precisamente possibile alle esigenze delle masse popolari che si intende mobilitare, devono far volare alto la loro parte più avanzata, devono considerare le loro aspettative e ambizioni. È importante che chi promuove la lotta abbia chiari i sentimenti, i bisogni e il livello di combattività delle masse popolari del contesto in cui la lotta avviene;

– i promotori non si lasciano legare le mani dal nemico o si fanno dettare le regole, ma adottano caso per caso i metodi di lotta più efficaci e sostenibili. Precludersi la possibilità di sviluppare la mobilitazione “perchè una certa forma di lotta è illegale” o “perchè si rompono gli equilibri” equivale a consegnare l’esito della mobilitazione direttamente nelle mani della classe dominante;

– si allarga il più possibile il fronte di lotta e si cercano continuamente alleati e solidali, se si coinvolgono nella lotta e si rendono consapevoli dell’importanza della vittoria per tutto il campo delle masse popolari (il passo avanti di uno apre la strada a tutti quelli che ne seguono le orme), bisogna mirare coscientemente a diventare punto di riferimento per tutte le masse popolari della zona, il coagulo di tutto il malcontento e delle prospettive di costruzione di un futuro diverso;

– sono sfruttate con una tattica flessibile e lungimirante tutte le contraddizioni del nemico, il nemico è isolato, privato dei sostegni di cui gode. La borghesia non è un monolite, è lacerata da interessi contrapposti e antagonisti e ha necessità di mantenere una certa presa sulle masse popolari: è sempre possibile trovare crepe in cui incunearsi.

Puntare in alto, mirare alla costituzione del Governo di blocco Popolare. Le masse popolari organizzate hanno la forza di influire direttamente sulle scelte e sull’operato del governo M5S-Lega fintanto che esso resterà in sella e in ogni caso hanno la forza di scoraggiare i tentativi di forzare la mano del fronte delle Larghe Intese.

Ai comunisti e agli elementi più avanzati che già operano nelle organizzazioni operaie e popolari esistenti il compito di

“portare le masse popolari a fare pressione sul governo M5S-Lega affinché traduca in misure le promesse favorevoli alle masse che ha fatto e ad attuare direttamente, ovunque le masse ne hanno la forza, quelle che non traduce in misure, a far diventare “operazioni dal basso” le misure concepite dagli esponenti del governo solo come “operazioni dall’alto”, a opporsi alle misure antipopolari del governo M5S-Lega senza restare sul terreno della denuncia e delle iniziative di opinione, ma in modo da sviluppare la loro organizzazione e mobilitazione e da elevare la loro coscienza.

Abbiamo riassunto tutto questo in “allargare la breccia”. In sintesi allargando la breccia creiamo le condizioni perché le masse popolari sostituiscano il governo M5S-Lega con un loro governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare” – da VO 61 “La nostra iniziativa. Il corso delle cose e l’attività del governo M5S-Lega”.

A questo obiettivo punta il P.CARC combinando l’intervento nella campagna elettorale per le europee, regionali e amministrative di maggio con l’intervento nelle mobilitazioni spontanee e nelle lotte rivendicative, promuovendo la formazione alla concezione comunista del mondo degli elementi avanzati delle masse popolari, in particolare gli operai e chiamando ad aderire a questo progetto, a questa lotta e al nostro partito tutti coloro che hanno la falce e il martello e la bandiera rossa nel cuore.

Mario Draghi? Una mossa disperata

Il sistema di propaganda delle Larghe Intese ha iniziato a ventilare la possibilità di usare il trucco che ha “funzionato” nel 2011 con Monti, usando questa volta Mario Draghi: farlo nominare Senatore a vita e conferirgli l’incarico di formare un governo tecnico che “rimetta il paese nel solco giusto” quello dell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista e della piena e collaborativa sottomissione alle istituzioni politiche ed economiche della UE. Tuttavia, se pure l’ipotesi avesse un qualche fondamento, proprio il repentino epilogo dell’ipotesi di governo Cottarelli del maggio 2018, nato morto, dimostra che la riedizione di soluzioni raccogliticce non offre nessun margine di stabilità e nessuna garanzia per le Larghe Intese, benchè Draghi sia di gran lunga più “affidabile” e “prestigioso” di Cottarelli. La breccia aperta dalle masse popolari con le elezioni del 4 marzo non è ricomponibile con operazioni di maquillage. Riprendiamo a questo proposito un concetto esposto efficacemente sul numero 61 de La Voce: “Alcuni compagni della Carovana domandano “se il governo M5S-Lega cade, cosa succederebbe? dovremmo cambiare linea?”. (…) L’idea sottesa a questa domanda è che se cade il governo M5S-Lega, le Larghe Intese ritorneranno al governo del paese. Ma la breccia aperta dalle masse popolari con il voto del 4 marzo ha reso difficile se non impossibile ai vertici della Repubblica Pontificia formare un governo delle Larghe Intese senza rompere anche le apparenze della democrazia parlamentare (e uno dei risultati della prima ondata della rivoluzione proletaria è di aver dato alle forme della democrazia parlamentare la forza di un luogo comune). Quindi il fallimento del governo M5S-Lega creerebbe una breccia di nuovo tipo”.

Le lotte rivendicative pagano ma fino a un certo punto…

Nessuna conquista ottenuta dalle masse popolari nel regime capitalista è solida e duratura: le lotte rivendicative possono obbligare la borghesia imperialista a fare concessioni, ma ogni conquista sarà smantellata appena la borghesia imperialista ne ha la possibilità e si riprenderà quanto ha concesso, compreso di “interessi”.

Per legare le lotte rivendicative alla lotta politica rivoluzionaria è necessario che i comunisti imparino a farne una scuola di comunismo. La rivoluzione socialista non avanza grazie alla sequenza di vittorie nelle lotte rivendicative (più conquiste si fanno e più la lotta diventa rivoluzionaria) e non esiste una qualche possibilità di “politicizzare le lotte spontanee”. Pertanto l’azione dei comunisti è necessaria:

  1. per fare in modo che da ogni lotta spontanea in cui riescono a intervenire si formi e si consolidi un’organizzazione operaia o popolare che continui a esistere e operare indipendentemente dall’esito della singola battaglia da cui è nata. La costituzione di un organismo stabile, che opera con continuità e che mantiene il legame con la parte di lavoratori e masse popolari che si sono mobilitati è l’obiettivo di gran lunga superiore anche rispetto all’esito della singola lotta specifica;
  2. per promuovere il bilancio della mobilitazione una volta che è conclusa, poiché le masse popolari imparano principalmente dall’esperienza pratica. E’ con il bilancio, e non solo con la mobilitazione, che le masse popolari elevano la loro coscienza rispetto alla lotta di classe, al loro ruolo, alla loro forza;
  3. a individuare per ogni organismo le iniziative – stanti le forze e le risorse intellettuali, morali e pratiche (uomini, conoscenze, relazioni, risorse finanziarie e mezzi di mobilitazione, di convinzione e di costrizione) di cui già dispone – che è in grado di prendere e che accresceranno le sue forze e risorse e allargheranno e rafforzeranno la sua influenza e autorità; le persone che è in grado di reclutare; le relazioni che è in grado di sviluppare; gli appigli che il contesto presenta su cui è in grado di far leva e di cui è in grado di giovarsi.

Cos’è la breccia nel sistema politico delle Larghe Intese?

Nel sistema politico di tutti i principali paesi imperialisti, a partire dal 2016, è in corso una svolta politica che ha la sua fonte nell’insofferenza e nell’indignazione delle masse popolari per gli effetti del “programma comune” della borghesia imperialista: in un numero crescente di paesi imperialisti i partiti e gli esponenti del sistema delle Larghe Intese che negli ultimi quarant’anni (1976-2016) ne ha promosso e gestito l’attuazione sono scomparsi o sono stati messi in grosse difficoltà o addirittura sono stati scalzati dal governo.

Nel nostro paese la svolta politica ha in questa fase la forma del governo M5S-Lega: esso non esiste “grazie a Di Maio e a Salvini”, tanto meno “grazie a Mattarella” o “al Vaticano, a Trump o a Putin”. Si è formato perché le masse popolari, indignate e insofferenti del corso delle cose imposto dai governi delle Larghe Intese, hanno via via abbandonato le abitudini elettorali ereditate e hanno votato su grande scala M5S e Lega.

I prodromi della dissoluzione del consenso elettorale che i gruppi e partiti del sistema politico delle Larghe Intese riuscivano a imporre alle masse popolari (con leggi truffa, dividendosi i ruoli tra “sinistra” (Prodi, Renzi) e “destra” (Berlusconi), con liste civetta, ecc.) sono stati l’esito del referendum del 2011 sull’acqua pubblica, delle elezioni politiche del 2013 e delle elezioni amministrative dal 2011 in qua, l’esito del referendum del 2016 sulla riforma della Costituzione.

La grossa differenza di M5S e Lega rispetto ai partiti delle Larghe Intese è che il consenso che raccolgono tra le masse popolari è labile, aleatorio, perché non è fondato sulle clientele e sulle eredità ideologiche del passato (per dirla terra terra: la fede in dio o l’aspirazione al comunismo su cui si fondava il consenso di partiti come la DC e il PCI), ma è basato su promesse immediate e concrete, per cui o le attuano o perdono rapidamente il consenso.

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