Costituire in ogni azienda capitalista e azienda pubblica, in ogni quartiere e in ogni zona 10, 100, 1000 organizzazioni operaie e popolari
Sul numero scorso di Resistenza abbiamo pubblicato un articolo titolato “L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno”. La frase è una celebre citazione attribuita a Marx da Annenkov (su Ricordi di Marx ed Engels – Casa Editrice Stato di Letteratura Politica Leitrim, 1956 – traduzione dal russo): Marx esortava i dirigenti del movimento operaio a dotarsi di una teoria scientifica per definire i pilastri della nuova società da sostituire a quella capitalista, poiché – sosteneva – non era possibile conquistare il cuore e la mente della classe operaia dei paesi imperialisti prospettandole una società di libertà individuali e pace, fratellanza e armonia. Sosteneva che fosse anzi necessario conoscere approfonditamente il modo di produzione capitalista, che milioni di operai sperimentavano sulla loro pelle senza averne coscienza, ed elaborare sulla base del movimento economico concreto della società una linea di sviluppo che gli operai avrebbero potuto comprendere perfettamente, poiché basato sulla loro esperienza concreta. “La lotta di classe ha le sue radici nell’economia, nella relazione tra sfruttati e sfruttatori, ma coinvolge l’intero ordinamento sociale e ha qui la sua soluzione. L’obiettivo e il compito della classe operaia non è la “redistribuzione del reddito” (o una diversa distribuzione del reddito), ma il cambiamento dell’ordinamento sociale: quindi la rivoluzione politica e, sulla sua base, la rivoluzione sociale per creare la società comunista” – dal Manifesto Programma del (nuovo)PCI – Edizioni Rapporti Sociali, 2008)
Forti del fatto che si trattasse di una citazione del fondatore del socialismo scientifico, abbiamo usato la frase come titolo. Ma quella frase, fuori dal contesto, è invece profondamente sbagliata perché nega la realtà: l’ignoranza ha sempre giovato e tutt’ora giova alla classe dominante! (Una formulazione più corretta sarebbe stata “L’ignoranza non ha mai giovato alle masse popolari”).
La Redazione, e in particolare il Direttore, si scusano con i lettori per una “leggerezza stilistica” che invece ha un peso notevole in termini di contenuto: è una manifestazione di quel dogmatismo e quella superficialità che anche su Resistenza vengono criticati spesso ai “comunisti duri e puri”, coloro che si rifugiano nelle formule elaborate alla luce del materialismo dialettico durante la prima ondata della rivoluzione proletaria anziché usare il materialismo dialettico per analizzare la realtà odierna e trasformarla. Poniamo a premessa di questo numero di Resistenza la nostra autocritica, poiché il contenuto del lavoro dei comunisti poggia interamente sulla giusta concezione del mondo e sul suo utilizzo, non sulla sua enunciazione. Il discorso è molto utile a riprendere, usando lo stesso principio, l’analisi della situazione e a comprendere la natura dei nostri compiti.
“I nostri compiti…” Nostri di chi?
Bisogna sempre distinguere il ruolo delle masse popolari e i loro compiti, dal ruolo e dai compiti dei comunisti. Chi li accomuna cade necessariamente nell’errore di concepire il partito comunista o come una grande, efficiente e agguerrita organizzazione di lotta oppure come la sponda politica delle rivendicazioni e delle lotte popolari nel teatrino della politica borghese. Entrambi i casi sono la negazione del ruolo e dei compiti del partito comunista, essere lo stato maggiore che dirige la guerra popolare rivoluzionaria e l’artefice della costruzione della rivoluzione socialista, e sono invece l’affermazione della pretesa che le masse popolari sappiano già fare da sole e su ampia scala qualcosa che è opposto al senso comune corrente: agire da nuove autorità pubbliche come costruttrici del nuovo potere.
Il movimento comunista cosciente e organizzato e il movimento spontaneo delle masse popolari (cioè quello che esiste e si sviluppa senza legami diretti con il primo) sono distinti, ma strettamente legati; essi sono “naturalmente” inquadrati nello stesso campo della lotta di classe (contro la borghesia imperialista e il suo clero) e uniti da mille fili pratici e concreti (i comunisti vengono dalle masse popolari).
Con la loro mobilitazione spontanea contro gli effetti della crisi del capitalismo, le masse popolari creano il terreno su cui si sviluppano l’azione e l’opera dei comunisti; con la superiore comprensione e con l’uso delle leggi con cui gli uomini trasformano la società, solo i comunisti possono portare le masse popolari a realizzare le aspirazioni di cambiamento delle relazioni sociali e le ambizioni di vivere in modo dignitoso, di lavorare in condizioni dignitose e per un tempo limitato della giornata, di pace, cura dell’ambiente, coesione sociale, ecc.
Per comprendere la situazione politica del nostro paese, dobbiamo affermare con chiarezza alcune tesi:
- il governo M5S-Lega non è uguale ai precedenti governi delle Larghe Intese (vedi la Dichiarazione Generale approvata dal V Congresso del P.CARC su www.carc.it);
- M5S e Lega, benchè insieme al governo, non sono la stessa cosa: appartengono entrambi al campo della borghesia per quanto riguarda la concezione del mondo, ma il gruppo dirigente della Lega, al di là dei proclami, è espressione delle Larghe Intese; il M5S è una specifica espressione della sinistra borghese (a fronte del tracollo di quella legata al vecchio movimento comunista ne è emersa una “di tipo nuovo” aggregata attorno al legalitarismo borghese); la Lega ha partecipato ai governi dei vertici della Repubblica Pontificia al fianco di Berlusconi e ne continua l’opera governando con Forza Italia e Fratelli d’Italia importanti regioni e molte città, il M5S è nato come rottura con il sistema politico tanto dei Berlusconi quanto del Centro-sinistra;
- il gruppo dirigente del M5S non è la stessa cosa della base e anzi, a differenza di ogni altro partito borghese, la base del M5S ha una influenza diretta sul gruppo dirigente (il discorso vale, in misura minore e con alcune differenze, anche per la relazione fra base e gruppo dirigente della Lega, soprattutto da quando esiste “il Governo del Cambiamento”).
Ai fini della costituzione del Governo di Blocco Popolare dobbiamo considerare
– che il nemico principale delle masse popolari sono le Larghe Intese (un fronte che va da Berlusconi a Zingaretti, passa dai “cespugli del PD” come Possibile e arriva fino al gruppo dirigente della Lega: Salvini, Giorgetti): bisogna impedire che con attacchi, ricatti, pressioni e colpi di mano riprendano il ruolo da cui sono stati scalzati con le elezioni del 4 marzo 2018;
– che bisogna sostenere, alimentare, promuovere tanto la mobilitazione delle masse popolari attorno alle misure favorevoli ai loro interessi promosse dal governo M5S-Lega, quanto la mobilitazione per respingere e contrastare le misure antipopolari che invece il governo attua in continuità con il programma comune delle Larghe Intese. Per essere pratici e chiari: sostenere, rafforzare e promuovere la mobilitazione per l’attuazione del Reddito di Cittadinanza, l’allargamento della platea dei beneficiari, il controllo popolare sulla sua erogazione mentre si promuove e si sostiene la mobilitazione per contrastare il Decreto Salvini, la legge sulla legittima difesa, l’autonomia differenziata e lo spolpamento di quello che rimane della scuola pubblica e della sanità.
Se usiamo il materialismo dialettico anziché limitarci a raccomandarne lo studio dogmaticamente, vediamo che la situazione politica è caratterizzata:
– dalle iniziative del sistema delle Larghe Intese per mantenere il loro potere e contro il governo Conte. Le manovre sono dispiegate su più fronti: gli attacchi mediatici, i ricatti e le pressioni di tipo economico e politico che coinvolgono anche organismi, istituzioni e autorità internazionali (USA, UE, NATO: vedere le pressioni sul riconoscimento di Guaidò in Venezuela, i tentativi di boicottaggio e sabotaggio delle misure favorevoli alle masse popolari ad opera della pubblica amministrazione e di una parte delle amministrazioni regionali e locali (in particolare Reddito di Cittadinanza e Quota 100), le iniziative della Magistratura (richiesta di procedere contro Salvini per il caso Diciotti, il contenuto del convengo di Magistratura Democratica che si è svolto a Latina – 1 / 3 marzo 2019 – tutto incentrato sul contrastare “il populismo”).
– Dalle contraddizioni fra il gruppo dirigente della Lega e la sinistra del M5S (parte della base e degli eletti che influiscono sul gruppo di testa del M5S capeggiato da Di Maio). Alcune vicende (caso Diciotti, approvazione della legge sulla legittima difesa, la discussione sull’autonomia differenziata, il TAP, il TAV, la posizione sul Venezuela, la revisione degli accordi per l’acquisto degli F35…) hanno creato un sommovimento nella base del M5S; esso può e deve essere valorizzato per alimentare la spinta all’organizzazione dal basso e per favorire l’iniziativa degli eletti più vicini alla base in sostegno alle attività e iniziative delle organizzazioni operaie e popolari già esistenti e favorire la nascita di nuove.
– Dall’elezione di Zingaretti alla segreteria del PD, che ha rianimato tanto la base del PD quanto i “cespugli” che gli stanno intorno. Considerando che rispetto ai “diritti sociali” (le conquiste e le tutele ottenute dalle masse popolari con le lotte dei decenni passati) il PD è promotore a pieno titolo dell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista, esso cerca di distinguersi dalla destra delle Larghe Intese nel campo interclassista dei “diritti civili” (diritti degli immigrati, accoglienza, diritti delle donne, antifascismo padronale) e, benchè anche questo impegno risponda principalmente a necessità di propaganda elettorale, l’attivismo di parte delle Larghe Intese e dei personaggi decaduti del vecchio sistema sono oggi una componente significativa del movimento politico del paese.
– Dall’elezione di Landini alla segreteria CGIL, che ha creato aspettative nella sinistra CGIL (in particolare tra delegati e lavoratori FIOM) e crea subbuglio negli altri sindacati di regime (CISL, UIL, UGL) e nei sindacati di base. La critica alle misure del governo (non sufficienti, discriminatorie, ecc.) in combutta con le Larghe Intese, e in particolare con il PD di Zingaretti, la minaccia di scioperi e mobilitazioni, la ripresa della politica concertativa con governo e padroni, crea agitazione: il movimento tra i lavoratori e le masse popolari favorisce l’azione dei comunisti.
– Dall’imminenza delle elezioni europee, regionali e amministrative che crea un terreno estremamente favorevole alla creazione delle condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare.
Anche il campo delle masse popolari è caratterizzato da un grande fermento e le manifestazioni contro gli effetti della crisi ambientale ne sono una dimostrazione (vedi articolo a pag. 1). La mobilitazione contro gli abusi in divisa, in particolare dopo il pestaggio dei tifosi dell’Atalanta a Firenze, sta coinvolgendo centinaia di migliaia di persone e ravviva la lotta contro la repressione dispiegata contro le masse popolari; le manifestazioni in tutta Italia per l’8 marzo (a cui va aggiunto il successo dello sciopero, in particolare del trasporto pubblico locale in molte città medie e grandi) hanno alimentato la lotta contro la doppia oppressione delle donne e hanno aperto contraddizioni anche nel fronte che promuove la mobilitazione reazionaria delle masse popolari (vedi articolo a pag. 3)
Infine, l’aspetto ai più importante, la mobilitazione della classe operaia che sta emergendo “a macchia di leopardo” in ogni angolo del paese (vedi articoli a pag. 4 e 5).
In questo contesto emergere con sempre più chiarezza che: “le due vie della mobilitazione rivoluzionaria e della mobilitazione reazionaria restano entrambe aperte: la formazione del governo M5S-Lega fa entrare più nel vivo lo scontro tra le due vie e dà a noi comunisti maggiori appigli per promuovere la prima via (mobilitazione rivoluzionaria)” – dalla Dichiarazione Generale approvata dal V Congresso. Come ebbe a scrivere il (nuovo)PCI, siamo in una situazione che è “per un metafisico e un dogmatico, un rompicapo. Per un materialista dialettico una foresta lussureggiante di positivo e negativo e in continua trasformazione. Sta a noi comunisti farla diventare quello che per sua natura può essere e ha bisogno di essere. Questo è il nostro ruolo” da “La concezione comunista del mondo e il Governo di Blocco Popolare” – La Voce n. 51.
E’ un concetto particolarmente difficile da capire per chi si limita a giudicare la situazione politica del nostro paese alla luce del fatto che il governo M5S-Lega sia “buono” o “cattivo”. Ai fini della lotta per costituire il governo di Blocco Popolare la situazione politica è invece estremamente favorevole.
Che fare? Le masse popolari che devono dettare l’agenda di governo!
Promuovere 10, 100, 1000 mobilitazioni per imporre al M5S di mettere la pietra tombale sul TAV. E lo stesso vale per TAP, MUOS, Grandi Navi, Terzo Valico, poligoni miliari, trivelle, ecc. Dalla Sardegna alla Val Susa, dalla Sicilia alla Puglia, al Veneto e alla Lombardia sono le masse popolari che devono dettare l’agenda di governo, non i capitalisti, gli speculatori, la NATO, la UE e le Larghe Intese. Costringere il M5S a intervenire contro chiusure, delocalizzazioni e la “morte lenta delle aziende”, per difendere i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi utili e dignitosi.
Costituire in ogni azienda capitalista e azienda pubblica, in ogni quartiere e in ogni zona 10, 100, 1000 organismi di base (organizzazioni operaie e popolari) che, territorio per territorio, individuano i principali problemi, elaborano le soluzioni e si mobilitano per attuarle (con i mezzi e gli strumenti che sono già oggi disponibili e alla loro portata), chiamando a mobilitarsi anche la parte non ancora organizzata delle masse popolari e costringendo le Amministrazioni Locali, i partiti, gli esponenti politici e gli esponenti del governo a sostenere gli interessi delle masse popolari.
Promuovere 10, 100, 1000 iniziative di resistenza e disobbedienza alla repressione e di promozione della solidarietà popolare (colpiscono uno colpiscono tutti!): applicare sistematicamente il principio che tutto ciò che è conforme agli interessi delle masse popolari è legittimo, anche se è considerato illegale (disobbedire al Decreto Salvini, usare quanto rimane dei diritti sindacali e democratici, riaffermare la libertà di manifestazione, organizzazione e mobilitazione, ecc.).
Consolidare e sviluppare il movimento delle masse popolari organizzate che già oggi è protagonista della lotta per difendere i posti di lavoro, contro la morte lenta delle aziende (chiusure, delocalizzazioni) e respingere al mittente il ricatto lavoro/salute/ambiente; per l’attuazione e l’allargamento delle misure favorevoli introdotte dal governo Conte (Reddito di Cittadinanza e Quota 100) contro i sabotaggi e i boicottaggi delle Larghe Intese; per la difesa della sanità pubblica, della scuola pubblica, contro la devastazione ambientale e le speculazioni.
La tornata elettorale dei prossimi mesi (elezioni europee, regionali e amministrative) è un campo estremamente favorevole per dispiegare la mobilitazione delle masse popolari e promuoverne l’organizzazione.
La nostra azione si svilupperà principalmente su due questioni principali (poiché comuni a tutte le zone del paese e in cui si legano strettamente le questioni nazionali e quelle locali):
- sull’erogazione del Reddito di Cittadinanza, facendo leva
– sul carattere oggettivo della misura, che più delle altre dimostra la differenza tra il governo Conte e quelli precedenti;
– sul fatto che questa misura alimenta la consapevolezza che la ricerca del posto di lavoro e il reddito individuale non dipendono dal singolo individuo, ma dall’ordinamento della società: è una questione sociale, dipende dal sistema di relazioni sociali;
– sulla consapevolezza che si tratta di una misura transitoria e parziale, poiché subordina la creazione di posti di lavoro e le condizioni di lavoro alle leggi, al mercato e quindi agli interessi dei padroni;
– sul fatto che il governo confida di attuarla attraverso le istituzioni, gli uffici e gli uomini legati da decenni ai vertici della Repubblica Pontificia e ciò mette a rischio l’effettiva erogazione del reddito (molto positiva a questo proposito l’estromissione di Tito Boeri dalla direzione dell’INPS);
– sul fatto che le masse popolari organizzate (disoccupati e precari, associazioni, cooperative sociali e reti) possono costringere ad attuare e attuare direttamente la misura attraverso l’azione di coordinamento, le iniziative (come gli scioperi al contrario) finalizzate all’assunzione con Reddito di Cittadinanza di nuovi soci o lavoratori, la stesura di un piano per il lavoro di isolato, quartiere o municipio da imporre ai Centri per l’Impiego e alle Amministrazioni locali mediante l’inchiesta sui lavori che servono e azioni di lotta per imporli.
- Sulla difesa e il potenziamento della sanità pubblica promuovendo:
– la mobilitazione dei lavoratori e degli utenti maggiormente interessarsi al futuro degli ospedali e del servizio sanitario;
– conferenze e incontri sul tema combinando la conoscenza e la denuncia della situazione attuale con esempi di sanità di cui le masse popolari hanno diritto e bisogno, attingendo dall’esperienza dei primi paesi socialisti (i sistemi sanitari di paesi come l’URSS fino agli cinquanta, la Repubblica Popolare Cinese fino agli anni settanta o tutt’oggi di Cuba, sono ancora dei modelli di riferimento per tutto il mondo);
– il coordinamento di tutte le organizzazioni operaie e popolari che si occupano di questo tema, dal Coordinamento Nazionale Salute agli ambulatori popolari che nascono dall’autorganizzazione sui territori ai comitati di precari in attesa del concorso, a quelli di gestione “dal basso” che nascono all’interno delle strutture sanitarie, ecc.
– il collegamento tra le organizzazioni operaie e popolari che si occupano del tema con la classe operaia, in particolare affrontando la relazione tra salute, ambiente, dissesto idrogeologico e costruzione delle grandi opere;
– l’organizzazione di ispezioni, controlli e assemblee attraverso cui spingere gli amministratori locali e eletti dei partiti di maggioranza, vincolandoli a rispettare il Contratto di governo.
Il criterio di verifica del nostro intervento nella campagna elettorale non si misura sulla base di chi avrà vinto le elezioni o di quanti voti prenderà una lista o un’altra, ma sulla quantità e qualità delle organizzazioni operaie e popolari che sorgeranno o si rafforzeranno in virtù della nostra azione.