Editoriale
Noi comunisti operiamo in questa fase per portare le organizzazioni operaie e popolari a imporre un loro governo di emergenza, cioè un governo
– composto da elementi e personaggi del mondo sindacale, della sinistra borghese, delle amministrazioni pubbliche e della società civile che godono della fiducia delle masse popolari (considerando chi ne gode oggi e chi via via emergerà nel prossimo futuro);
– che trasforma in decreto le principali rivendicazioni popolari, che sostiene le misure che le organizzazioni operaie e popolari già attuano a livello locale e con mezzi limitati e le sviluppa su ampia scala con apposite leggi, con appositi finanziamenti e mobilitando a ogni livello la pubblica amministrazione.
Un simile governo, che certamente sarà oggetto di pressioni, sabotaggi e boicottaggi da parte delle Larghe Intese, sul piano nazionale, e della Comunità Internazionale degli imperialisti UE, USA e sionisti e Vaticano, ha la possibilità di attuare le misure urgenti e straordinarie per fare fronte agli effetti più gravi della crisi perché – e solo perché – basa la sua opera e la sua stessa esistenza sulla mobilitazione delle masse popolari e sulla loro iniziativa. Un simile governo, che chiamiamo Governo di Blocco Popolare, è la condizione più favorevole per avanzare nella rivoluzione socialista che si concluderà solo con l’instaurazione del socialismo (dittatura del proletariato, proprietà pubblica delle aziende capitaliste, partecipazione crescente delle masse popolari al governo del paese e alla gestione della società).
Da qui discende una prima tesi: il compito dei comunisti non si limita a rivendicare migliori condizioni di vita e di lavoro e il rispetto dei “diritti democratici”, non si limita a organizzare proteste e a resistere alla barbarie del capitalismo (tutte attività giuste e che le masse popolari fanno già spontaneamente); principalmente il compito dei comunisti si riassume in 1. rafforzare quanto già esiste di movimento comunista cosciente e organizzato; 2. usare la concezione comunista del mondo per portare le organizzazioni operaie e popolari esistenti ad agire da nuove autorità pubbliche e per costituire nuove organizzazioni operaie e popolari, poiché la loro attività, il loro orientamento e la formazione ideologica e politica degli elementi più avanzati che le compongono è il contenuto della lotta politica rivoluzionaria in questa fase. Il concetto di fondo è che, quale che sia il loro orientamento e il loro livello di coscienza in un dato momento, sono le masse popolari, e in particolare fra di loro la classe operaia, l’unica forza capace di cambiare il mondo e “fare la storia”.
La forza delle masse popolari non è un dogma astratto: essa si può dispiegare pienamente solo a condizione che sia orientata da una prospettiva di trasformazione della società e legata a un autorevole centro che la promuove e la dirige. In questo senso è del tutto fuori strada tanto chi aspetta che la rivoluzione scoppi come manifestazione spontanea del malcontento popolare quanto chi lancia anatemi e diffonde disfattismo perché “le masse non capiscono”, “non si interessano” o “sono arretrate”. La combattività delle larghe masse, il loro orientamento, il loro livello di coscienza e la loro capacità di organizzazione non cadono dal cielo, sono tutte manifestazioni pratiche della capacità di direzione, orientamento, formazione e organizzazione del movimento comunista cosciente e organizzato. Se le masse popolari non sono in grado di dispiegare la loro forza, la responsabilità è dei comunisti. Se la dispiegano in forme e modi che mettono in contrapposizione i loro interessi immediati con i loro interessi di prospettiva, la responsabilità è dei comunisti. Se si accodano ai promotori palesi della mobilitazione reazionaria ciò è indice delle difficoltà dei comunisti di valorizzare ai fini della rivoluzione socialista la crescente ribellione verso i capitalisti e il loro sistema.
La ribellione delle masse popolari di fronte agli effetti della crisi e al dominio della borghesia imperialista è una manifestazione, un indice, della situazione rivoluzionaria, ma non coincide con la rivoluzione socialista. Ne abbiamo avuto molte dimostrazioni nella storia della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale (il Biennio Rosso in Italia – 1919/1920, la rivoluzione spartachista in Germania – 1919), ne abbiamo avuto esempi anche più recenti nei paesi imperialisti (il grande movimento NO global del secolo scorso – 1999/2003) e persino ce ne sono esempi in questi mesi (i Gilet Gialli in Francia). Senza il legame con il movimento comunista cosciente e organizzato e senza un partito dotato di una giusta concezione del mondo, la ribellione rifluisce, alimenta sfiducia e rassegnazione, può persino alimentare tanta delusione da spingere le masse popolari – persino quelle che vi hanno partecipato – verso la mobilitazione reazionaria. Cioè, se i comunisti non sono capaci di legarsi strettamente alla mobilitazione spontanea delle masse popolari (spontanea, cioè suscitata dal senso comune corrente), la pur generosa, ampia e radicale mobilitazione è destinata alla sconfitta (vedi l’articolo sugli Arditi del Popolo).
Quando il movimento comunista cosciente e organizzato è stato capace di diventare lo stato maggiore della rivoluzione socialista, la mobilitazione spontanea delle masse popolari è diventata la forza concreta della trasformazione del mondo: è il caso della rivoluzione socialista in Russia e della successiva epoca di costruzione del socialismo fino a quando i revisionisti moderni hanno preso la direzione del partito e dell’URSS (1953), o ancora l’esempio della Cina sotto la direzione del partito comunista di Mao tse-Tung. In Italia ne fu esempio la lotta di liberazione contro il nazifascismo (vedi articolo a pag. 6x).
Da qui discende una seconda tesi: per quanto la classe dominante si avvalga in modo spregiudicato e senza scrupoli della sua superiorità economica, politica e militare, il suo tallone d’Achille sono le masse popolari. Fare la rivoluzione socialista significa costruire l’alternativa di potere e di governo al potere della borghesia imperialista e del suo clero, significa manovrare, tessere, combattere per costruire la rete del nuovo potere attorno al partito comunista.
Nonostante l’attuale debolezza del movimento comunista e tenendo ben presente che il “socialismo del XXI secolo” del Venezuela è profondamente diverso dalla strategia della guerra popolare rivoluzionaria diretta del partito comunista, una formidabile dimostrazione della forza delle masse popolari viene proprio dalla difesa dell’esperienza bolivariana: se Maduro ha resistito ai tentativi di colpo di stato promossi dagli USA e dalla Comunità Internazionale è principalmente grazie alle enormi e continue manifestazioni in sostegno del presidente e del governo, alla capillare assunzione di responsabilità di milioni di lavoratori e di elementi delle masse popolari nel far funzionare il paese anche sotto assedio, è in virtù dell’addestramento militare di un milione di volontari e volontarie nelle milizie popolari. Facendo leva su questa spinta, su questa forza, il Venezuela bolivariano è ancora in piedi e resiste. Se Maduro avesse concepito e mantenuto lo scontro con gli imperialisti USA al livello della “stretta cerchia del governo e dei dirigenti statali” avrebbe capitolato, come, indegnamente, capitolò Tsipras in Grecia che non ha valorizzato il coraggio e la combattività delle masse popolari contro la Troika.
Da qui discende una terza tesi: promuovere l’organizzazione delle masse popolari è oggi, per i comunisti, più importante del promuoverne la sola ribellione, perché l’organizzazione è la strada per dare continuità alla loro iniziativa e per far valere la loro forza. Il legame con il movimento comunista cosciente e organizzato è per le masse popolari la strada per dare prospettiva alle rivendicazioni immediate e per attingere, dalle lotte rivendicative e dalle proteste di cui sono già protagoniste, gli insegnamenti per combattere più efficacemente.
Dalle tre tesi esposte, una sintesi che vale come orientamento per il che fare qui e ora. Niente è fermo, tutto si muove. Si muove la classe dominante, che cerca la strada per tenere sottomesse e obbedienti la classe operaia e le masse popolari, ma ancora di più si muovono le masse popolari che cercano una strada per non pagare gli effetti della crisi. A maggior ragione si devono muovere i comunisti, secondo le leggi della rivoluzione socialista fino a questo momento elaborate dal movimento comunista cosciente e organizzato e sperimentando e scoprendo nuove leggi, quelle che permettono di portare la rivoluzione socialista alla vittoria in un paese imperialista come il nostro, obiettivo che il vecchio movimento comunista non è riuscito a raggiungere. In questo necessario movimento si combinano quattro cose: la fermezza strategica (l’obiettivo dell’instaurazione del socialismo, la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata), la flessibilità tattica (condurre la propria politica di principio alle condizioni storicamente date), la granitica certezza che il comunismo è il futuro dell’umanità e la fiducia che cambiare il mondo è possibile, il movimento comunista e le masse popolari lo hanno già dimostrato con la prima ondata della rivoluzione proletaria. Quanto più sono chiari il ruolo e i compiti dei comunisti, tanto più sono chiari il ruolo e la forza delle masse popolari e la debolezza della borghesia imperialista.