Trasmettiamo la lettera che una compagna del P. CARC ha scritto ad Angelo D’Arcangeli e Chiara De Marchis, dopo un breve scambio avuto con loro sui social network.
La lettera mostra chiaramente i sentimenti e le sensazioni che hanno suscitato le lettere di dimissioni dei due ex dirigenti del P. CARC ora membri del centro clandestino del (n)PCI. Innanzitutto mostra bene:
- Le riflessioni che suscitano rispetto alla propria vita e le proprie scelte di compagni che vogliono contribuire ad un livello più alto alla lotta di classe in corso e che permettono, un processo di rafforzamento morale;
- Più in generale, il processo di rafforzamento ideologico tra le fila del P. CARC di questa scelta e della propaganda di questa scelta, smentendo chi crede che in realtà le dimissioni dei due compagni siano un indebolimento sul piano organizzativo;
Ringraziamo la compagna le averci inviato questo contributo, a tal proposito rilanciamo l’articolo 1999 – 2019: Il Ventesimo anniversario della CP del congresso di fondazione del (n)PCI, su cui chiediamo ai nostri lettori di inviarci le proprie riflessioni.
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Lettera ad Angelo e Chiara
Compagno e compagna, il comunicato sul rafforzamento del centro clandestino del (n)PCI è arrivato mentre ero in vacanza con il mio compagno a Massa, quindi quando è arrivato l’ho letto ma proprio di sfuggita. Nel leggere di sfuggita (cioè ho scorso fino in fondo) trovo le vostre lettere di dimissioni e dico “no aspè, che cosa è successo?”
Quindi, torno all’inizio e leggo con tutta calma. La prima reazione è stata “fermi tutti, perché cavolo ne parlano apertamente se sono entrati in clandestinità?!? È un controsenso!”. Mi sono seduta e ho detto “aspetta aspetta… il (nuovo)PCI ha mai fatto operazioni illogiche? No! Allora devi trovarci la logica, sforzati di trovare il senso a questa cosa”. La prima cosa che mi sono detta è stata che ogni cosa che la Carovana fa viene fatta con dei precisi obiettivi. Mi sono quindi risposta che il (nuovo)PCI aveva dei suoi obiettivi precisi nel rendere pubblica la vostra scelta di entrare in clandestinità, non per forza comprensibili all’esterno, ma degli obiettivi. Questo è stato il primo approccio, a caldo, alla questione. E si può sintetizzare con: se ci sono degli obiettivi, anche se non li capisco, mi va bene così, perché niente è mai stato lasciato al caso e tutto ha una spiegazione, quando c’è di mezzo il (nuovo)PCI.
Questa visione della questione mi ha fatto poi via via passare al ragionare su quali fossero questi obiettivi. Primo fra tutti è stato chiaro che sia stata un’operazione ben congeniata. Le risposte che mi sono data, da sola (e a cui poi discutendo con altri compagni ho trovato riscontro), sono state: 1. Il nuovo PCI è clandestino ma non è segreto, tanto meno non lo è alle masse (considerando poi che siete stati due membri del P.CARC sarebbe stata un’assenza difficile da nascondere) 2. Un’operazione di propaganda nei confronti della base rossa (dimostra che facciamo sul serio e pone seri problemi alla teoria per cui la classe dominante è onnisciente e onnipotente – l’algoritmo sovrano, come lo definisce Renato Curcio) 3. Un’operazione di rafforzamento del P.CARC e in particolare dei suoi quadri (dimostra che è possibile entrare in clandestinità pur avendo fatti per anni attività pubblica – questo è stato uno dei miei crucci e so per certo che non è solo mio; ha liberato posti di direzione a cui i compagni sono stati preparati negli anni passati; è dimostrazione concreta di cosa voglia dire porsi in ottica da guerra).
Il terzo approccio è stato quello di rivedere tutta una serie di azioni compiute negli ultimi anni come parte di un’operazione pianificata. E questo mi ha veramente fatto cambiare prospettiva e capire realmente cosa significa porsi in ottica da guerra. E mi ha spronato nel riprendere in mano con maggiore serenità e coscienza il mio cammino nella Carovana.
Dopodiché, c’è stata la quarta fase, quella della condivisione con il mio compagno. È stato lui in realtà a farmi ragionare sulla lettera di Chiara. Abbiamo capito, parlandone, che fino a quel momento ci eravamo concentrati (non solo noi, ma molti compagni) sul fatto di costruire coppie di tipo nuovo, al punto da farlo diventare un obiettivo e non uno strumento. Quello che condivide Chiara rispetto alla scelta di non avere figli in previsione della clandestinità, ci ha fatto rimettere in ordine le cose: obiettivo di un comunista è fare del proprio paese un nuovo paese socialista, obiettivo di una coppia di comunisti è fare del proprio paese un paese socialista ed è alla luce di questo obiettivo storico che si regola la propria vita individuale e collettiva, si prendono decisioni e scelte. Pensare, invece, di darsi come obiettivo la costruzione di una coppia di tipo nuovo porta non solo fuori strada, ma anche a sentirsi inadeguati e a frustrarsi nel costruire una “bella” coppia.
Voi ci insegnate che l’obiettivo nostro è il socialismo e che anche la coppia può esserne strumento, ma non il fine. Capire questo ci ha liberati da un senso di oppressione sia nell’attività politica che nella vita personale.
Un ultimo aneddoto che forse vi farà sorridere. Ogni volta che torno a casa guardo verso casa vostra. Non potete capire il tuffo al cuore la prima sera che sono rientrata a casa e voi già eravate chissà dove e ho visto di sfuggita la luce di casa vostra accesa, ma le tapparelle erano abbassate e si vedeva appena la luce. Mi sono chiesta per giorni se fosse stata suggestione. Poi una sera di un paio di settimane dopo ho visto Andrea dalla finestra e mi sono fatta una grande risata, dandomi della scema.
Comunque, non ho ancora perso il vizio di guardare verso il vostro balcone e di scorgervi un po’ di vita, anche se ormai i tuffi al cuore non mi vengono più… Avendo capito l’andazzo!
Ora capite perché non vi ho mai scritto in pubblico? Perché non avrebbe mai avuto lo stesso contenuto! Ma io queste cose ci tenevo a dirvele e farvele sapere!
Un forte abbraccio, siete spesso nei miei pensieri!
G.