Riportiamo l’articolo apparso il 1 aprile su Repubblica.it riguardante l’esperienza della “Screen Sud” di Acerra, una delle tante aziende del nostro paese recuperate dagli operai che, organizzandosi, l’hanno salvata dalla morte lenta cui la crisi generale del sistema capitalista destina gran parte dell’apparato produttivo.
La cooperativa “Screen Sud” nasce dalle ceneri dell’ex Lafer, un’azienda con sede a Nola che contava su 50 dipendenti e fatturava circa 7 milioni di euro producendo ed esportando in tutto il mondo reti d’acciaio per vagliature industriali. Poi, con la crisi e il crollo delle commesse, nel 2012 arriva il fallimento e la conseguente messa in liquidazione, ma non per questo tutti gli operai si danno per vinti. Dopo anni di sacrifici un gruppo di 12 operai è riuscito ad ottenere il sostegno di Legacoop per costituire la cooperativa e acquistare i macchinari della ditta, subentrando alla vecchia proprietà.
L’esperienza della “Screen sud” è la dimostrazione che quando un gruppo anche molto piccolo di operai si organizza e prende in mano l’iniziativa scendendo in lotta, spinge anche gli esponenti dei sindacati e delle organizzazioni borghesi e legate al sistema delle Larghe Intese (come Legacoop, organizzazione ereditata dal vecchio PCI revisionista e finita sostanzialmente in mano al PD) a sostenerli e a mettere a disposizione il supporto e l’aiuto di tecnici, di esperti, delle mille persone di buona volontà delle classi intermedie e persino della borghesia che a fronte dello sfascio attuale sono disposti a mettersi al servizio delle Organizzazioni Operaie e Popolari.
Essa inoltre dimostra l’importanza per gli operai di tenere fin dall’inizio le posizioni all’interno dell’azienda, senza lasciarsi scoraggiare dal corso delle cose, proprio come hanno fatto i 12 operai che sono riusciti a costruire e a consolidare la cooperativa rompendo con la sfiducia circa la possibilità di rimettere in piedi l’azienda e resistendo agli attacchi, ai sabotaggi e ai mille vincoli imposti dalla Pubblica Amministrazione.
Essa infine è emblematica dell’importanza di combinare, nella lotta contro la chiusura di un’azienda il lato politico, in questo caso dato principalmente dalla lotta contro la sfiducia, e il lato tecnico (ad esempio l’utilizzo della normativa per le cooperative di ex dipendenti) evitando che il mancato sviluppo di quest’ultimo pregiudicasse il successo della lotta.
Questa vicenda si inserisce in un contesto in cui la mobilitazione della classe operaia, per quanto ancora spontanea frammentata e priva di una direzione univoca, si estende sempre di più alimentata dagli effetti della crisi e dalla situazione politica del Paese.
La condizione perché essa si sviluppi su larga scala e riesca a porre fine alla crisi del sistema capitalista è che in ogni azienda si costituiscano gruppi anche piccoli di operai in grado di occuparsi della propria azienda, prevenendo le mosse dei padroni e mettendo in campo misure per difenderla dalla morte lenta, di “uscire dalla propria azienda” coordinandosi con il vasto movimento di resistenza sociale che si sviluppa e cresce nel Paese, di rompere con la delega agli esponenti dei sindacati, delle istituzioni, dei partiti borghesi, costringendoli a mettersi a loro disposizione. In un’espressione: di agire da Nuove Autorità Pubbliche in grado di dirigere il paese in luogo delle vecchie autorità borghesi.
Avanti Screen sud!
Nessuna azienda dev’essere chiusa! Ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso!