Lo sciopero e la libertà di iniziativa sindacale non sono materia di diritto penale – Solidarietà con Aldo Milani

In difesa del coordinatore nazionale del Si Cobas Aldo Milani, per il quale a breve si arriverà a sentenza con una richiesta di condanna a 2 anni e 4 mesi.
In difesa dei sindacalisti e dei solidali colpiti dalla repressione.

Quest’appello è rivolto a tutti gli esponenti del mondo giuridico, accademico, dell’arte, della cultura e dello spettacolo, e a tutti gli attivisti che sul piano sindacale, politico e sociale ne condividono il testo e le finalità, affinché offrano il loro sostegno ad Aldo Milani, coordinatore nazionale del SI Cobas ingiustamente accusato di estorsione a seguito di un ciclo di scioperi nel settore della macellazione carni nella provincia di Modena, e contro il quale il PM ha chiesto una condanna di 2 anni e 4 mesi nel processo che si concluderà a fine marzo, e a tutti i sindacalisti e attivisti colpiti dalla repressione, sotto processo o sottoposti a misure restrittive a seguito di scioperi e agitazioni sindacali.

(…) Il movimento dei lavoratori della logistica, estesosi negli ultimi anni a importanti filiere dell’agroalimentare, delle ceramiche, del commercio e dei metalmeccanici, rappresenta oggi uno degli esempi più nitidi di quanto sia sempre più marcata la distanza tra legge formale e legge sostanziale: in questi anni Questure e Prefetture hanno troppe volte affrontato gli scioperi e le agitazioni sindacali (promossi quasi sempre dalle sigle di base SI Cobas e Adl Cobas) trasformandoli in un mero “problema di ordine pubblico”, sottovalutando o ignorando quel contesto di illegalità, di supersfruttamento e di soprusi che porta a tali agitazioni.

Il paradosso di ciò che sta avvenendo è che in tantissime delle principali filiere della logistica, solo grazie a determinate forme di lotta, che in alcuni casi vengono considerate illegali, (blocchi ai cancelli, manifestazioni spontanee che finiscono col bloccare le strade di accesso ai magazzini, scioperi improvvisi) si è riusciti a portare legalità, a far rispettare le leggi dello Stato in materia di diritti sul lavoro, di sicurezza, di rispetto delle normative in materia fiscale e contributiva. (…)

Questo paradosso si è tradotto in centinaia di cariche fuori ai cancelli, procedimenti penali e amministrativi, fogli di via e DASPO urbani nei confronti di lavoratori e delegati sindacali che nella gran parte dei casi rivendicano nient’altro che il rispetto delle leggi e dei contratti nazionali.

Da tale quadro a tinte fosche emerge in maniera sempre più evidente un uso arbitrario, strumentale e unilaterale delle norme del codice penale, teso a schiacciare il dissenso e colpire i settori più oppressi della nostra società: un quadro che rischia di peggiorare ulteriormente con la recente approvazione da parte del governo Conte del DL Sicurezza, il quale, tra l’altro, prevede condanne fino a 12 anni per il reato di “blocco stradale” (e, contestualmente, il rimpatrio immediato per quei lavoratori immigrati che prendono parte a tali iniziative) e i cui effetti immediati sono apparsi già evidenti con la “militarizzazione” di alcune delicate vertenze, come dimostrano i casi emblematici di Italpizza a Modena, della Toncar a Muggiò, e della DHL di Carpiano, dove in questi giorni un impressionante dispositivo di polizia e carabinieri (una decina di blindati più un idrante) è intervenuto per spezzare la protesta operaia contro 4 licenziamenti politici. Altrettanto indicativa è una recente sentenza del tribunale di Milano con condanne fino a 2 anni e 6 mesi contro membri del SI Cobas e del Centro sociale Vittoria per un picchetto di alcuni anni fa, avvenuto senza alcuna tensione, tant’è che lo stesso p.m. aveva chiesto l’assoluzione per tutti gli imputati, per non parlare delle centinaia di denunce inoltrate nei confronti di altrettanti lavoratori e attivisti per violenza privata o blocco stradale.

Contro le lotte nella logistica c’è un accanimento repressivo tutto speciale, ma non si tratta, però, solo di questo settore. (…) La vicenda giudiziaria che ha colpito il coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani è da questo punto di vista paradigmatica: un militante sindacale di lunga lena, prima arrestato e tenuto per tre giorni in carcere al termine di una trattativa sindacale con l’accusa di estorsione ai danni della famiglia Levoni (imprenditori attivi nel settore delle carni nel modenese e indagati per corruzione), sbattuto in fretta e furia in prima pagina su stampa e media alla stregua di un criminale, e ora alle prese da due anni con un estenuante processo in cui sul banco degli accusatori figurano imprese e cooperative dedite allo sfruttamento intensivo di manodopera immigrata e ultraricattata.

Un processo che, nel corso del dibattimento, ha fatto emergere da un lato il livello di complicità e connivenze tra imprenditoria privata e organi centrali e periferici dello stato, dall’altro la totale estraneità di Aldo Milani alle accuse mosse. A fronte di una situazione che assume connotati grotteschi, nell’ultima udienza il PM è arrivato a richiedere per il coordinatore nazionale del SI Cobas una condanna “ridotta” a 2 anni e 4 mesi, in quanto quest’ultimo meriterebbe l’attenuante di avere agito per un “alto valore morale”, cioè non chiedendo soldi per sé, bensì per i lavoratori licenziati in sciopero” (!!!).

(…) Chiediamo a tutte le forze politiche, sociali e sindacali sinceramente democratiche, agli esponenti del mondo giuridico, accademico, dell’arte, della cultura e dello spettacolo di sottoscrivere questo appello per la piena assoluzione di Aldo Milani dalle accuse intentate e di avviare una campagna per la depenalizzazione totale del reato di “blocco stradale” per ragioni sociali o sindacali e per sancire il divieto dell’utilizzo dei reparti-celere in occasione di agitazioni sindacali all’esterno dei luoghi di lavoro.

Adesione di Pietro Vangeli, Segretario Nazionale del P.CARC

Sottoscrivo l’appello in solidarietà ad Aldo Milani, contro il Decreto Salvini e contro la repressione poliziesca e giudiziaria delle lotte operaie.

L’accanimento repressivo contro il SI COBAS, contro il suo Coordinatore Nazionale, contro i suoi delegati e contro i suoi iscritti è la punta avanzata della repressione padronale contro tutti i lavoratori, è il tentativo dispiegato di scoraggiare o punire l’organizzazione e la mobilitazione della classe operaia. Non a caso la Lega alimenta, dietro il paravento della “lotta all’immigrazione” e al razzismo di stato, la repressione della classe operaia, dei poveri in generale e delle masse popolari tutte.

Nell’aderire all’appello, nel rilanciarlo, nel dare disponibilità affinché gli organismi del P.CARC lo usino e lo diffondano capillarmente, affermo con chiarezza che il movimento operaio e comunista deve unire quello che la borghesia imperialista vuole dividere e contrapporre, auspico dunque che questo appello diventi strumento per costruire convergenza dal basso, unità d’azione e solidarietà di classe fra gli operai e i lavoratori iscritti a qualunque sigla sindacale e anche fra i non iscritti ad alcun sindacato.

Che il movimento operaio e popolare si schieri oggi al fianco di Aldo Milani e del SI COBAS, che la solidarietà di classe sia strumento per rafforzare la rivoluzione socialista.

Creare in ogni azienda capitalista e in ogni azienda pubblica organizzazioni operaie e popolari che prendono in mano gli interessi dei lavoratori e agiscono da nuove autorità pubbliche (si collegano con altri lavoratori in lotta, che si occupano del futuro di aziende, dei territori e del Paese), in modo conforme agli interessi della classe operaia e delle masse popolari anche se “è illegale”.

La solidarietà è un arma potente per il proletariato, usiamola!

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