[Italia] Solidarietà ai compagni condannati a Bologna per la manifestazione sotto Bankitalia del 2011!

I partigiani non hanno combattuto per un paese sottomesso ad arbitri, impunità, abusi e interessi particolari: i valori della Resistenza vivono nella lotta per attuare le parti progressiste della Costituzione!

La legge è uguale per tutti?

Il 9 aprile la Corte d’Appello di Bologna ha comminato un totale di 11 anni di carcere per 13 attivisti di collettivi e centri sociali bolognesi (in particolare del TPO, HOBO e Vag61) che il 12 ottobre 2011 scelsero, legittimamente, di organizzare una manifestazione davanti alla sede di Banca d’Italia a fronte dell’aggravarsi della situazione politico economica del Paese che portò, di lì a poco, al governo Monti. Le accuse sono di resistenza a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, interruzione di pubblico servizio e accensioni ed esplosioni pericolose.

Il 29 marzo la stessa Corte ha confermato le condanne contro tre compagni dell’area politica del (nuovo)PCI per imbrattamento e oltraggio a pubblico ufficiale (qui il Comunicato post udienza).

Nel frattempo, un anno e 10 mesi, con pena sospesa, è la condanna (patteggiata) al padrone della Lamina di Milano dove il 16 gennaio 2018 morirono 4 operai a causa della negligenza sulle procedure di sicurezza. Non solo, Mauro Moretti, ex AD di Ferrovie dello Stato, è riconosciuto colpevole, ma impunito della strage di Viareggio del 29 giugno 2009; gli amministratori delegati della Thyssen Krupp, sono colpevoli, ma impuniti della morte dei 7 operai di Torino, il 6 dicembre del 2007; la famiglia Riva che ha avvelenato la Puglia e l’Italia e ha speculato sulla vita di migliaia di persone, ammalate di tumore per l’inquinamento di Taranto non è imputata; Richard J. Ashby, e Joseph Schweitzer, rispettivamente pilota e co-pilota (quest’ultimo ha persino ammesso di aver distrutto le prove della precisa dinamica dell’incidente) del caccia americano che ha provocato la strage del Cermis nel 1998 perché volava a quota troppo bassa sono impuniti.

Quindi NO: la legge non è uguale per tutti. Ma soprattutto la legge non è “neutra”: sia la sua formulazione che la sua applicazione sono esercizio del potere di una classe sulle altre.

Dall’aula del Tribunale di Bologna non è scaturita nessuna “verità” sui fatti e tanto meno è stata “fatta giustizia”: quel giorno la Polizia, in particolare il VII Reparto Mobile, noto alle cronache per le violenze, i pestaggi, gli abusi che da anni compie in diversi angoli del Paese, e a Bologna in particolare, rimanendo spesso impunito per le coperture ad alti livelli di cui gode. Infatti, è per colpa dei colpi dei manganelli di questo reparto che l’ultras del Brescia Paolo Scaroni è rimasto invalido permanente (qui Comunicato sul suo caso), o ancora il colpo al volto proprio quel 12 ottobre 2011 a una giovane compagna bolognese (qui l’intervista), o ancora la rottura del braccio, a freddo, di un altro compagno sempre a Bologna (qui l’intervista), o la denuncia per diffamazione all’intestataria del sito Vigilanza Democratica, Rosalba Romano, che proprio sul caso Scaroni, come collettivo redazionale, promosse un Appello in cui chiedeva cos’altro si dovesse aspettare per lo scioglimento di questo reparto.

Nell’esprimere solidarietà agli attivisti condannati dal Tribunale di Bologna, facciamo nostro l’appello a chiusura dell’articolo di Zic.it promosso dal TPO, ovvero “la richiesta di una discussione vera sugli abusi delle forze dell’ordine e le coperture istituzionali di cui godono”. La Vigilanza Democratica, il copwatching e l’organizzarsi per ottenere verità e giustizia sono aspetti legittimi e necessari per le masse popolari! Da più parti emerge la volontà di confrontarsi e approfondire, di seguito portiamo uno spunto al dibattito, perché non esistono “mele marce”, “servizi segreti deviati” e simili.

Il VII Reparto Mobile di Bologna, ad esempio, ha dietro di sé un blocco di potere che affonda le radici in storie come la Uno Bianca ma non costituisce un caso unico, poiché tutti i vertici dell’Arma dei Carabinieri, di Polizia, dell’Esercito, dei Servizi Segreti, ecc. hanno alla testa personaggi di comprovata affidabilità per la borghesia imperialista italiana, USA (NATO) e per il Vaticano, funzionari e militari di alto livello che sono stati parte attiva nella guerra fredda (golpe Borghese, piano Solo, Rosa dei Venti, Gladio, P2, ecc.) e nella strategia della tensione, nella lotta al terrorismo, in casi come Ustica e simili, nella trattativa Stato-Mafia, nell’esecuzione di “suicidi” eccellenti, ecc. Le “operazioni sporche”, le attività extralegali sono una costante e una caratteristica dei regimi di controrivoluzione preventiva e, nel nostro paese, della Repubblica Pontificia.

“La crisi politica fa emergere in modo più netto, in ogni paese imperialista, il modo in cui la borghesia imperialista esercita il suo potere. In ogni paese imperialista essa combina, in modo più o meno originale,

– strumenti ufficiali e pubblici dello Stato gestiti grossomodo secondo la costituzione legale,

– strumenti occulti e procedure slegati da ogni vincolo che non sia la convenienza di chi li ha al suo servizio e i rapporti di forza esistenti “sul campo” (in sostanza, una forma di guerra civile non dichiarata e non aperta).

È dall’inizio dell’epoca imperialista del capitalismo che la borghesia è venuta sviluppando sistematicamente questo “secondo braccio” del suo potere, ereditando, ristrutturando, assimilando e reimpiegando a questo scopo gli arnesi sopravvissuti dei vecchi regimi feudali (dal Papato, alla mafia, alle associazioni d’arma, alle massonerie, alle sette religiose, ecc.) e creandone di nuovi (corpi paramilitari, Rotary Club, Lyons Club, servizi occulti tipo Gladio, corpi di guardie private, squadre fasciste, gruppi di criminali organizzati, ecc.). Nel 1895 F. Engels nella sua Introduzione all’opuscolo di Marx Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 aveva dimostrato che la borghesia non poteva non rompere essa stessa la sua legalità per impedire la conquista del potere politico da parte della classe operaia.

Questo “secondo braccio” del potere della borghesia imperialista è composto in ogni paese imperialista da cinque parti; il loro peso relativo e la forma della loro combinazione variano da paese a paese e a seconda della fase del movimento politico. Esse sono:

  1. apparati dello Stato e in generale della pubblica amministrazione usati per scopi e in modo differenti da quelli previsti dalla costituzione ufficiale (esempio i servizi segreti ufficiali dello Stato);
  2. apparati dello Stato e in generale della pubblica amministrazione costruiti nell’ambito dei poteri e dei mezzi discrezionali che quasi tutte le costituzioni “moderne” conferiscono a certe autorità (fondi segreti, servizi segreti, diplomazia segreta, ecc.): Gladio, agenzie dei servizi segreti esteri (CIA, Mossad, ecc.) ecc.;
  3. apparati paramilitari o di polizia che i singoli gruppi imperialisti costituiscono in proprio al di fuori della pubblica amministrazione e direttamente ai loro ordini per i più vari motivi: per motivi di sicurezza, per lo spionaggio industriale e commerciale, per operazioni finanziarie illegali, per la schedatura e il controllo dei dipendenti (esempio: schedatura FIAT, ecc.), per provocazioni antioperaie, ecc.;
  4. squadrismo fascista, formazioni paramilitari della mobilitazione reazionaria delle masse, usate per reprimere la mobilitazione rivoluzionaria delle masse e condurre la guerra civile tra le masse, quando le condizioni limitano o sconsigliano l’attività repressiva degli apparati statali;
  5. organizzazioni criminali (criminalità organizzata), strutture di accumulazione primitiva di capitale o di formazione di nuovi gruppi capitalisti che operano al di fuori delle norme correnti; a vario titolo collaborano con i quattro apparati precedenti, costituendo con essi un’unica rete, sia che siano organizzazioni criminali preesistenti, sia che siano organizzazioni nate per “offrire il servizio richiesto”, sia che siano organizzazioni nate attorno ad attività economiche ufficialmente vietate (commercio di droga e di armi, prostituzione, tratta di manodopera clandestina, traffici finanziari, ecc.).

La nascita, lo sviluppo e il rafforzamento di questo “secondo braccio” del potere politico della borghesia imperialista è un fenomeno universale, che si presenta, in combinazioni diverse, in ogni paese imperialista. Ridurlo ora a un fenomeno italiano, ora a un fenomeno USA, ecc. è un modo per mascherarne l’intima connessione con la sostanza dell’imperialismo in campo politico.

Contrariamente a quanto vanno predicando i teorici del “controllo totale globale” e affini (dai nipotini dei Francofortesi, a Curcio, alla rivista Officina), il ricorso della borghesia imperialista a questo “secondo braccio” dimostra che il suo potere è debole e instabile, che esso è “storicamente superato”, che l’epoca imperialista è l’epoca del declino del capitalismo e delle rivoluzioni proletarie, che le masse popolari hanno assunto nella società un ruolo tale che la borghesia non può più tenere il potere con i soli strumenti legali né d’altra parte può più piegare liberamente la legalità alle sue esigenze (costruire una legalità su misura dei suoi bisogni). Qualunque legalità essa stabilisca, dopo un certo tempo essa diventa un cappio al collo della borghesia che ne è soffocata e deve stracciarla.”: infatti, l’azione anti-democratica e anti-costituzionale delle Autorità non è un’incidente di percorso, la deviazione di questo o quel politico, di questa o quella “mela marcia” all’interno di un “corpo sano”. Reparti di Polizia come il VII sono parte integrante di questo Stato e solo cambiando la direzione e la gestione della società, ovvero instaurando il socialismo, metteremo fine agli abusi e alle angherie delle Forze dell’Ordine e dei loro mandanti!” – da Rapporti Sociali n.14-15 (1994) “La guerra civile della borghesia imperialista”.

Con la repressione sempre più dispiegata la classe dominante mostra il suo vero volto e suscita l’odio di classe: ecco l’inevitabile contraddizione da cui la borghesia non può scappare e di cui invece dobbiamo consapevolmente giovarci! Infatti, far fronte alla repressione è possibile nella misura in cui si concepisce la lotta alla repressione come campo della lotta di classe, della lotta per vincere e imporsi al nemico, della lotta per la creazione delle condizioni per una nuova gestione della società, una società socialista.

**

L’8 maggio si terrà a Milano il processo di appello contro la condanna a Rosalba Romano (leggi l’l’Appello). Chiediamo a singoli cittadini, organismi, personaggi politici, del mondo delle associazioni e della società civile di prendere pubblicamente posizione in solidarietà a Rosalba, di schierarsi, di metterci la faccia, di farsi sentire. Come?

– attraverso dichiarazioni pubbliche (testi, video);

– attraverso fotografie;

firma la petizione su Change.org;

– portando il caso nelle istituzioni;

– partecipando alla raccolta di fondi per sostenere le ingenti spese a cui è stata condannata (Rosalba di mestiere fa l’infermiera precaria, non ha “santi in paradiso”) Postepay 5333 1710 9377 5704 – intestata a Gemmi Renzo.

 

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