Il Manifesto Programma del (nuovo)PCI è il testo di riferimento che il P.CARC usa per la formazione alla concezione comunista del mondo a tutti i livelli, dai militanti ai quadri, poiché è sintesi della teoria rivoluzionaria. Generalmente, un corso sul Manifesto Programma si svolge in un arco di tempo definito e consiste nella lettura collettiva, nel commento e nella discussione dei contenuti e nella verifica della comprensione delle tesi esposte secondo un programma definito. Il contenuto del testo e la forma del corso fanno emergere le contraddizioni che caratterizzano l’ambito in cui si tiene il corso, nel caso in questione quello della classe operaia e di un settore particolarmente importante della classe operaia italiana, quella di Torino. In questa città, centro europeo dell’industria metalmeccanica, si è forgiato il nucleo del primo Partito comunista italiano che ha avuto alla testa Antonio Gramsci e che è diventato il partito comunista più grande nei paesi imperialisti.
Al corso hanno preso parte operai di tre generazioni. La prima è quella dei Consigli di Fabbrica degli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo. La seconda è quella del periodo che inizia con la sconfitta della classe operaia del 1980, quando la borghesia imperialista, fiancheggiata dal PCI e dai sindacati di regime, partì con 61 licenziamenti politici alla FIAT, a cui fece seguire nell’autunno licenziamenti di massa, dando il via all’attacco dispiegato delle conquiste e dei diritti nelle fabbriche e fuori, alla ristrutturazione industriale (cassa integrazione, chiusura di aziende, ecc). La terza è quella odierna, del periodo iniziato con la sconfitta del 1980 e terminato con il 2010 e l’introduzione del sistema “Fabbrica Italia” negli stabilimenti ex-Fiat oggi FCA.
Abbiamo quindi seguito un percorso con chi è stato partecipe del movimento comunista organizzato degli ultimi decenni del secolo scorso, con chi ha mantenuto per decenni e mantiene alta la bandiera contro il tradimento dei revisionisti e dei loro sindacati, con l’operaio che è in FIAT da trent’anni e vuole darsi da fare per organizzare i compagni, ma ha compreso solo poco tempo fa che “quel signore con la barba” visto in un manifesto è Karl Marx. Abbiamo incontrato i figli di questa classe operaia, operai che hanno votato Lega e magari perché in Salvini ci credono, e quindi nemmeno solo per protesta contro i politici delle Larghe Intese asserviti a padroni e clero. Abbiamo parlato con giovani che vivono in ambienti familiari dove si coltivano idee e sentimenti malsani e il razzismo e il fascismo fanno parte della quotidianità. Sono tutti individui divisi da grandi differenze per posizione politica, cultura, età e genere. Condurre un corso sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI significa imparare a tenere insieme tutti questi individui cosi diversi tra loro.
Il libro e quindi servito a spiegare loro che più di ogni loro diversità conta la comune appartenenza di classe. Abbiamo spiegato la ricchezza che ciascuno di loro ha per il modo in cui ha parte nella lotta di classe e, prima di tutto, che il loro futuro e il futuro della società dipende dalla loro azione e che la loro azione si deve fondare su idee e sentimenti da coltivare.
Le idee sono la conoscenza della realtà nei suoi aspetti generali, particolari e di loro stessi come individui, i sentimenti sono la fiducia di potere trasformare la realtà, di essere protagonisti della formazione nel nostro paese di un governo di emergenza, il Governo di Blocco Popolare, e di fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Cura delle idee significa attingere dalla scienza economica, politica e filosofica che il movimento comunista ha elaborato fino dalle sue origini, alla metà dell’Ottocento fino ai giorni nostri, e usare quel patrimonio; ricostruire la storia dell’umanità fino a parlare di cosa succede oggi a Torino e in questo quartiere in cui siamo, nelle sue scuole e soprattutto nella fabbrica, alla FCA; significa imparare la lingua italiana perché conoscere le parole e conoscere il loro significato serve a coltivare idee sane. Cura dei sentimenti significa imparare a governarsi, a non lasciarsi sviare dalle trappole che il nemico di classe semina a ogni passo della nostra strada, il mondo virtuale, i doveri imposti in ogni momento della vita quotidiana, le mille forme di intossicazione della mente, a non lasciarsi sviare da un sentimento di rabbia contro le infamie del nemico di classe e dei suoi servi, a non restare ancorati alle lotte passate come se fossero un vertice irraggiungibile senza voler riconoscere che le lotte future saranno più avanzate, a non disprezzare il compagno di classe per la sua ignoranza e arretratezza.
Con un corso sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI ha inizio una cura di questo genere e tutti iniziano a mettersi in gioco, a partire da chi il corso lo conduce e che più di tutti impara, perché ogni volta porta in campo una stessa materia, ma in forma sempre diversa e a fronte di contraddizioni sempre differenti. Al di là di tutte le differenze, tra operai e studenti, tra giovani, adulti e anziani, tra chi ha fatto la terza media e chi ha fatto l’università, tra donne e uomini, una è però la differenza di fondo, quella tra chi inizia a comprendere che la rivoluzione socialista si costruisce e si appresta a contribuire all’opera e chi continua ad attestarsi all’idea che la rivoluzione scoppia.
Questa è la contraddizione che si è manifestata anche a Torino in modo anche aspro, come succede quando si spiegano le leggi che regolano lo sviluppo della rivoluzione socialista. Infatti la rivoluzione socialista ha le sue leggi, tra cui quella generale secondo la quale la rivoluzione socialista si costruisce e non scoppia; la seconda, particolare, è che si costruisce qui e ora e non è un avvenimento che ci sarà in un futuro più o meno lontano, ma comunque ignoto; la terza, che riguarda gli individui singoli, è che la costruiamo noi, noi che conduciamo questo corso, noi che vi partecipiamo, noi che vi portiamo il nostro contributo economico, noi che mettiamo a disposizione le sedi per farlo, noi che a Torino coltiviamo il terreno fertile per il radicamento della carovana del (nuovo)PCI, del protagonismo della classe operaia e delle masse popolari per il vero cambiamento del paese, per il Governo di Blocco Popolare e per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.
Il corso sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI a Torino è stato un passo, una battaglia, della costruzione della rivoluzione socialista a fianco degli altri passi e battaglie che il Partito guida in questa città e nel resto del paese. Contiamo che il contributo che ha portato sia utile alle iniziative future e che sia il primo di altri passi e di altri corsi, per questa città e per la classe operaia che la ha fatta diventare grande.